GIOVANNI PONS, la Repubblica 24/2/2010, 24 febbraio 2010
GLI ARRICCHITI DELLA NEW ECONOMY
La telefonata lo raggiunge in Sudamerica, dove è appena arrivato per un viaggio di lavoro. Silvio Scaglia ascolta le parole dei suoi avvocati dall´Italia: «Qui c´è un ordine di custodia cautelare, ma non sappiamo di che cosa si tratta». Il fondatore di Fastweb e di Babelgum, in realtà, un sospetto sulla bufera che sta per piombargli addosso ce l´ha, anche perché tre anni fa, esattamente il 23 gennaio 2007, un articolo di Repubblica aveva raccontato un´inchiesta della procura di Roma su un traffico telefonico fittizio che coinvolgeva proprio Fastweb. Già allora il presidente, insieme a cinque manager del gruppo, risultava indagato anche se tutti smentivano categoricamente di essere al centro dell´inchiesta che riguardava pratiche commerciali scorrette risalenti al 2003. Una smentita di rito che arrivava in un momento in cui Scaglia insieme alla sua creatura Fastweb attraversava una fase molto delicata: sempre a gennaio 2007, infatti, mentre l´amministratore delegato Stefano Parisi comunicava al mercato i dati preliminari dell´esercizio 2006 e assicurava che la società non era in vendita, il suo presidente (Scaglia, appunto) al contrario vendeva un pacchetto di azioni pari al 6,25% dell´azienda all´Ubm (Unicredit) causando così il crollo del titolo. Insomma, in Fastweb a quell´epoca regnava la confusione più totale, con Scaglia che dall´inizio del 2005 voleva smobilitare. Ma poi tutti i problemi improvvisamente svanirono grazie all´inatteso sbarco nella penisola degli svizzeri di Swisscom che a marzo 2007 annunciarono un´Opa sul titolo Fastweb al prezzo assai generoso di 47 euro per azione.
Una vera e propria manna per Scaglia e per quei soci che custodivano un bel gruzzoletto in azioni Fastweb: il fondatore portò a casa la cifra strabiliante di circa 800 milioni di euro ed entrò a pieno titolo nelle classifiche della rivista americana Forbes tra i personaggi più ricchi del pianeta. Solo un anno prima, tra l´altro, Scaglia aveva deciso di trasferire dall´Italia al Lussemburgo il controllo della sua partecipazione in Fastweb, allora pari a circa il 30%, passaggio costoso dal punto di vista fiscale ma che venne ampiamente coperto dalla distribuzione di un dividendo di 300 milioni attingendo alle riserve fin lì accumulate. L´arrivo degli svizzeri - che oggi si dicono al corrente dell´inchiesta della procura di Roma - rappresentò dunque il felice coronamento di un´avventura partita nel 1999 e che vide protagonisti insieme a Scaglia il finanziere Francesco Micheli e lo stesso Parisi in qualità di city manager del Comune di Milano. La Aem, società elettrica sotto il controllo del sindaco Gabriele Albertini, aveva messo a disposizione della E-Biscom i cavidotti sotto le strade della città, necessari a "tirare" la fibra ottica e portare nelle case dei cittadini all´avanguardia l´internet veloce, allora agli albori. Un progetto innovativo, sbarcato in Borsa nel pieno della bolla "new economy" e che ha finito per arricchire tutti i protagonisti (Parisi dopo un passaggio in Confindustria nel 2004 è andato a guidare Fastweb con un super stipendio) tranne l´Aem, rientrata miseramente in possesso dell´infrastruttura quando il progetto della fibra venne soppiantato dalla più semplice e meno costosa Adsl.
Non meno brillante il percorso di Riccardo Ruggiero, figlio di Renato ex ambasciatore ed ex ministro degli esteri, l´altro "tlc boy" finito sott´accusa ieri in seguito all´inchiesta su Telecom Italia Sparkle, di cui era presidente. La carriera di Ruggiero inizia nella forza vendite di Fininvest e prende forma all´Infostrada, il primo operatore fisso alternativo lanciato dalla Omnitel del gruppo Olivetti. Quando Omnitel viene venduta ai tedeschi di Mannesmann e poi a Vodafone, Infostrada non è più considerata strategica e finisce al gruppo Wind, comprata a carissimo prezzo dall´Enel di Franco Tatò. Ruggiero, che nel corso degli anni si è distinto per aver promosso politiche commerciali molto aggressive, esce con una buonuscita milionaria. Amante della guida sportiva (gli tolsero la patente mentre sfrecciava a 311 km/h sulla sua Porsche), viene ripescato dalla Telecom di Roberto Colaninno e poi valorizzato da Marco Tronchetti Provera fino ad a diventare amministratore delegato dell´ex monopolista. Carlo Buora, vicepresidente del gruppo, non lo amava e lo temeva, essendo agli antipodi per carattere e stile manageriale. Ma tutti consideravano Ruggiero un mago dei numeri e l´unico in grado con la sua squadra super-fidata di portare i risultati alla fine di ogni trimestre, riuscendo a stupire la platea degli analisti finanziari. Con l´arrivo di Guido Rossi alla presidenza, però, nel settembre 2006, è sbarcato in azienda a capo del controllo interno (audit) anche un mastino di nome Federico D´Andrea, colonnello della Guardia di Finanza ed ex braccio destro di Francesco Saverio Borrelli ai tempi di Mani pulite. Da quel momento le pratiche poco chiare della Telecom Italia Sparkle, a capo della quale Ruggiero aveva nominato Stefano Mazzitelli, sono finite nel mirino di D´Andrea che, a stretto contatto con la magistratura, ha troncato i rapporti con le società oggetto di indagine. Il tenace Ruggiero si congeda dalla Telecom, con tanto di generosa buonuscita, solo nel dicembre 2007, quando dopo sei mesi di vacatio di poteri Mediobanca, Intesa e Telefonica nominano al suo posto Franco Bernabè.