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 2010  febbraio 24 Mercoledì calendario

LA CINA AMERICANA E GLI USA CINESI

Il presidente tedesco, Horst Köhler, che non è celebre per il suo sense of humour, racconta questa storiella: «L´altro giorno un uomo d´affari cinese è venuto da me e, intendendo fare un complimento, ha detto: "Per me non c´è niente di meglio che comperare aziende tedesche"». Davvero, c´è solo una cosa peggiore di essere comperati dai soldi cinesi, ed è non essere comperati dai soldi cinesi. Ovunque ci sia una famosa azienda tedesca in crisi, la speranza tedesca è che arrivi un investitore arabo o cinese a risolvere il problema.
Perciò, il dominio economico cinese non è più soggetto a controlli. In questo senso, il potere recentemente acquisito dai cinesi non si basa sulla violenza come ultima ratio per imporre la propria volontà sugli altri ed è quindi assai più mobile, svincolato com´è da qualsiasi legame con questo o quel luogo determinato. Questo però significa che esso può essere impiegato ovunque nel mondo. Il potenziale di ricatto contenuto in questo tipo di dominio perfeziona la logica del successo economico e del potere economico: l´onnipresente minaccia di non fare qualcosa, di non investire, senza essere soggetti a un qualunque obbligo pubblico di fornire giustificazioni. Il potere cinese è il "potere-di-non". Ciò che costituisce l´essenza del potere economico globale cinese non è l´imperialismo, ma piuttosto un non-imperialismo selettivo.Il mondo dopo la crisi finanziaria mondiale globale sarà sempre più dominato dalla Cina e dagli Stati Uniti. Contemporaneamente, tanto la Cina quanto gli Stati Uniti sono impegnati a inserire la loro diplomazia bilaterale in un contesto multilaterale, con il G-20 come loro veicolo preferito. Il G-20 è rappresentativo a livello globale, ma abbastanza ristretto per assumere decisioni consensuali. il primo importante raggruppamento a dar corpo allo status più rilevante ormai acquisito dalla Cina, senza chiedere a quest´ultima di svolgere un ruolo di leadership globale che non è ancora pronta ad assumere. Il G-20 offre agli Stati Uniti la possibilità di incoraggiare la Cina a diventare uno "shareholder responsabile", opponendo nello stesso tempo contromisure a quella che gli americani considerano l´eccessiva rigidità europea.
Gli squilibri economici tra Cina e Stati Uniti, additati da molti come causa fondamentale dell´attuale crisi finanziaria, hanno anche dato luogo ad una sorta di co-dipendenza che ha mantenuto salda la loro diplomazia bilaterale nel corso dell´ultimo decennio. Si tratta di un esempio da manuale di ciò che io chiamo "cosmopolitizzazione", perché le nazioni rivali devono "internazionalizzarsi" a vicenda. La Cina è stata ben contenta di fare incetta di montagne di dollari e di titoli del Tesoro statunitensi fino a quando gli Americani hanno usato il denaro per comperare enormi quantità di merci assemblate o fabbricate in Cina. Gli Stati Uniti erano ben disposti a vivere con un deficit commerciale sempre più grande con la Cina, fintanto che tassi d´interesse molto bassi, resi possibili dalla fame di dollari della Cina, continuavano ad animare l´economia americana, sostenuta dai consumi. Ora la nuova Cina è impegnata a diventare più americana consumando di più e gli Stati Uniti sono decisi a diventare più cinesi consumando di meno. Per gli Stati Uniti si tratta di una posizione davvero scomoda. I forti squilibri economici tra i due Paesi saranno, dopo la crisi, una fonte di tensione e di conflitto, come è già emerso nella seconda metà del 2009.
Lo si è potuto osservare nel vertice sul clima tenutosi a Copenaghen nel dicembre del 2009 (e lo si potrà constatare anche nei vertici successivi). I Paesi in via di sviluppo – come il Brasile, il Sud Africa e l´India – hanno ritenuto che il loro status di nazioni post-coloniali fosse più importante del loro status di democrazie. Come i cinesi, essi sostengono che è profondamente ingiusto fissare il limite delle emissioni di gas-serra dei Paesi poveri a un livello più basso delle emissioni degli Stati Uniti o dell´Unione Europea; tanto più che l´Occidente industrializzato è responsabile dei rischi ambientali indotti dall´esterno, di cui quei Paesi soffrono. significativo che il leader brasiliano e quello cinese abbiano fatto la stessa battuta sarcastica, paragonando gli Stati Uniti a un ricco che, dopo essersi abbuffato al ristorante a scapito degli altri, offre ai vicini di tavola un caffè, chiedendo poi di dividere il conto in parti uguali. Perciò, a causa del problema di (in)giustizia legato alla cosmo-politica del mutamento climatico finora non c´è stato alcun Global Green New Deal e gli Stati Uniti stanno perdendo il mondo libero.
Si fa un gran parlare della crisi greca. Ma la questione è un´altra: il problema è essenzialmente lo stesso dall´Islanda all´Irlanda, dall´Italia alla Gran Bretagna, dalla Spagna agli Stati Uniti, solo che assume proporzioni assai diverse. L´idea che gli Stati Uniti siano un "rifugio sicuro" è un non-senso. In ultima analisi, il loro debito pubblico rende profondamente insicuro tutto l´Occidente. A pensarci bene, è emblematico che la crisi finanziaria dell´Occidente sia iniziata in Grecia, il luogo di nascita della civiltà occidentale. Ben presto questa crisi varcherà il canale della Manica. Ma l´interrogativo fondamentale è quando essa raggiungerà l´ultimo baluardo della potenza occidentale, cioè gli Stati Uniti. A quel punto, naturalmente, sarà l´ora della Cina. E forse non sarà soltanto un´ora.

Traduzione di Carlo Sandrelli

La terza puntata dell´inchiesta "L´egemonia asiatica" è stata pubblicata su Repubblica del 22 febbraio. Nei prossimi giorni un´intervista a Orville Schell, direttore dell´Asia Society
di New York