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 2010  febbraio 24 Mercoledì calendario

I SINDACATI ROSSI PER LA PRIMA VOLTA CONTRO ZAPATERO

No al «pensionazo», all’aumento dell’età pensionabile da 65 a 67 anni a partire dal 2013. Per la prima volta dal 2004, da quando il premier socialista Zapatero è al potere, i maggiori sindacati spagnoli, il filo-socialista Ugt ed il filo-comunista Comisiones Obreras (CCOO), sono scesi ieri sera alle 19 in piazza a Madrid, Barcellona e Valenzia contro la proposta avanzata a sorpresa, a fine gennaio, dal capo dell’esecutivo. Un pesante avvertimento di rottura della pace sociale finora imperante. Ed anche un forte smacco per il leader della Rosa, che quando era all’opposizione era stato ribattezzato «Pancartero» perché portava sempre le pancartas, gli striscioni, che aprivano le manifestazioni contro il governo del conservatore Aznar, a fianco dei sindacati che ora lo contestano.
Segno dei tempi, e della posta in gioco peri lavoratori, alle manifestazioni hanno partecipato decine di migliaia di persone. «A 67 años, ni de coña (neanche per scherzo)», recitava un cartellone nella protesta più numerosa, quella di Madrid (60 mila persone per i convocanti, 9 mila per la polizia) a cui hanno partecipato i leader sindacali. «Zapatero deve ritirare la proposta - esigeva perentorio Toxo, segretario generale di CCOO -. Le future pensioni devono essere flessibili, i lavoratori devono poter scegliere se abbandonare il lavoro o no a 65 anni».
L’ex «Pancartero» ha cercato di disattivare lo scontro sociale dichiarando prima delle proteste: «La riforma del sistema pensionistico è una proposta per un consenso nazionale, per il dialogo con gli agenti sociali. Il governo ascolta, non impone». Anche il governatore di BankEspaña, Ordoñez, gli ha dato man forte: «La tormenta non è colpa del capitano della nave, ma è nelle sue mani ripararla prima che affondi».
In una Spagna che registra il più alto tasso di disoccupazione d’Europa (il 18,8%, 4,3 milioni di senza lavoro), con un deficit all’11,4%, e la recessione che dura da 7 trimestri consecutivi (e continuerà nel 2010), l’esecutivo deve tagliare le spese. La previdenza sociale è ancora in attivo (più 8,5 miliardi di euro nel 2009), ha un fondo di 62 miliardi ma le previsioni per il 2050 indicano che gli over 65 saranno 15,2 milioni, il doppio del 2010. E la spesa pensionistica, l’8,9% del Pil quest’anno, arriverà a un insostenibile 15,5% tra 40 anni. Non solo: le stime dell’Instituto de Estudios Superiores de la Empresa promettono che il sistema del finanziamento della previdenza sociale entrerà in rosso già nel 2015.
Zapatero è tra l’incudine ed il martello. Se vuole tenere fede al piano di stabilità che gli impone di rientrare al 3% di deficit nel 2013, oltre che tagliare 50 miliardi di spesa pubblica, deve aumentare l’età pensionabile, ma si trova contro i sindacati ed i partiti di sinistra. «La pressione dei mercati finanziari sta spingendo il governo a cambiare cavallo nel bel mezzo della corrente, e quando qualcuno ci prova, se lo porta via la corrente», tuona Méndez, leader dell’Ugt. Le prossime elezioni sono nel 2012, i sondaggi vaticinano già una vittoria dei popolari di centro-destra, avanti di 6 punti sui socialisti. Ed il «pensionazo» aumenterebbe ancor di più il distacco.
Gian Antonio Orighi