Roberto Faenza, il Fatto Quotidiano 23/2/2010;, 23 febbraio 2010
CINEMA L’IMPREVEDIBILE BOTTEGHINO
Premessa: il cinema è una macchina così unica, un’i ndustria così insolita, che neppure gli economisti e gli esperti di statistica ci capiscono qualcosa. Prendiamo il caso Italia: a fine dicembre, solo due mesi fa, produttori e distributori piangevano per un’annata andata parecchio male per l’industria nostrana, rispetto a un 2008 già ridotto. Ma ecco di questi giorni la notizia di una nuova locomotiva che fa correre gli incassi del cinema nazionale. Idem si può dire per il mercato americano. In Usa il 2009 si è chiuso con Hollywood in crisi, causa la recessione: si sono prodotti meno film e le major si sono limitate a scommettere solo sui successi sicuri. Nel 2008 erano stati prodotti 606 film, molti dei quali destinati a poche città (o solo a dvd o solo a Internet, come è ormai la prassi quando si ha poca fiducia nel box office sala). Alla fine del 2009 si pensava pertanto a un 2010 ancora più scarno, con un numero complessivo di film da produrre non superiore ai 400, una miseria se si pensa che lo scorso anno solo la Spagna ne ha prodotti quasi 200 (per l’esattezza 183). Ma ecco che a fine anno scoppia il fenomeno ”Ava - tar”, i cui incassi stratosferici registrati in pochi giorni di programmazione, ugualmente disseminati in tutto il pianeta, manda a scatafascio stime e previsioni. Vediamo l’Italia 2009. L’Anica, l’a s s o c i a z i one nazionale dell’industr ia cinematografica, comunica che gli incassi hanno ”t enu t o ” nonostante la crisi, ma sono diminuiti quelli dei film italiani, la cui quota scende dal 29 al 23%, a vantaggio degli americani. Il primo dato è dunque positivo: il mercato ha mantenuto le posizioni nonostante la crisi, dimostrandosi una delle rare industrie in grado di non pagare dazio alla recessione mondiale. Il secondo dato è invece allarmante: la diminuzione della quota di film nazionali a vantaggio dei competitor hollywoodiani. La flessione registrata di circa sei punti equivale a una perdita secca del 20% di pubblico interessato a vedere i film italiani, che scendono a 97 da 123 prodotti nel 2008. La causa? I produttori sostengono che dipende dall’incapacità del nostro cinema di rinnovarsi, troppo facilmente abituato a ripetere se se stesso, anziché trovare nuovi linguaggi e nuove formule. Va precisato che se gli incassi delle sale hanno tenuto (+5% rispetto al 2008), il merito va ascritto principalmente al successo del 3D, che ha spopolato nel corso di pochissimi mesi. Basti pensare che sino al 2008 le nostre sale 3D erano poco più di 40, oggi sono diventate oltre 450 e già appaiono insufficienti per soddisfare la nuova moda. Sul lato opposto, va segnalato che mentre spopolano le sale 3D, in pochi anni hanno chiuso ben 750 schermi cinematografici, per lo più nei centri storici, a vantaggio dei multiplex, che come è noto si rivolgono principalmente a un pubblico giovanile, penalizzando il cosiddetto cinema d’autore. Inutile aggiungere che sinora il cinema 3D, costoso sia da produrre che da distribuire, è di appannaggio dei soli americani, anche perché è difficile immaginarsi un film italiano girato in formato tridimensionale. Per trovarne uno dobbiamo risalire a ”Totò in 3D” del 1953, subito votato all’i nsuccesso, a riprova che la tridimensionalità non si addice al genio italico. Il 2009 dunque si spegne all’i n s egna del pessimismo. Non sono bastati il buon esito di ”Baarìa” di Tornatore (circa 10 milioni di euro al box office), penalizzato dall’esclusione alle candidature degli Oscar, e neppure l’inaspettato exploit di ”Cado dalle nubi” con l’esordiente Checco Zalone (oltre 14 milioni). A Natale deludono le previsioni sia il cinepattone della ditta De Laurentiis-De Sica (che incassa pur sempre 20 milioni di euro), sia un Pieraccioni in tono minore (che arriva comunque attorno ai 14 milioni di euro). Arriviamo al 2010, che gli esperti prevedono in tono ancora calante, aggravato dal crollo del mercato home video, in una crisi forse senza ritorno, con 1.000 videoteche chiuse negli ultimi 20 mesi. Le cause? Risponde l’A nv i , l’associazione dei video noleggiatori. E’ il file sharing la vera causa del crollo: il sempre più diffuso d ownloading di opere audiovisive protette da diritto d’autore. Qui si dovrebbe aprire una discussione su Web e diritto d’autore, vedi la recente legge francese Hadopi, che arriva all’estremo di disconnettere chiunque venga colto per tre volte ”con le mani nel sacco”, a scaricare film o altri contenuti audiovisivi soggetti a copyright. E’ questo un tema che vede in guerra due ”popoli” c o ntrapposti: da una parte i naviganti abituati ad avere tutto gratis, dall’altra autori e produttori preoccupati che le proprie opere vengano fruite senza autorizzazione. Come andrà a finire nessuno lo sa, ma è indubbio che qualche rimedio bisognerà pur trovarlo se è vero che un film in uscita il venerdì, il giovedì è già offerto gratuitamente sul Web da ”p i ra t i ” sempre più sofisticati. Gli esperti hanno appena annunciato un 2010 pieno di buio all’or izzonte, ma ecco il miracolo dell’inversione di tendenza. Passano poche settimane e il ciclone ”Ava t a r ” a nziché sterminare fa lievitare il cinema italiano. Parte molto bene il film di Verdone (attorno a 16 milioni di euro), bene quello di Virzì (attorno a 6 milioni), un po’ meno bene rispetto alle aspettative quello di Muccino (ma arriverà comunque attorno a 9 milioni) e intanto si attendono i risultati di Moccia, Avati, Veronesi, Soldini, Ozpetek, Salvatores, Luchetti, che inducono a ben sperare. Come per incanto le cassandre che prospettavano un 2010 in calo vengono tacitate dagli incassi al botteghino, che registrano nel solo mese di gennaio un + 50% rispetto allo stesso mese del 2009. E’ la prova del nove che al cinema fare previsioni è come il gioco d’azzardo: meglio tenersene lontani.