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 2010  febbraio 14 Domenica calendario

BIOGRAFIA DI GIUSEPPE VERDI

a cura di Francesco Borgonovo

VERDI, Giuseppe (musicista, 1813-1901)
Maestro melodrammista popolare italiano di cui è relativamente sicura la data di nascita, 10 ottobre 1813, dichiarata il giorno dopo dal padre Pietro, negoziante di alimentari, al parroco di Roncole, ridente borgo parmigiano. Incerto invece il luogo: lo si colloca in una zona rurale al confine tra le attuali provincie di Parma e di Piacenza, in una casa vicina alla parrocchia di Roncole, nel cui registro appare iscritto col nome di Joseph-Fortunin-François: in francese perchè il ducato era sotto il dominio francese.
Ma non è detto che sia nato a Roncole, così almeno sostengono i piacentini più accreditati. Nel corso del 2008 in occasione della celebrazione del centosettesimo anniversario della morte, un illustre studioso verdiano, Edmondo Pinazzoli, ha dichiarato pubblicamente che Giuseppe Verdi è nato a Gradisca
D’isonzo, provincia di Gorizia, ma la tesi è stata molto contestata dalla critica verdiana integralista.
Uomo di complessione forte, con naturale vocazione all’agricoltura, rivelò fin dall’infanzia un’indole ombrosa e mutevole: «Nella sua crescita spirituale», afferma il Pinazzoli, «si aprono crepe, si spiegano tenebre, spettri, il temperamento è velato, enigmatico, fugace, specie nei rapporti sentimentali. Segno tipico dei popoli di terre senza padri, lande dai confini indecisi, irrisolti».
L’origine del suo successo risale ad una sera nevosa quando il maestro, rientrando a casa e vuotandosi le tasche, buttò con malagrazia sul tavolo un manoscritto appena consegnatogli dall’impresario Merelli. Il manoscritto si aprì prodigiosamente, come narra lui stesso, a una pagina dove si leggeva: «Va’ pensiero sull’ale dorate». Il Nabucco trionfò alla scala nel 1843 e ”Va’ pensiero” divenne Verso Fatidico insieme a «O signor che dal tetto natìo», «si ridesti il leon di castiglia», e con «Ma noi, noi donne italiche» e «Cara patria già madre e regina»; la stessa pagina incarnò lo spasimo popolare del patriottismo, che vede il suo culmine nel concertato «chi muore per la patria alma sì rea non ha». Ma a giudizio del Pinazzoli Giuseppe Verdi non aveva in gran conto il popolo, soprattutto il popolo italiano. Morì a Milano nel 1901.