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 2010  febbraio 15 Lunedì calendario

FRAMMENTO DEI FRAMMENTI CHE RISPONDONO ALLA VOCE "ANDREOLI’, VITTORINO"


2009
AFRODISIACO»- 5 domande a Vittorino Andreoli. Josef Fritzl, nei suoi colloqui con gli psicologi in carcere, ha detto di aver segregato la figlia per amore: «Non la vedevo come una figlia, ma come una moglie e una partner». E’ possibile o è solo una linea difensiva? «Se l’avesse veramente considerata una moglie non l’avrebbe segregata. Quindi è una spiegazione strumentale. Probabilmente per lui il dominio totale aveva una forte valenza sessuale. Per capire questi casi bisogna tener conto che la sessualità è parte del dominio e il fatto di poter disporre totalmente della vita e della libertà di una persona è come un afrodisiaco». Fritzl ha pure detto di essere «nato per stuprare». E’ un tipico caso clinico? «Lo stupro è un comportamento che comincia a fare parte anche della nostra cultura, dove la sottomissione diventa un ingrediente necessario perché il piacere accettato non basta più». Passando alla moglie: è possibile che non sapesse? «Direi proprio di no, lo sapeva di sicuro ma anche lei era una vittima. Vivere accanto a una personalità istintiva, pulsionale, che vive solo dominando, è terribile perché non lascia scampo: o fai come ti dice o ti sopprime». Dunque, tra marito e moglie c’era un gioco delle parti? «Assolutamente sì. E in fondo, che cosa rimane a lei? La sua salvezza è aiutare la figlia a fare la madre, il che vuol dire fare la moglie, mantenere il proprio ruolo gregario nei confronti del marito. Con la figlia invece c’è complicità. E’ probabile che ci sia una perfetta identità tra le due, ognuna si identifica nell’altra, senza competizione, perché c’è una sorta di ruolo comune. Tutte e due dipendono dal padrone. In questi casi - e io ne ho visti anche in Italia - si generano relazioni che a noi sembrano strane, ma rientrano abbastanza bene nello schema del padrone che delle donne fa quello che vuole e quelle si adattano per sopravvivere». Ma come può una situazione simile durare per decenni? «Dura perché ormai non c’è più nessun conflitto tra madre e figlia. Se entrambe accettano il rapporto di dipendenza dall’uomo, tutto segue una regolarità che diventa banale. Il male si cronicizza. Difficile è il primo periodo, quello dell’adeguamento, poi la situazione diventa un trantran. Io la definirei una variabile della sindrome di Stoccolma, con la vittima del sequestro che manifesta sentimenti positivi nei confronti del proprio rapitore. Che all’inizio è certamente un mostro, ma poi si riesce a vivergli insieme» (Marina Verna, La stampa 17/3/2009).

2001
Al recente Cosmoprof di Bologna, la più grande fiera mondiale della cosmetica, lo psicologo Vittorino Andreoli ha spiegato che una ragazzina, proprio durante quell’età, è molto insicura e la fase trucco deve essere vista come un processo di crescita. Anzi, in famiglia dovete tirare un sospiro di sollievo: vuol dire che si sta mettendo sulla strada giusta e ha trovato il suo ”bien-être” (benessere): comincia a piacersi e a voler essere competitiva (Salute Sorrisi e Canzoni, n. 26 giugno 2001)

1999
Il professor Vittorino Andreoli, psichiatra: «Non v’è dubbio che esiste una relazione tra la violenza in immagini e la violenza reale. Ricordo un film canadese dove veniva rappresentato un suicidio nella metropolitana di Montreal: ebbene, nelle settimane successive sono aumentati i suicidi eseguiti con le stesse modalità; però bisogna sempre distinguere tra effetto a breve o a lungo termine. difficile sostenere che un film possa essere all’origine di un omicidio avvenuto un anno più tardi. Sono moltissime le circostanze che possono influenzare un omicidio» (Guido Vitale, M. B., il Giornale 17/08/1999)