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 2010  febbraio 09 Martedì calendario

FRAMMENTO DEI FRAMMENTI CHE RISPONDONO ALLA VOCE "ALBANESE, GIULIO"


2009 -

Tutto sommato, «il primo problema del sinodo sarà trovare un comune denominatore, un piano di intervento e di evangelizzazione, evitando gli estremi del pragmatismo e dello spiritualismo», riflette padre Giulio Albanese, missionario comboniano e docente alla Gregoriana: «C’è un problema di classi dirigenti locali, e la necessità di un salto di qualità nella cooperazione: va bene le opere caritatevoli, ma c’è bisogno di risorse finanziarie e umane. Lo scandalo è che l’Africa, per la rapina delle risorse, dà all’Occidente più di quanto riceva. Ora la crisi ha effetti devastanti. E intanto siamo tornati indietro di cinquant’anni: ai tempi in cui si dava il pesce, anziché la canna da pesca».
Fonte: Gian Guido Vecchi, Corriere della Sera 04/10/09

La storia di ogni missionario è il racconto di quotidiani atti di sacrificio, o eroismo: la fatica della lingua, la mancanza di cibo e acqua potabile, le malattie, i rischi per l’incolumità. «In mezzo a tanta povertà, la presenza dei missionari è un segno di non abbandono e il loro coraggio una forte provocazione per la società occidentale» ricorda però padre Giulio Albanese, missionario comboniano e giornalista, fondatore dell’agenzia di stampa Misna.
Fonte: Ignazio Ingrao, Panorama, 05/03/09

2008


Probabilmente il presidente sudanese non finirà mai dietro le sbarre. L’azzardo di Ocampo rischia persino di peggiorare la critica situazione in Darfur. « illusorio pensare che Khartoum consegni alla giustizia internazionale la massima autorità del paese. Pretendere che tale passo possa determinare un miglioramento dei diritti umani in Sudan è ingenuo» scrive sul suo blog il missionario Giulio Albanese (http://blog.vita.it/africana). «Ocampo sta giocando con il fuoco. Il rischio è che vi siano gravi ripercussioni nell’intero Corno d’Africa».
Fonte: Fausto Biloslavo, Panorama 31/07/08

SASSOU-NGUESSO Denis. Nato a Edou (Congo-Brazzaville) nel 1943. Politico. Presidente del Congo-Brazzaville. «[...] un personaggio carismatico [...] A lui va il merito di aver contribuito alla fine della dittatura marxista-leninista nel Congo-Brazzaville, con la convocazione, nel 1991, di una conferenza nazionale per fissare la data delle elezioni presidenziali e rispondere agli interrogativi e alle angosce del popolo congolese dovute alla crescente crisi economica e politica. Il 2 giugno del ”92 Nguesso arrivò terzo nelle presidenziali, dietro Pascal Lissouba e Bernard Kolélas. E dal novembre del ”93, per quasi un decennio, il Congo si trasformò a fasi alterne in un campo di battaglia in seguito a ripetute guerre civili dove confluirono fattori insieme economici (l’antagonismo che infuriava tra società francesi e anglo-americane per il petrolio) e personali, riconducibili alle storie dei protagonisti - Nguesso e Lissouba - che regolarono sulla pelle dei connazionali i conti delle loro rivalità, delle loro ambizioni e delle loro frustrazioni. Da questo punto di vista dunque Nguesso appare a molti una figura controversa, avendo condiviso con i suoi nemici le responsabilità delle violenze e accumulando, una volta al potere, un consistente patrimonio personale, con la benedizione della Francia, di cui è fedele alleato. Bisogna comunque riconoscergli il merito di aver riconciliato, in un modo o nell’altro, il suo Paese sebbene, in materia di diritti umani la situazione sia ancora lontana da standard accettabili. Abile nella diplomazia internazionale, Nguesso è anche presidente della Comunità economica degli Stati dell’Africa centrale (Cesac) e intrattiene ottime relazioni con il vicino Joseph Kabila (Repubblica democratica del Congo), il ruandese Paul Kagame, il gabonese Omar Bongo, di cui è suocero (avendo l’anziano Bongo sposato sua figlia, la prediletta dice qualcuno) e il ciadiano Idris Deby. [...]» (Giulio Albanese, ”Avvenire” 26/1/2006).
Fonte: varie (Massimo Parrini)

MUSEVENI Yoweri. Nato ad Ankole (Uganda) nel 1944. Politico. Presidente dell’Uganda, ha contribuito a portare Laurent Kabila al potere in Congo. Il seguito ne ha preso le distanze: truppe ugandesi sono in Congo al fianco dei ribelli (’Corriere della Sera” 18/1/2001). «[...] presidente dell’Uganda dal gennaio del 1986, quando conquistò con la forza delle armi la capitale Kampala. Allora comandava l’Esercito di resistenza nazionale (Nra) e riuscì a rovesciare il Consiglio militare presieduto dal suo antagonista, Tito Lutwa Okello, grazie anche all’appoggio del premier svedese Palme. Fu infatti il leader dei ”non allineati” a benedire e finanziare l’avanzata di Museveni. Carismatico, oratore convinto, feroce contro gli avversari politici, nepotista ad oltranza, con il suo peculiare stile di governo il presidente ha molti nemici. [...] in questi anni, l’Omukamà (capo, in lingua luganda) - come ama farsi chiamare - ha fatto il bello e il cattivo tempo soffocando ogni forma di dissidenza interna. Abile nelle relazioni internazionali, quando prese il potere considerava il cristianesimo ”oppio dei poveri” e criticava apertamente il lusso sfrenato di certi dittatori. In vent’anni di presidenza è riuscito a compiacere Fondo monetario Internazionale e Banca mondiale aderendo, almeno in linea di principio, al teorema clintoniano per l’Africa del ”trade not aid” (commercio non aiuti). Ha poi ripudiato la dottrina del socialismo africano appresa in gioventù alla scuola del tanzaniano Nyerere, sposando la logica del libero mercato e trasformando la sua famiglia in un’impresa d’import-export. A partire dal fratello, Kaleb Akandwanaho, meglio conosciuto come Salim Saleh, personaggio controverso che ha ricoperto mille cariche nelle Forze armate, rivelandosi spregiudicato uomo d’affari invischiato in scandali e ruberie, soprattutto nella vicina Repubblica Democratica del Congo. E proprio nell’ex Zaire l’esercito di Museveni ha combattuto dall’agosto del 1998 per garantire ”la sicurezza del popolo ugandese e la pace dei congolesi”. Ma sono pochi a crederci, non foss’altro perché, stando ad autorevoli organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti umani, i traffici di diamanti dal Congo all’Uganda, gestiti spregiudicatamente dal clan Museveni, sono stati ininterrotti. Non v’è dubbio che [...] abbia fatto di tutto per raccogliere consensi all’interno del Paese, soprattutto nelle regioni centro-meridionali. Nel Nord invece, essendo i gruppi etnici tradizionalmente ostili alla sua leadership, ha permesso che i ribelli dell’Esercito di Resistenza del Signore (Lra) seminassero morte e distruzione. Tollerando le loro nefandezze, ha consentito che i distretti acholi e lango si trasformassero in campi di battaglia per piegare la ribellione dei popoli ostili. Per Museveni il bene della nazione coincide con i suoi interessi personali [...] La Chiesa cattolica in questi anni lo ha invitato a rispettare le regole della democrazia, ma su questo punto Museveni ha sempre fatto orecchie da mercante. [...]» (Giulio Albanese, ”Avvenire” 22/2/2006).
Fonti: varie (Massimo Parrini)