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 2010  febbraio 09 Martedì calendario

FRAMMENTO DEI FRAMMENTI CHE RISPONDONO ALLA VOCE "ALBANESE

GIOVANNI"

2009 -

Giovanni Albanese (AAA Achille) cominciò a balbettare verso i 7/8 anni dopo la morte del padre e smise solo in età adulta. Ora ama definirsi «un balbuziente a riposo» più che un «ex balbuziente».



2002 -

ALBANESE Giovanni Bari 22 giugno 1955. Artista. Scenografo. Costumista. Scrittore. «Autore di opere surreali e fantasiose costruite assemblando ”tutto quello che gli altri buttano” […] Nel suo grande atelier di San Lorenzo a Roma sono accatastati i suoi pezzi unici […] il pianoforte a coda incendiato da centinaia di lampadine rosse, il Pippo volante, un insieme di lamiere, ruote e molle intitolato Mio padre. Questi vecchi elettrodomestici, pezzi di ricambio fallati, pupazzi colorati, lampadine luminescenti sono stati la sua terapia personale alla balbuzie che lo aveva colpito ad otto anni dopo la morte del papà. ”Ho combattuto con questo difetto per tutta la mia infanzia e la mia giovinezza. Ho perfino discusso la mia tesi di laurea in architettura, balbettando […] Andy Warhol diceva: ”Cos’è l’arte? Non lo so, però so che un centimetro dopo o un centimetro prima è merda’. Spero di aver azzeccato il centimetro”» (Federica Lamberti Zanardi, ”il Venerdì” 19/4/2002). «Il divo duchampiano del momento, acclamato come una sorta di Jesus Christ Superstar, specialmente da quello che una volta veniva chiamato ”il gentil sesso”. […] ancora giovane, pieno di energia e di immaginazione, e non sarà mai secondo a nessuno» (Costanzo Costantini, ”Il Messaggero” 22/11/2001). «S’era capito subito che era un tipo a sé. Almeno da quando invitato a Gibellina nel 1993 per la collettiva dal celebrativo e monumentale titolo ”Paesaggio con rovine”, si mise a costruire una ”Macchina per ascoltare il vento”. Come un Archimede Pitagorico prese un basamento, due immensi coni d’ottone, due enormi cuffie di vetro e orientò il tutto verso il cretto di Burri, che copre come un sudario i resti della città distrutta dal terremoto. E davvero catturò il vento. Funziona ancora. Le sue opere più sono surreali e strampalate più funzionano. Funzionano i quadri fiammeggianti (che poi sono anche sedie, lampadari, oggetti e intere pareti), funziona la mamma robot che spinge una carrozzina simile a un sidecar da ultima guerra, funzionano gli alambicchi che producono scariche elettriche a ritmo di rap (’Colpo di fulmine”), funziona Pippo acrobata che fa ”evoluzioni” sulle note di Volare, funziona persino il frigorifero che recita le tabelline: ”Si chiamerà ”Salto di qualità’, storia di un computer che aspira a diventare un frigorifero” […] O ”Shampoo 70”: un intero, desueto negozio di parrucchiere coi divanetti in finta pelle marroncina e i caschi vecchio stile. Altoparlanti trasmettono la radiocronaca della morte di Pasolini. Si alternano le voci del giornalista, le testimonianze degli amici, l’analisi dell’epatologo che spiega il meccanismo della morte, l’intervista alla madre, le ultime registrazioni del poeta. Ma dai caschi arrivano le canzonette e lo sciocchezzaio da Anima mia […] Piace a Bonito Oliva ”la felice mescolanza di macchine celibi di duchampiana memoria, di assemblaggi alla Nam June Paik, fino al gusto neoclassico e allo stesso tempo mediterraneo di Pascali. Le sue installazioni sono teatri di posa, set cinematografici che inglobano dentro di sé l’architettura circostante. Il tutto in un artista che si pone il problema della comunicazione e ritiene che in una società di massa l’arte debba produrre ascolto” […] Nel 1996 fa le scenografie e i costumi per il pazzesco film di Giovanni Veronesi Silenzio si nasce, e per un pelo non vince il ”Ciak d’oro”: ”Anche se i costumi – racconta – erano solo tubi di gomma, giganteschi cordoni ombelicali intorno a Paolo Rossi e Sergio Castellitto”. Con il suo amico e omonimo attore Antonio Albanese, s’inventa una installazione scenica fatta tutta di scheletri di vecchie calcolatrici Olivetti. Pirameide rumorosissima, alta quasi sette metri, che diventa la fabbrica del terribile imprenditore Perego nello spettacolo Giù al nord […] Deve molto, dice, alla mamma severissima insegnante di fisica, alla inutile laurea in architettura e alla diffidenza di chi nell mondo dell’arte gli ha sempre rimproveratoun eccessivo eclettismo» (Alessandra Mammì, ”l’Espresso” 18/2/1999).
Fonte: varie (Massimo Parrini)