Marco Imarisio, Corriere della sera 11/12/2009, 11 dicembre 2009
Tags : Anno 1901. Raggruppati per paesi. Italia
Quella fila di 9 ore per «iscriversi» al processo Eternit- TORINO – Nelle code c’è la storia degli ultimi trent’anni di morti silenziose
Quella fila di 9 ore per «iscriversi» al processo Eternit- TORINO – Nelle code c’è la storia degli ultimi trent’anni di morti silenziose. Il banchetto arancione nell’aula 5 è dedicato alle vittime accertate. Così, davanti agli occhi sfilano i vecchi operai superstiti dell’Eternit di Casale Monferrato, qualcuno di loro tossisce, altri si commuovono. Passano i figli del maestro elementare Bertolotti, che dopo una vita passata a insegnare alfabeto e tabelline morì di mesotelioma nel 1978, e fu il primo segnale che «quel male» ammazzava anche chi in fabbrica non c’era mai stato. A metà del corridoio ci sono i parenti di «Pica», Piercarlo Busto, bancario, fondatore della squadra di basket, che dopo il lavoro andava a correre intorno vicino all’Eternit e morì a soli 33 anni, nel 1988. Sua moglie trovò il coraggio di affiggere sui muri un cartello funebre nel quale si diceva che «l’inquinamento di amianto lo ha tolto all’affetto di chi lo amava», e quel manifesto listato a lutto fu lo sparo nel buio di una città che faticava ancora a capire cosa stava succedendo. C’è la Spoon River di Casale Monferrato, e molto altro ancora in questo primo giorno del «processo del secolo» fatto solo di attesa. Dall’aula numero 5, sportello contrassegnato dal talloncino verde, si dipana la fila di coloro che vogliono costituirsi parte civile. Persone ammalate, o familiari di vittime giunti da ogni parte d’Italia a raccontare sempre la solita storia. Una fitta sotto la scapola, i bronchi che vanno male, e capisci che tocca a te. Lunedì prossimo verrà pubblicato il terzo rapporto annuale stilato dal Registro nazionale dei mesoteliomi, e si leggerà che ancora oggi, che non viene più prodotto, in Italia l’amianto uccide tremila persone all’anno e ne fa ammalare altre 7.000. Ci saranno altri processi, nei prossimi anni. L’amianto uccide, e annoia. una morte dolorosa, il mesotelioma. Ma silente, a scoppio ritardato. Così la più grande strage «bianca» mai avvenuta in Europa fatica a farsi spazio, ad essere raccontata. E i processi, i pochi processi che vengono celebrati, diventano un happening di vittime, dei loro familiari. La sola occasione per dire siamo qui, non dimenticateci. Per questo, ieri mattina a Torino sembrava di essere ad una fiera del dolore. Accampati sui prati di fronte al tribunale c’erano i francesi del Nord Pas-de-Calais, della Lorena e di Borgogna, con i loro caschi da minatore e i giacconi color arancio che indossavano nelle cave dove si estraeva l’amianto. C’erano gli svizzeri con lugubri cartelli neri che riproducevano sagome umane e sopra la foto del proprio caro, data di nascita e di morte segnata in gesso bianco. In Belgio, il quotidiano «La Libre Belgique» ha dedicato la prima pagina al processo di Torino. Titolo: «Il profitto di fronte alla salute». Segue ritratto di Raffaele Guariniello: «Il procuratore ostinato», ed è una definizione piuttosto verosimile. Attilio Manerin, rappresentante dell’associazione francese delle vittime da amianto, ha una tesi. «Non importa come andrà – dice ”. L’importante è che ci siamo arrivati. Questo è un processo esemplare, per tutti». Pochi giorni fa è stato indagato per omicidio il padrone della Eternit transalpina, il caso di Torino è stato citato come un precedente. L’etichetta secolare deriva dal numero di parti civili, 2.889 se stiamo alle famiglie delle vittime, 2.000 ieri hanno presentato domanda dopo nove ore. Gli imputati sono noti. Lo svizzero e il belga: Stephen Schmideiny, il miliardario convertito all’ecologia, e il barone Jean Louis De Cartier de Marchienne. I due ultimi proprietari degli stabilimenti italiani di Eternit, il fibrocemento inventato nel 1901, per la metà composto di amianto. Sono accusati di aver continuato a produrre anche quando era ormai certo che di quella polvere si moriva, operai e «civili». A Casale Monferrato, dove c’era lo stabilimento più grande, Eternit era come la Fiat. Ma il processo che riguarda anche le vittime delle altre filiali italiane, Cavagnolo (Torino), Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli). Ogni città è rappresentata da una delegazione e da storie simili, dolore e frustrazione che si sommano. La giornata tanto attesa si è risolta in un lungo esercizio di contabilità. C’era da far quadrare i conti, nomi che vanno depennati da una lista e aggiunti a un’altra, quella arancione. Piero Ferraris ha scoperto di essere ammalato nell’aprile scorso, proprio quando stava per cominciare l’udienza preliminare. Rina, sua moglie, racconta che nell’ultima settimana si è chiuso nel silenzio carico di rabbia. Era furioso con il destino, con Dio. Non ha più parlato. morto il 12 novembre.