Gao Xingjian, Corriere della Sera, 26 agosto 2001, 26 agosto 2001
La Cina dei sogni perduti La Cina dei sogni perduti di GAO XINGJIAN Anticipiamo un brano tratto dai racconti del cinese Gao Xingjian, premio Nobel 2000 per la letteratura, «Una canna da pesca per il nonno»
La Cina dei sogni perduti La Cina dei sogni perduti di GAO XINGJIAN Anticipiamo un brano tratto dai racconti del cinese Gao Xingjian, premio Nobel 2000 per la letteratura, «Una canna da pesca per il nonno». La raccolta, edita da Rizzoli, sarà in libreria il 5 settembre. Gao, imprigionato dai maoisti, poi esule in Francia, descrive il senso di sradicamento dal passato e dai luoghi natali. D’ improvviso qualcosa mi balenò in mente, e mi ricordai del tempio dell’ Imperatore Guan; si trovava nella direzione opposta alla scuola, sulla strada che facevamo quando mia madre mi portava al cinema, e bisognava attraversare proprio il vicolo del tempio e non sarebbe stato difficile localizzare anche la posizione di casa mia, quindi dovevo chiedere del tempio. Ah, cerchi il tempio dell’ Imperatore Guan? A che numero? Questo dimostrava che il tempio era ancora in piedi, e poi avevo incontrato una persona gentile, che mi chiedeva persino il numero, ma io non fui pronto a rispondere perché non me lo ricordavo, e quasi balbettando dissi che volevo solo sapere se questo posto esisteva ancora. Ma come può sparire un luogo? Lei chi cerca? La casa di chi? La persona chiedeva in modo sempre più preciso, forse pensava fossi un cinese d’ oltremare venuto a cercare le proprie radici? Oppure uno che faceva ritorno a casa dopo anni di silenzio? Dovevo soltanto spiegarmi, noi allora vivevamo in una casa d’ affitto, la casa non era dei nonni, come si chiamava il proprietario? Mi ricordavo solo che aveva una figlia che si chiamava Zaowa, ma certo non potevo rispondergli così, e l’ altro vedendomi balbettare si è come fatto più scuro in volto, e lo sguardo di simpatia che brillava negli occhi si è raffreddato, mi ha squadrato per bene, chiedendosi se doveva segnalare la mia presenza alla polizia. IL BRANO C’ era una volta la Cina, che ormai vive soltanto nel regno della memoria e della bellezza di GAO XINGJIAN Se cerchi il numero 1 devi andare avanti, è la prima stradina a sinistra a sud della strada grande, se cerchi il 37 devi girare di là e prendere la seconda stradina, dopo circa cento passi ne attraversi un’ altra, continui dritto ed è a sinistra sul lato nord della strada, mi affrettai a ringraziarlo, e poi mi sentii sulla schiena il suo sguardo penetrante. Continuai ad avanzare fino a quando non trovai la prima stradina a destra, e ancor prima di imboccarla vidi una targa blu, nuova di zecca, proprio sopra la targa rossa del gabinetto pubblico per uomini, capii senza ombra di dubbio che era proprio il tempio dell’ Imperatore Guan, ma non corrispondeva affatto alle mie vecchie impressioni dell’ infanzia, entrai nella stradina, proprio per mostrare che ero venuto solo a cercare la vecchia casa e non altro, ma non avevo alcun bisogno di ispezionare dal numero 1 al 37, questa stradina si abbracciava tutta in un’ occhiata, non somigliava affatto alla strada lunga e tortuosa delle mie impressioni degli anni dell’ infanzia, non ricordo se allora qui ci fosse o meno un tempio, ai due lati della strada non c’ erano edifici alti, c’ era solo una casa a due piani, in mattoni rossi, che spiccava tra questi vecchi cortili in stile antico, ed era una costruzione semplice, che rispetto ai vecchi cortili sembrava ancora più disadorna, mi viene allora in mente che qui ci doveva essere stato un tempio dell’ Imperatore Guan, ma che era stato distrutto da un fulmine ancora prima che io potessi ricordarmi, era il nonno che me ne aveva parlato, diceva che questo posto attirava i fulmini, era un luogo maledetto, che il tempio era stato costrui to proprio per cacciare via i demoni e annientare il malocchio e invece era stato distrutto proprio da un fulmine, dimostrando così che qui non si dovevano costruire case, casa nostra però non si trovava nel tempio bensì di fronte, ma ora per me davvero non era facile guardare indietro gli anni dell’ infanzia per cercare di ritrovare la strada dove mia madre mi portava tenendomi per mano, considerato che oggi anch’ io ho un bambino, e sapevo anche che non serviva chiedere, avevo appena girato in lungo e in largo dov’ era il lago, ma se anche l’ oceano si può trasformare in un campo di gelsi, che cosa mai poteva essere accaduto di questo laghetto, mi sembrava che la casa della mia infanzia si nascondesse nei recessi di questa piccola foresta di antenne piantate su semplici edifici vecchi, nuovi, mezzi nuovi o mezzi vecchi, ma non si può trovarla girando in questo modo, si può soltanto pensarla in un certo modo grazie alla memoria, forse è dietro questo muro di cinta, o forse è stata inglobata in chissà quale stazione municipale per la supervisione della protezione ambientale, come alloggio per i dipendenti, oppure è diventata il deposito della locale fabbrica di bottoni di plastica, ci hanno messo un portone di ferro, una portineria, e se non riesci a spiegare il motivo di lavoro per cui sei venuto, è vano credere di entrare anche solo a sbirciare, dovrebbe essere consolante pensare che gli uomini di solito non sono crudeli fino al punto di distruggere senza una ragione quel paravento in muratura tutto istoriato, anche se la natura umana è cattiva, la cattiveria è più forte della bontà, i santi, i saggi e i filosofi di ogni età e di ogni paese lo hanno detto tutti, ma tu propendi ancora per la bontà del cuore umano, una volta nutriti a sazietà, non possono avere ancora voglia di perseguitare i ricordi della tua infanzia, perché anche loro possono avere avuto un’ infanzia che valga la pena di essere ricordata, è una verità così evidente come uno più uno non fa tre, uno più uno può cambiare qualità o quantità, persino trasformarsi in qualcosa di bizzarro, ma non farà mai tre, se vuoi liberarti dalle elucubrazioni provocate dalla tua idea fissa devi abbandonare questa bella strada asfaltata, e questi edifici nuovi, vecchi, mezzi vecchi, mezzi nuovi, che stanno diventando vecchi, già invecchiati, semplici, mezzo semplici, non semplici, e case, case, case sotto la foresta di antenne televisive, e case, case, case, con i rami secchi spogliati dalle foglie, e case, case, case, ah, case, case, case... Andare fuori città! Laggiù, in riva al fiume dove il nonno più volte mi portò... a pescare? Ricordo che il nonno mi portò in riva al fiume, ma non so più se avessimo preso dei pesci o no, ricordo però di avere un nonno, di aver trascorso gli anni dell’ infanzia, e in quegli anni, quando mia madre mi lavava il sedere in cortile, io tutto nudo mi sentivo a disagio, ed eccomi a cercare la casa dove ho trascorso quegli anni, e ricordo poi che una volta mi sono alzato in piena notte per andare a caccia con qualcuno che non era il nonno, e abbiamo camminato tutto il giorno per ammazzare un gatto selvatico che avevamo preso per una volpe, e questo mi fa pensare a una poesia, in cui il protagonista ha il corpo coperto da coltelli da caccia appesi che risuonano con clangore, e una libellula senza coda volteggia sulla pianura sbattendo le ali, e negli occhi dei critici spuntano aculei, e cresce un grosso mento, vorrei scrivere un romanzo che avesse un significato così profondo da farci annegare dentro le mosche, e poi ho visto il nonno, accovacciato su uno sgabelletto, la schiena incurvata, che aspirava grandi boccate di fumo... (traduzione dal cinese di Alessandra Lavagnino) Il libro: «Una canna da pesca per mio nonno» uscirà il 5 settembre da Rizzoli, pagine 160, lire 25.000. martedì 28 agosto, alle ore 17, il premio Nobel Gao Xingjian parlerà nel Cortile della Cavallerizza del Palazzo Ducale di Mantova nel quadro del Festivaletteratura Gao Xingjian, Corriere della Sera, 26 agosto 2001