Andrea Secchi, ItaliaOggi 6/5/2009, 6 maggio 2009
Twitter, un affare di pochi caratteri - Le aziende che usano il micro-blog, dall’assistenza clienti alle pr
Twitter, un affare di pochi caratteri - Le aziende che usano il micro-blog, dall’assistenza clienti alle pr. Come Atac e Fiat; In Usa Dell ci ha fatto ricavi per 1 milione. In Italia si comincia - Una sorpresa italiana è quella dell’Atac, l’azienda di trasporti pubblici di Roma. Intorno alle 18 di ieri, un messaggio su Twitter avvertiva: «rallentamenti in via del Circo Massimo a causa di un incidente». Ed era solo uno dei tanti aggiornamenti quotidiani, non male. La presenza su Twitter, ovviamente, non il rallentamento. un primo esempio di come le aziende possano usare il microblog di Twitter, il mini-social network di cui si parla di più di questi tempi insieme con Facebook (che per altro ha cercato di acquisirlo, così come sembra voglia fare Google o Apple, ultimo rumor del settore). Twitter può essere utile, sia che si offra un servizio pubblico o meno, per dare un informazione, tempestiva, mirata, di interesse per chi segue. Ma non è l’unico utilizzo. Permette di ascoltare l’opinione dei clienti e di portare il customer care su altri livelli, può essere usato per gestire un’emergenza (crisis management), per monitorare la reputazione dell’azienda, per dare rilievo a un evento raccontandolo in diretta, per vendite e promozioni. Si dirà: d’accordo, niente di nuovo, è un social network. Ed è vero. Di fatto, però, è un social network del tutto particolare: 140 caratteri, niente fronzoli, comunicazione immediata e senza accessori come tutti quelli presenti su Facebook. C’è il gusto della diretta, della leggibilità anche su un cellulare. Ecco perché il tam tam qui viaggia più veloce (vedi quello sull’influenza suina e l’allarmismo conseguente) e le notizie arrivano anche nei casi di emergenza. Ma è pure vero che da Twitter partono le segnalazioni ai propri «followers» (chi segue i post), su una discussione che si sviluppa su Facebook su nuove foto inserite su Flickr. Purtroppo, utenti privati a parte, per le aziende non sono molti gli esempi da cui si può copiare in Italia. Twitter si sta diffondendo, è vero, ma i marchi nostrani ancora non sono presenti in forze o se lo sono devono un po’ organizzarsi. Un esempio tutto sommato accettabile è quello di Fiat, che da una parte strizza l’occhio richiamando discussioni sulle novità delle proprie auto e dall’altra alimenta post sulle vittorie dei propri team, da Valentino Rossi (Fiat-Yamaha) in giù. Peccato che i followers siano appena 289. Un po’ abbandonata è, invece, la pagina di Best Western, per fare un altro esempio italiano: l’ultimo tweet (il cinguettio, da qui prende il nome questa piattaforma di microblogging) è del 16 aprile, quello precedente del 27 gennaio. La catena di hotel avverte gli iscritti su alcune offerte speciali, e anche questo è uno degli utilizzi che si possono fare di Twitter, perché chi segue può trovare utile avere informazioni di questo tipo. Ciò che le aziende non dovrebbero fare è la pubblicità gratuita, che non dà un reale vantaggio agli utenti. Sarebbe in pratica spam e in ogni caso non ci si deve dimenticare che si è in un social network, e quello che più conta è costruire un rapporto con i clienti. Per cui, o si decide di aggiornare di frequente i post (senza esagerare, comunque) oppure meglio non entrare. Si pensi a quante possono essere le notizie utili che una catena di 170 alberghi potrebbe postare, al di là delle offerte promozionali: una sagra in tale città, un festival della musica, una qualsiasi occasione per attrarre clienti in una struttura piuttosto che un’altra. Con questo non si vuol dire che valga necessariamente la pena dedicare un paio di persone che garantiscano una presenza costante sui social network e su Twitter in particolare. Senza contare che quest’ultimo è il mezzo, secondo Nielsen, di cui si stancano di più gli utenti: il 60% degli iscritti americani non lo usa più dopo un mese, contro il 30% di Facebook o MySpace. Il dibattito quindi si apre, anche se lo strumento ha in teoria molti vantaggi. In teoria e in pratica. Negli Usa un marchio come Dell non ne può più fare a meno: ha aperto 17 account e li usa in vario modo, e ha dichiarato che la sua presenza su Twitter ha generato almeno 1 milione di dollari di ricavi addizionali. Le aziende che lo usano, comunque, non dovrebbero dimenticare che una delle cose più preziose che si possono fare è ascoltare: quello che i maggiori utenti (i più ascoltati) dicono sul proprio marchio, i consigli e le lamentele (e qui urge risposta immediata) dei propri clienti, ciò che si dice della concorrenza. E questa capacità di ascolto si misura subito su Twitter: accanto ai followers, gli utenti che seguono i post, ci sono infatti i «following», cioè gli utenti che vengono seguiti. Fiat, per esempio, a sua volta segue 481 twitters, Atac 759, Best Western 0. Chiaro che poi se tutto ciò è frutto di automatismi e il dialogo non c’è si è punto e a capo. Il mantra di chi decide di entrare può essere uno solo: segui, crea, coinvolgi.