Marco Zatterin, La stampa 23/06/2009, 23 giugno 2009
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COMBATTEREMO FINO ALLA VITA
Il sole mattutino del 25 giugno illuminò uno degli spettacoli più orribili che possano essere immaginati». Henri Dunant aveva trentun’anni e due gonfi favoriti neri, impolverati come la giacca e tutto il resto dell’ormai lacero abbigliamento. Dal suo punto di osservazione vedeva «il campo di battaglia ovunque coperto di cadaveri», come «le strade, i fossi e ogni luogo intorno a Solferino». Distrutti i raccolti, deserti i villaggi. «Nel cimitero sono accatastati equipaggiamenti e fucili, zaini e divise insanguinate». I cannoni ora tacevano, ma non c’era silenzio. Si sentivano le urla strazianti dei feriti, i lamenti, le richieste di aiuto a migliaia.
Trentamila corpi
La battaglia era stata così cruenta che i franco-piemontesi vincitori non se la sentirono di inseguire il nemico austrungarico in rotta. Lungo un fronte di quindici chilometri erano sparsi i resti di quasi trentamila fra morti e feriti, il nauseante odore della morte prendeva il sopravvento su quello penetrante del fuoco e del bruciato. L’11 luglio successivo, anno di grazia 1859, Napoleone III siglava a Villafranca l’armistizio che metteva fine alla seconda guerra d’indipendenza e liberava la Lombardia (senza Mantova) dal giogo di Francesco Giuseppe. Un evento cruciale, sebbene non conclusivo, per la giovane Italia in cantiere. Non solo. Assistere alla carneficina del 24 giugno aveva ispirato a Dunant un’idea destinata a cambiare il corso di parecchie vite.
L’imprenditore ginevrino le diede forma tre anni più tardi pubblicando «Un ricordo di Solferino», 115 pagine di cruda descrizione del dopo battaglia come preambolo alla proposta di creare delle «Società di soccorso per i feriti» nei diversi paesi europei. Lui stesso ne fondò una nel febbraio 1863 sul Lago Lemano, il «Comitato di soccorso dei militari feriti», ovvero il Comitato dei cinque, da cui sarebbe nata la Croce Rossa internazionale.
I precursori
Strano che nessuno ci avesse pensato prima, fatta salva qualche augusta eccezione come la britannica Florence Nightingale che si distinse quale crocerossina ante litteram in Crimea (1853-54). Sino ad allora essere feriti poteva essere peggio che morire. Non esistono dati affidabili, eppure lo storico americano Richard A. Gabriel ha contato i feriti negli scritti omerici (sono 147) per concludere che il 77,7% (114) non ce l’aveva fatta. Subìto il colpo, si giaceva sul campo, dove la morte era la sorte più probabile. Ai tempi dei romani, stima Gabriel, sopravviveva solo il 20% di chi non periva al primo tentativo.
I dati dimostrano che il tasso dei decessi in battaglia è rimasto grosso modo stabile sino al XVI secolo, per migliorare dalle guerre napoleoniche in poi. Proprio in Crimea, circostanza in cui i numeri si fanno precisi, si calcola che solo un ferito su cinque non sia guarito. Nella guerra civile americana si scende al 17%, grazie alla diffusione delle conoscenze e agli interventi più rapidi. In tal caso però, il numero complessivo dei feriti comincia a stazionare intorno al 40%, misura che si ripeterà puntualmente nei due conflitti mondiali e in Corea.
In bancarotta per aiutare
Dunant ebbe la visione di questa lunga catena di sangue sprecato arrivando per caso a Solferino, dove lo aveva portato la necessità di conferire con Napoleone III per dirimere una disputa su alcune proprietà coloniali che riguardava la Compagnia presso cui era impiegato. Quel 24 giugno cambiò la sua vita. «I feriti che raccogliamo sono pallidi, lividi, annientati - racconterà -. Alcuni, soprattutto i mutilati, hanno lo sguardo inebetito, l’aria di non sapere cosa sia successo, puntano su di noi i loro occhi sconvolti. Altri sono inquieti e agitati, pazzi di dolore, chiedono cure, si torcono nell’ultimo spasimo dell’agonia».
Si offrì di organizzare i soccorsi, senza badare al colore della giubba di chi veniva ritrovato. L’attività si concentrò a Castiglione delle Stiviere dove una piccola armata di circa 6.000 volontari convogliò 24 mila anime. Era un precedente straordinario. Non per Dunant, però, che distratto dagli impegni umanitari fece bancarotta nel 1867, e lasciò Ginevra per non farvi più ritorno, neanche dopo il Nobel per la pace vinto nel 1901. Nel 1876 il Comitato divenne la Croce Rossa invertendo i colori della bandiera Svizzera e proclamando l’immunità per chi li portasse. Fu una svolta cromatica oltre che etica. Sino ai giorni di Solferino, giusto 150 anni fa, si cercava di radunare i feriti su un punto elevato del campo di battaglia e una fragile intesa stabiliva che non potessero essere attaccati. Su di loro, quando si riusciva, i compagni d’arme issavano una funerea bandiera nera.
La bandiera
La classica bandiera della Croce rossa internazionale ha gli stessi colori di quella svizzera, ma invertiti: risale 1876, quando i primi comitati furono sciolti per dar vita alla struttura che oggi conosciamo.
Il film
La figura di Henry Dunant è stata celebrata al cinema con il film «Henry Dunant», realizzato in Svizzera nel 2005. La figura del nobile elvetico è interpretata dall’attore Thomas Jouannet.
SOLFERINO (Mantova)
E’ la settimana dei 150 anni della Croce Rossa internazionale. E qui a Solferino, provincia di Mantova, dove si svolse una delle più crudeli battaglie dell’Ottocento, le tende dei 5 mila volontari arrivati da tutto il mondo già raccontano molto delle capacità organizzative di questa struttura presente in ogni conflitto: ordine e pulizia, altruismo e impegno.
Le delegazioni più numerose (dopo, naturalmente, quella italiana: 745 volontari) arrivano da Francia (310) e Spagna (262). Ma ci sono anche gli israeliani (4 uomini e 2 donne), i palestinesi (una donna e 3 uomini), gli afgani (3). Anche dall’Iran è arrivata la conferma dell’arrivo di volontari.
Nel grande campo di Solferino il più giovane è un indonesiano di religione musulmana, Arif Prasetya, nato il 3 maggio del 1992; il più anziano, che è presidente della Croce Rossa delle Mauritius, si chiama Ah-Lan Lam Yan Fon e ha 70 anni.
Cerimonia di apertura oggi alle sei del pomeriggio, con lo «Youth on the move», terzo incontro mondiale della gioventù di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa. Da domani, un ricca serie di appuntamenti, tavole rotonde, workshop e incontri su temi specifici legati alle attività di volontariaro. Il 26 giornata dedicata alle cosiddette simulazioni sull’attività delle ERU (Emergency Response Unit-Unità di risposta alle emergenze), dedicata a illustrare in particol modo le tecniche di intervento alle popolazioni colpite da disastri naturali.
Venerdì 26 giugno il concerto gratuito con Daniele Silvestri, Marina Rei, Francesco Tricarico e Timba Latin Jazz Quintete.