Pierluigi Magnaschi, ItaliaOggi 10/06/2009, 10 giugno 2009
A MI IN 100 MILA HANNO DATO E SUBITO NEGATO IL VOTO AL PDL
L’analisi
C’è un dato elettorale clamoroso e in assoluta controtendenza storica che dimostra come il votante italiano (almeno quello che vive in un’area avanzata come quella della provincia di Milano) si è finalmente smaliziato ed è sempre meno intruppabile. In provincia di Milano, infatti, il Pdl ha preso 593 mila voti nella elezione europea ma solo 485 mila in quella per la Provincia. Sono scomparsi, in due soli giorni, 108 mila elettori. Sono stati tanti infatti gli elettori che hanno dato il loro voto al Pdl nelle europee e, contemporaneamente, lo hanno negato allo stesso partito, votando nella medesima cabina. Un elettore che ha in mano due schede e che, anziché replicare meccanicamente il voto dato in una nell’altra, è un elettore inconsueto e veramente adulto. Ciò è vero soprattutto se questa disgiunzione del voto si è verificata, nella provincia di Milano, addirittura nel 20% dei casi per il Pdl. Tale tradimento istantaneo è stato cioè adottato da un votante su cinque. Si potrebbe pensare che la diserzione del voto che ha penalizzato la Cdl nel passaggio dalla votazione per il Parlamento europeo a quella per la Provincia di Milano sia dovuta al fatto che il candidato del Pdl per la Provincia meneghina fosse Guido Podestà che, indubbiamente, è molto meno noto del da lui sfidato Filippo Penati (Pd), presidente uscente della Provincia di Milano. Ma questa interpretazione è smentita da due circostanze. La prima è che i voti persi dal Pdl non sono andati al Pd che invece ha, anch’esso, perso consensi. La seconda circostanza è che anche la Lega è passata, nella stessa provincia di Milano, dai 240 mila voti per le europee ai 219 mila consensi delle provinciali. La Lega cioè ha perso, in Provincia, l’11% dei voti che gli elettori gli avevano attribuito per le elezioni europee avvenute contestualmente. Capire perché questo è avvenuto, in assenza di sondaggi specifici, non è facile e, in ogni caso, sarebbe azzardato. Quello che si può invece capire è che l’elettorato italiano è sempre più laico e sempre meno fideistico. Questo atteggiamento è una buona notizia per la buona politica. Nel voto, al contrario che nella vita di relazione, la fedeltà non è una virtù, ma un difetto. Infatti se i politici sanno che, qualsiasi cosa facciano, i loro elettori concedono ad essi, comunque, il loro voto (anche se qualcuno di essi lo fa, magari, turandosi il naso) non sono stimolati a fare bene. Il politico migliore è colui che sa che rischia il posto e che sarà giudicato, con il voto, non in base alla casacca che porta, ma in base alle cose che ha fatto o non fatto.