Marcello Veneziani, Libero 11/6/2009, 11 giugno 2009
Così Gianfranco butta a mare la sua destra - Fini vota per i referendum in dissenso da Bossi e Berlusconi
Così Gianfranco butta a mare la sua destra - Fini vota per i referendum in dissenso da Bossi e Berlusconi. Fini critica Berlusconi perché è appiattito sulla Lega. Fini sotto sotto si compiace del mancato trionfo del suo partito. Da tempo rema contro, va per conto suo. Ma che succede a Fini? La stampa lo elogia, gli elettori lo criticano. Provo a ragionare lasciando da parte ogni ironia e ogni rabbia di destrorso che ha visto Fini distruggere ogni suo riferimento. Lascio fuori le sue ragioni private, i cambiamenti della propria vita, che sicuramente hanno avuto un peso. Mi fermo alle ragioni politiche. Fini soffre il protagonismo debordante di Berlusconi e cerca uno spazio e un ruolo autonomo. Ma se critica Berlusconi da destra finisce in un vicolo cieco e in una nicchia, non trova alleati e interlocutori. Se lo contesta da fuori e da sinistra, invece, si amica il potere mediatico-salottiero del paese, dialoga con tutti, acquista agibilità. E così fa la scelta parallela e inversa di Casini: Pierferdi scarica Berlusca e si attacca al centro, (...) (...) ovvero rompe l’alleanza ma difende le sue origini democristiane, anche perchè gli consentono agibilità e interlocutori potenti. Fini fa l’inverso, resta con Berlusca ma scarica la destra, ovvero si smarca dai contenuti di ogni destra possibile, non solo nostalgica ma anche nazionale e conservatrice, moderna e tradizionale, rigorosa o populista, o perfino neo-dc. Una scelta non di idee ma tattica, perché quello è il suo orizzonte. Ma modernizzare la destra non vuol dire rovesciarne i presupposti, o peggio diventare una sinistra antiquata, che ad esempio riesuma l’antifascismo, come fa lui; vuol dire calare principi e sensibilità nel presente, in un nuovo linguaggio, tradurre in cultura un sentire. Prima di chiederci dove porterà, definiamo le linee di rottura di Fini. La prima rottura vistosa è con il neofascismo. Necessaria perché il nostalgismo, che pure aveva fatto campare Fini fino a pochi anni fa, confinava la destra in un ruolo di testimonianza impolitica. Ma un conto è ritenere morti e sepolti il fascismo e l’antifascismo, un altro è rivendicare come fa lui il valore politico dell’antifascismo oggi; un conto è condannare il regime autoritario, la guerra, le leggi razziali, un altro è ritenerlo il Male Assoluto e negare il resto. Oltretutto non è credibile rovesciare così le proprie opinioni espresse per 30 anni. Fini poi sfuma anche l’amor patrio, la difesa della tradizione nazionale, la sicurezza, la severità con i clandestini. L’unico nazionalismo che resta in Fini è filo-Israele. Il movente tattico è triplice: liberarsi di ogni posizione identitaria per fluidificare; differenziarsi dalla Lega, cedendole così ampi spazi; acquisire benemerenze a sinistra, nel circolo mediatico e nei poteri globali. Terza svolta, sui valori civili e religiosi, contro la sensibilità cattolica, la difesa della vita e della famiglia. Netta, dura, per giunta consumata nell’era di un Papa ritenuto conservatore, apostolo della Tradizione. E spazi ampi lasciati a Casini proprio quando si doveva coprire nel PdL quel vuoto cattolico. Ovunque la destra, a cominciare dagli Usa, si fonda su quelle battaglie civili, religiose e culturali; ma Fini sceglie la via opposta. Nessuno pensava ad una versione nuova del collateralismo con la Chiesa, alla Dc o peggio al clericalismo; ma Fini liquida valori condivisi e difesa della vita, religione civile e tradizioni. Sposa con ritardo il ”68. Infine, ultimo capovolgimento: ovunque la destra è decisionista, diffida del parlamentarismo, rafforza l’esecutivo. Fini sceglie il ruolo opposto, difende il parlamentarismo dal governo. Altra svolta tattica per farsi antagonista di Berlusconi, sfruttando il ruolo di presidente della Camera che la vittoria del medesimo gli ha donato. Lascio da parte le valutazioni morali, le convinzioni ideali e la coerenza, che non si usano. la prima volta che Fini sceglie da solo; finora aveva seguito Almirante, Tatarella, Berlusconi e altri. L’unico mezzo precedente di sua scelta fu l’alleanza con Segni: fu il peggior disastro elettorale di An. Ora ci torna. Certo, la legge elettorale è da cambiare, ma il referendum non cambia le cose necessarie, come il diritto di eleggere i rappresentanti; e in più spacca il governo. Vale la pena per quel referendum far saltare il governo e l’intesa con la Lega? Poi, è vero che la Lega pesa molto nel governo, e dal suo punto di vista fa bene; ma se la destra è sparita, se non si vede nel governo né sui grandi temi, se il suo leader fa il solista e si smarca, chi fa da contrappeso alla Lega? vero, il PdL non può vivere del suo leader, deve darsi una linea; ma quella di Fini non è una linea e non è accettabile dai suoi stessi elettori. Pongo alcune domande finali: si può essere eletti da uno schieramento e poi esprimere posizioni opposte a chi ti ha dato i voti? Dopo la risonanza mediatica, che spazio politico può avere collocarsi nella terra di nessuno, non avendo peraltro la forza e il talento per fare una rivoluzione copernicana? Chi è il civis finianus, dov’è l’elettore finiano, che ha idee radical, liberal, laico-massoniche, un po’ di sinistra, ma poi dovrebbe preferire Fini agli originali? Non è più facile che Fini prenda ancora i voti da chi non condivide o ignora la sua svolta ma ama la sua provenienza, il suo timbro di voce, le sue ovvietà; e prenda invece applausi da chi - sinistra, media, poteri forti - non lo voterebbe mai ma lo usa per indebolire e intralciare Berlusconi, frenare la Lega, liquidare la destra? E infine, che futuro fa per Fini? Ha scelto la posizione di notabile, di single indipendente e trasversale, studia da presidente bipartizan che tradotto nella geografia delle istituzioni vuol dire al massimo grado Quirinale e al minimo Authority di garanzia. Ma francamente non vedo un ruolo politico nel PdL. Penso però che in assenza di Berlusca, Fini cambierebbe abito e tattica, e farebbe pure marcia indietro. Tralascio i giudizi di modestia della sua persona e di scarsa attitudine al lavoro e mi attengo ai fatti: in politica da 40 anni, Fini non ha inventato nulla, nè An, il Polo o il PdL; non governò né gestì mai nulla, comiziò soltanto. Pensate davvero che lui possa cambiare la politica e guidare in futuro il Paese? Comunque auguri a Fini per la terza figlia in arrivo; almeno a casa sua fare futuro diventa realtà.