Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  giugno 11 Giovedì calendario

MULTE E BONUS CAFFE’, SCONTI SULLE TASSE L’«ARMATA» DEI 363 SINDACI DELLA LEGA


E il primo cittadino di Orzinuovi aiuta i disoccupati chiedendo prestiti alle banche

MILANO – Se proprio si deve prendere una multa, meglio puntare su Varallo Sesia. Qui, nell’alto vercel­lese, sotto al parabrezza troverete in­sieme al verbale un buono per pren­dere il caffè e pure un gratta e vinci: «Il caffè – spiega il sindaco Gianlu­ca Buonanno – serve per far sbolli­re l’arrabbiatura. E con il gratta e vin­ci, se siete fortunati, rientrate dalla contravvenzione».

 da qui che si può partire per comprendere le ragioni del dilagare della marea verde: prima dell’ultima tornata elettorale, la Lega disponeva di sei presidenti di Provincia. Oggi, sono dodici. Mentre i 202 sindaci, chiave di volta del consenso pada­no, ora sono 363. Sindaci come Buo­nanno che, con la loro sorprendente capacità di creare discussione e se­guito, cominciano a preoccupare lo stesso Pdl. Una popolarità costruita attraverso raffiche di ordinanze pro sicurezza, certo. Ma guadagnata so­prattutto con un pragmatismo attivi­sta e spregiudicato capace, per dirla con Mario Borghezio, «di interpreta­re d’acchito i sentimenti popolari». Insieme a un decisionismo ruspante che fa apparire inefficienti e farragi­nose le «scelte condivise» del rito cattolico e socialista. Le ordinanze sulla sicurezza, spesso, sono le stes­se dal Monviso al Collio: i sindaci se le scambiano attraverso il sito pada­niaoffice. org. «Una specie di serbato­io – spiega il responsabile Enti loca­li della Lega lombarda Giancarlo Pra­della – in cui i sindaci trovano spunti e magari ordinanze già pron­te per la firma». Quel che però fa la differenza è un’amministrazione che nel quotidiano dimentica le pun­te ideologiche più spinte per cercare un rapporto il più diretto possibile con gli elettori.

Di Buonanno, le cronache han già parlato: dall’incentivo di 50 euro per i concittadini che volessero dimagri­re, alle sagome in cartone dei vigili per scoraggiare le alte velocità: «Gli incidenti sono diminuiti del 30%» as­sicura lui. Per le strade, Buonanno saluta da manifesti che ne riportano il numero di cellulare: «La scocciatu­ra non sono i varallesi che mi segna­lano questo o quel problema. Sono i turisti che provano a fare il numero per vedere se è vero che rispondo io». Ma il marketing, da solo, non ba­sterebbe. Buonanno ha trasformato il centro di Varallo nel gioiellino che fu, riportando la piazza principale a come era nel 1860, con l’originaria pavimentazione in ciottoli del Sesia. Chi paga? Gli sponsor fanno molto: a Varallo ha il suo bravo marchietto persino la carta da lettere del munici­pio. Le opposizioni accusano Buo­nanno di essere un sindaco da vetri­na, di amministrare attraverso trova­te ad effetto. E i suoi concittadini? Nel 2007 gli hanno tributato l’81% dei consensi, con il Pd fermo a quo­ta 11%. Mica male, per una città che è medaglia d’oro per la Resistenza.

Spesso c’è la capacità di cavalcare pragmaticamente temi «di sinistra»: a Novara, Massimo Giordano in 16 mesi ha portato il suo comune dal 30 al 72% di raccolta differenziata: oggi è il primo in Italia. E chi dell’am­biente poco si cura, è contento lo stesso: Novara è uno dei municipi italiani in cui l’odiata tassa sui rifiuti è più bassa. Inoltre, in tempi di tra­sferimenti sempre più avari, Giorda­no è riuscito ad investire qualche co­sa come 200 milioni sul patrimonio pubblico: il broletto è appena stato inaugurato e l’anno prossimo i nova­resi potranno tornare a varcare i por­toni del loro castello, in buona parte chiuso da decenni: «Ma attenzione – spiega – Noi non riusciremmo ad avere risultati così forti senza un partito che spinge. I due livelli si ali­mentano: il partito mette i sindaci in condizione di lavorare e fa loro da scudo nei momenti di difficoltà, co­sa che negli altri partiti non mi risul­ta accadere».

Caravaggio, dal punto di vista me­diatico, è più conosciuta nei paesi di lingua spagnola che in Italia. Un ser­vizio del quotidiano spagnolo El Pais, ripreso da parecchie testate su­damericane, lo ha definito «il paese più xenofobo d’Italia» sulla base del­le numerose ordinanze che rendono complicato il soggiorno di chi non ha salde radici in provincia di Berga­mo. Il sindaco Giuseppe Prevedini – che per non lasciarsi sfuggire al­cun movimento ha avocato a sé le deleghe dell’anagrafe – non si scompone: «Sa perché? Quando ven­gono a chiedere la residenza io man­do i vigili a controllare le condizioni di abitabilità. Non è razzismo, è con­vivenza ». Prima che il governo Ber­lusconi abolisse l’Ici, Caravaggio era l’unico comune d’Italia in cui l’impo­sta sugli immobili era più bassa del 4 per mille fissato dalla legge. Eppu­re, grazie a un sistema di variazioni di bilancio pressoché mensili, Preve­dini riesce a metter le risorse dove servono. Ma sogna il federalismo fi­scale: «Se solo il 10% dell’Irpef rima­nesse sul territorio, avremmo 17 mi­lioni in più all’anno. Su un bilancio di 23 – sospira – veda un po’ lei... ». Comunque, già oggi Caravaggio ”2 milioni all’anno in assistenza su 16mila abitanti – ha servizi sociali dagli standard tra i più alti in Italia. Ma Prevedini è fierissimo anche del­la sua ragnatela di telecamere: sono 80, tutte coordinate da una centrale operativa stile Nasa. Ma contano i sindaci o conta il movimento? Con Prevedini un’idea ce la si può fare: lui ha preso il 65%, la Lega il 30%, il Pd il 25% e il Pdl non è arrivato al­l’ 8%. Normale che certi sindaci leghi­sti non siano proprio adorati dal par­tito del premier.

Soprattutto, molti mostrano ini­ziativa anche in campi di solito fuori dalla portata di un piccolo comune. A Orzinuovi, 11mila abitanti nel bre­sciano, ha chiuso la multinazionale delle frizioni Tmd, 190 posti di lavo­ro persi nel giro di un mattino. Che cosa ha fatto il sindaco Roberto Fau­stinelli? «Mi sono ingegnato. Grazie a una serie di incontri a Roma, abbia­mo strappato il raddoppio del perio­do di cassa integrazione. Poi, abbia­mo contrattato una convenzione con la banca locale, un prestito per coprire i mesi tra la perdita del po­sto di lavoro e l’erogazione della cas­sa integrazione». E ancora, il sinda­co ha pagato una serie di inserzioni sulla stampa locale per invitare le aziende del posto ad assumere i di­soccupati della Tmd: «In una decina di giorni, abbiamo trovato 12 posti di lavoro». Soprattutto, con una va­riante fulminea del piano regolatore Faustinelli è riuscito a convincere un’azienda a stabilirsi a Orzinuovi: tra un paio d’anni, circa 150 nuovi posti. Risultato politico: in lista con Faustinelli è entrata persino la sinda­calista della Cisl che aveva seguito la smobilitazione della Tmd.

A Godega di Sant’Urbano, il paese del ministro Luca Zaia nel trevigia­no, il sindaco Alessandro Bonet a suo tempo ha ampiamente anticipa­to il Piano casa del governo. Ma lo ha chiamato «Bonus famiglia»: «Per­ché noi consentiamo l’aumento di 200 metri cubi della propria abitazio­ne, ma soltanto ai figli o ai nipoti dei proprietari, che devono poi abitare nei nuovi locali per almeno dieci an­ni. Un modo per legare tra loro le ge­nerazioni, e le persone al territorio». Risultato: la Lega nel 2007 era al 30%, oggi è il primo partito al 42%. Con il Pdl a seguire, fermo al 21%: « il riconoscimento – spiega Bo­net – di un lavoro tra la gente che si può vedere e misurare».

E poi c’è il pragmatismo: leghisti sì, ma neppure troppo ideologici. Lo ammette Andrea Poggio, vicediretto­re di Legambiente: «Bisogna ricono­scere che non sono guidati dai pre­giudizi. In Forza Italia la chiusura ideologica è costante, gli ammini­­stratori sono tutti propensi a consi­derare l’ambientalismo una palla al piede. Con i leghisti questo non acca­de. Se non gliela fai troppo complica­ta, ti ascoltano». Di certo, si sanno far ascoltare