Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  giugno 11 Giovedì calendario

A TEHERAN IL VELO CAMBIATO

l’editrice del premio Nobel Shirin Ebadi, Shahla Lahiji, a mostrarmi la prima donna iraniana "svelata". Un ritratto di Fatima Baraqani, figlia di un teologo e poetessa. «Veniva chiamata Tahira, la pura, e si mostrò in pubblico senza chador. Arrestata, rifiutò ogni pentimento e venne giustiziata nel 1847». Fuori le strade di Teheran sono invase da migliaia di giovani sostenitrici del candidato Mir-Hussein Moussavi, l’antagonista più accreditato di Ahmadinejad: per loro l’hijab è diventato un foulard leggero appoggiato sulle chiome, che si scompone subito con un refolo di vento per rivelare che le donne sono una delle forze vive e trainanti della nazione. La moglie di Moussavi, Zahra Rahnavard, 64 anni, ha giocato un ruolo così rilevante in questa campagna elettorale che Ahmadinejad si è scagliato contro di lei insinuando che non abbia i titoli per insegnare storia dell’arte all’Università. Zahra è la prima moglie di un candidato a comparire nei comizi e a convocare conferenze stampa. «Rappresenta un simbolo per una generazione - spiega la Lahiji - che non ha più solo il matrimonio come obiettivo ma anche un posto di lavoro,l’indipendenza economica, l’autonomia dal marito».
Presentando la moglie sulla scena pubblica Moussavi punta al voto femminile, già decisivo per il trionfo elettorale di Mohammed Khatami nel ’97. Le donne sono il 60% degli iscritti all’Università, rappresentano il 35-40% della popolazione attiva e lottano per i loro diritti in una repubblica islamica ispirata dalla sharia. «Io e mio marito - dice Zahra Rhanavard - ci battiamo per l’uguaglianza tra uomo e donna, contro le discriminazione e gli interventi della polizia della morale, la milizia che organizza le ronde contro le donne malvelate». Niente di più diverso da Farahani, la consorte di Ahmadinejad, che riceve gli ospiti nella casa di Narmak avvolta in chador da capo a piedi. «Alle feste studentesche - raccontano le sue colleghe - insisteva perché le donne cenassero in una stanza separata dagli uomini».
Come intende il ruolo della donna la destra religiosa conservatrice lo spiega la signora Zahreh Tabibzadeh, a capo dell’Agenzia per la famiglia, che Ahmadinejad ha nominato vicepresidente. «In Iran l’uguaglianza è inconcepibile. Uomo e donna sono complementari ma non uguali, hanno doveri e diritti diversi. Con l’uguaglianza l’Occidente ha voluto cambiare la legge divina, incrinando la famiglia ». Per la verità anche la famiglia iraniana non appare più quella di un tempo. I tribunali sono affollati di donne che chiedono il divorzio, un matrimono su cinque finisce con la separazione dei coniugi, un aumento di quattro volte in 15 anni.
La moglie di Moussavi e la nipote di Khomeini, Zahra Eshraghi, hanno firmato la petizione "Un milione di firme per i diritti delle donne". «Chi è al potere vuole dimostrare che la parità è una mania da occidentalizzati, riservata a quattro gatti della borghesia benestante ma questa è una battaglia per tutte le iraniane » spiega Nahid Keshavarz, 36 anni, sociologa, un’attivista che ha passato qualche mese nel carcere di Evin. La campagna si basa su alcune modifiche del codice: abolire il dieh, il prezzo del sangue, secondo cui una donna vittima di una violenza o di un incidente, vale metà di un uomo; abolire la legge sulla testimonianza (servono due donne per pareggiare quella di un uomo); abolire la poligamia; elevare l’età minima del matrimonio per le donne da 13 a 18 anni; cambiare la legge che dopo i sette anni sottrae sempre i figli alla madre in caso di divorzio. Fatima Barraqani, un secolo e mezzo fa, fu la prima a togliersi il velo, oggi milioni di iraniane, sotto l’hijab, forse si preparano a cambiare presidente e un giorno anche la legge.