MARCO SARTI PER IL RIFORMISTA, 11 giugno 2009
Quando in Italia venivano a giocare Platini e Maradona - Meglio rassegnarsi, il nostro calcio è retrocesso in serie B
Quando in Italia venivano a giocare Platini e Maradona - Meglio rassegnarsi, il nostro calcio è retrocesso in serie B. Un tempo meta ambita dai grandi campioni, oggi il pallone italiano non attira più. Facciamocene una ragione, il nuovo Eldorado calcistico è altrove. In Spagna e Inghilterra, soprattutto. I campionati più belli, quelli più seguiti si giocano laggiù. Il primo assaggio di calciomercato a cui stiamo assistendo in questi giorni non è che la cartina tornasole di questa amara realtà. Il meccanismo è sotto gli occhi di tutti. Liga e Premier League, un tempo territorio di caccia dei ricchi club italiani, oggi ci rubano i migliori calciatori. E così i tifosi italiani sono costretti ad accontentarsi delle stelle, e non solo quelle, che militano in Bundesliga e nella Eredivisie olandese. La situazione inizia ad essere preoccupante. Kakà e Ibrahimovic erano unanimemente considerati i due principali esponenti del nostro campionato. A nemmeno una decina di giorni dalla fine del campionato ce li hanno già portati via. Del brasiliano si è detto e scritto di tutto. Del suo amore per il Milan, del suo proposito di non lasciare mai l’Italia. Eppure per portarlo a Madrid a Florentino Perez sono bastati pochi giorni. E una sessantina di milioni di euro. Dello svedese ancora non si sa nulla. A parte le sue dichiarazioni annoiate durante i festeggiamenti dello scudetto interista, in cui ha confermato il desiderio di cambiare aria. Probabilmente andrà al Barcellona. Ieri, come riporta Agipronews, i bookmaker inglesi hanno sospeso le scommesse sul suo trasferimento, segno che la conclusione dell’affare è molto vicina. Siamo finiti così. Eravamo il punto di arrivo nella carriera di qualsiasi campione. Siamo diventati una tappa di passaggio, neppure troppo richiesta. I tifosi di Milan, Juve e Inter sono costretti a consolarsi con Diego, Tasci, Dzeko e Arnautovic. Il primo è l’acquisto di punta del club bianconero. Brasiliano, è stato acquistato dal Werder Brema per 24 milioni di euro. Dei tanti nomi che circolano è sicuramente il migliore. Serdar Tasci è il secondo grande obiettivo di Cobolli Gigli. Turco, ma di passaporto tedesco, gioca nello Stoccarda. A Torino è chiamato a raccogliere l’eredità di gente come Gaetano Scirea e Sergio Brio. Poi c’è Edin Dzeko. Il Milan l’ha scovato in Germania (anche lui), nel Wolfsburg fresco di titolo. Era stato individuato come la nuova promessa del calcio. L’uomo in grado di prendere il posto di Kakà. Già questo potrebbe bastare per cogliere la pochezza del nostro calcio. Invece non verrà. notizia di ieri che i dirigenti del club tedesco hanno rifiutato con decisione la corte di Berlusconi. Arnautovic, nelle intenzioni dell’Inter, avrebbe dovuto sostituire Ibra in caso di partenza. Un attaccante giovane e di grandi prospettive, peccato che dal Twente - la squadra olandese in cui milita - sia arrivato a Milano accusando un misterioso, e a quanto pare grave, infortunio al collo del piede. Per ora la società di Moratti non ha ancora deciso come procedere. Non solo. C’è anche chi, come Yoann Gourcuff, alla serie A preferisce il campionato francese. Il Milan l’aveva girato in prestito al Bordeaux la scorsa stagione. Il diritto di riscatto a favore dei transalpini. Bene, nonostante il presidente Berlusconi avesse pubblicamente detto di volerlo riportare in Italia, il giovane centrocampista ha deciso di rimanere in Francia. Imbarazzante il comunicato del giocatore: «Vorrei ringraziare i calciatori e i dirigenti del Milan, con cui ho avuto un apprendistato del più alto livello». Come sono lontani gli anni 80. Al Barcellona, che oggi è pronto a tesserare Ibrahimovic, nel 1984 Ferlaino sfilò nientemeno che Diego Armando Maradona. Per portare il Pibe in Italia ci vollero 13 milardi di lire. Ma senza il fascino che il nostro campionato esercitava sull’immaginario popolare all’epoca, forse non se ne sarebbe fatto nulla. In quegli anni i campioni facevano a gara per venire da noi. Miti del calcio europeo come Platini, Rummenigge, Gullit e Van Basten. Ma anche i brasiliani Falcao e Zico, che pur di giocare in serie A scelsero la Roma e l’Udinese. Squadre, almeno sulla carta, di seconda fascia. Di Mendieta e De La Pena se ne ricordano in pochi. Eppure i due, quando lasciarono la Liga per arrivare in Italia, erano i calciatori spagnoli più richiesti in Europa. Se li accaparrò la Lazio di Cragnotti alla fine degli anni 90, pagando rispettivamente 93 e 30 miliardi di lire. Poi c’è il filone inglese. Per cogliere lo sprofondo in cui è finito oggi il nostro campionato non è necessario scomodare miti come John Charles (che la Juventus comprò nel 1957 per la cifra record di 65mila sterline). Basta ricordare David Platt, Paul Gascoigne, Paul Ince e Robbie Keane. Arrivarono in serie A negli anni 90. Erano le stelle della Premier. Un po’ come se oggi il Bari (dove Platt approdò nel 1991) acquistasse John Terry. Fantascienza pura. Beckham a parte, l’ultimo suddito di Sua Maestà a giocare in Italia fu un certo Jay Bothroyd. Lo scovò Luciano Gaucci nel Bradford City e lo portò a Perugia. Dopo poche apparizioni e cinque gol tornò in Inghilterra. Adesso non se lo ricordano più nemmeno in Umbria. Proprio alla fine degli anni 90 la tendenza si è invertita. L’opinione pubblica si stupì quando Gianluca Vialli e Gianfranco Zola si trasferirono oltremanica. Per l’epoca era una cosa piuttosto rara. Il calcio tricolore, quello dei club almeno, stava iniziando il suo declino. Oggi Fabio Capello siede sulla panchina della Nazionale inglese. Tanti calciatori azzurri giocano all’estero. Tra questi i senatori della squadra campione del Mondo come Luca Toni, che alla serie A ha preferito la Bundesliga. Oppure le giovani promesse come Giuseppe Rossi, che gioca in Spagna nel Villarreal. Ma anche Andrea Dossena, che fa la panchina in Premier League e Morgan De Sanctis, che milita nel campionato turco.