TOMMASO LABATE, IL RIFORMISTA 11/6/2009, 11 giugno 2009
Prima sfida: Prodi contro Veltroni - L’uno e l’altro, che tredici anni fa erano inseparabili sotto l’ombrello di palazzo Chigi, ora sono nemici giurati
Prima sfida: Prodi contro Veltroni - L’uno e l’altro, che tredici anni fa erano inseparabili sotto l’ombrello di palazzo Chigi, ora sono nemici giurati. Non si vedono né si sentono più dalla telefonata che il primo ha fatto al secondo qualche mese fa, giusto per avvisarlo che «lascio la guida del partito». Stop. Il secondo ha atteso qualche settimana; quindi, ospite di Fabio Fazio, ha rifilato un memorabile siluro all’ex amico, chiamandolo in correità per la caduta del suo governo: della serie «la sua linea dell’andare da soli alle elezioni non era la mia». Astinenza finita, per entrambi. Walter Veltroni e Romano Prodi sono pronti al rientro alla politica «attiva». Dentro il Pd. Al congresso di ottobre staranno dalle parti opposte della barricata: l’ex sindaco, con una sua area, guidata da Debora Serracchiani, la vice in pectore di Dario Franceschini; l’ex premier, tentato da un possibile ritorno alla presidenza del Pd, al fianco di Bersani, «l’amico Pier Luigi», il ministro che con le sue liberalizzazioni ha consentito al Prodi 2006-2008 di godersi uno dei pochi momenti di popolarità. Coloro che tra i democrat li guardano con diffidenza sottolineano che l’unico punto in comune tra i due è «il desiderio di prendersi una rivincita», di «vendicarsi», come due contemporanei «conti di Montecristo». Di certo c’è che sia «Romano» che «Walter» stanno calibrando ogni singolo passo con prudenza, molta prudenza. La «proposta», Prodi, l’ha ricevuta una decina di giorni fa. In un incontro riservato con Bersani che si è tenuto a Bologna, l’ex ministro dello Sviluppo economico ha chiesto al Professore «una scelta di campo» in vista del congresso. Prodi, convinto che da Bersani leader possa arrivare quell’impulso in grado di invertire la rotta dei democrat, sta seriamente pensando a un endorsement pubblico, che probabilmente arriverà dopo i ballottaggi. La cautela del Professore non è legata al giudizio sulle potenzialità della candidatura del suo ex ministro, anzi. Più che altro, come lui stesso ha chiarito nel faccia a faccia bolognese, Romano vuole prima capire «come si metteranno a posto tutti i tasselli». Su tutti quelli di Massimo D’Alema. I segnali della matrice anche "prodiana" della corsa di Bersani già s’intravedono. Mister Liberalizzazioni ha chiesto a Enrico Letta e Rosy Bindi di accompagnarlo, entrambi nel ruolo di «vice», nella grande avventura congressuale. Il primo scioglierà la riserva entro il fine settimana mentre la seconda ha già deciso che sarà della partita. L’incognita D’Alema, che ha smentito lo scenario di Repubblica su una sua possibile candidatura a segretario, è la variabile da cui dipenderà la discesa di Veltroni nel campo franceschiniano. La ricostruzione di Massimo Giannini, però, sembra aver insinuato il dubbio in buona parte del Pd. Senz’altro nell’animo di «Walter», che ieri ha messo a verbale: «Io rispetto la tregua prima dei ballottaggi chiesta da Franceschini». E pure in quello di «Dario», che a Montecitorio ha raccontato di «aver ritagliato l’articolo» per reggerlo ad elezioni archiviate. Domanda: quale sarà il ruolo di Veltroni nel campo di Franceschini, visto che quest’ultimo ha già promesso a Piero Fassino la presidenza del partito? La risposta arriva da alcuni ex veltroniani. Che, conoscendo bene il loro vecchio segretario, sostengono che «Walter si è come "dalemizzato"», «si è messo in testa di voler fare il king maker». L’operazione, ormai nota, è quella che porterebbe Debora Serracchiani a correre al congresso. In tandem con Dario, tanto per cominciare.