Giacomo Galeazzi, La stampa 10/06/2009, 10 giugno 2009
L’ANGELO CUSTODE DEI PAPI
Lascia il Vaticano portando con sé 43 discretissimi anni trascorsi accanto a quattro Pontefici e uno scrigno di memorie e di esperienze da far impallidire i segreti di «Angeli e demoni».
Il maggiore Peter Hasler era in servizio in piazza San Pietro il 13 maggio 1981 quando Alì Agca sparò a Giovanni Paolo II e, due anni fa, fu lui a bloccare il giovane tedesco che tentò di aggredire Benedetto XVI durante un bagno di folla in papamobile. Ora, in un’udienza privata, Joseph Ratzinger si è sdebitato con un congedo particolarmente caloroso riservato al suo «angelo custode» che va in pensione. Da decano delle Guardie Svizzere e custode di quattro pontificati serviti anche nei viaggi apostolici, appena sente parlare di «ricordi» da snocciolare si spazientisce e, in linea con un riserbo mantenuto mezzo secolo, sbotta che «quel che ha visto, sentito e vissuto non intenderlo metterlo in piazza».
Eppure, tra commilitoni, non poche volte il suo eccezionale patrimonio di testimonianze è servito ad acclimatare una recluta recalcitrante o a relativizzare la questione del momento alla luce dei «problemi superati nel passato». Hasler, ribattezzato in Curia l’«ombra del Papa» per aver seguito il Pontefice in ogni suo spostamento, ha mantenuto salda la barra di navigazione dell’esercito vaticano undici anni fa, in uno dei momenti più difficili della sua storia secolare. E cioè quando (secondo la sentenza di archiviazione del giudice unico della Santa Sede, Gianluigi Marrone) il vicecaporale Cedric Tournay ha ucciso il comandante delle Guardie Svizzere Alois Estermann e sua moglie Gladys Meza in preda a un raptus motivato dal rifiuto di una promozione e poi si è tolto la vita.
In questi giorni a Peter Hasler, uno degli ufficiali che ha prestato servizio più a lungo tra i ranghi della Guardia Svizzera, sono stati tributati tutti gli onori, incluso un articolo corredato da foto sull’ «Osservatore romano». Ha lasciato l’incarico con una solenne cerimonia pubblica che si è svolta nel cortile d’onore del quartiere svizzero della Città del Vaticano. Il nuovo comandante Daniel Rudolf Anrig ha voluto ricordare «la passione nel servizio alla guardia e al Santo Padre» e «il grande senso di responsabilità» dimostrato negli anni. Durante le vacanze natalizie di tre anni fa il suo apporto è stato fondamentale per svelenire l’aria di fronda nella Guardia Svizzera. «E’ in atto un ammutinamento- scrisse il quotidiano ”The Indipendent”-.L’ esercito del Vaticano si ribella al proprio comandante Elmar Theodore Mader per il divieto di partecipare o organizzare i tradizionali veglioni di fine anno e per l’imposizione del coprifuoco alla mezzanotte».
Toccò proprio ad Hasler l’incarico di mediare tra il comandante infuriato per la «disciplina allentata e i comportamenti poco consoni» e le reclute «più giovani e meno dotate di autocontrollo». Alla fine tornò il sereno tra i 130 «guardiani» d’Oltretevere, l’unico corpo militare pontificio (cinque secoli di storia) tuttora esistente dopo che gli altri furono cancellati da Paolo VI nel 1970. Gli armati, reclutati nei cantoni elvetici, includono quattro ufficiali, sei alabardieri e due tamburini. Ogni mese nella caserma d’Oltretevere vengono tenute sessioni sulla sicurezza, oltre ai corsi «full immersion» di informatica, comunicazione e condotta, mentre gli ufficiali e i sottufficiali periodicamente vengono mandati in Svizzera con l’obiettivo di tenerli aggiornati sulle tecniche per proteggere il Papa.
Nonostante le dimensioni ridotte, le «bodyguards» del Pontefice osservano un’inflessibile disciplina militare, nel ricordo del sacrificio compiuto il 6 maggio 1527, durante il sacco di Roma, per difendere Clemente VII dai Lanzichenecchi. Da militari-simbolo costituiscono uno dei gradi ufficiali della Curia nell’ambito della Casa pontificia.
Alla vigilia del «congedo definitivo», al maggiore Hasler il Pontefice ha conferito la commenda dell’ordine Piano. Appassionato di musica è l’ultimo testimone in divisa di antiche tradizioni, come la consuetudine fino agli anni Sessanta degli alabardieri di suonare i «flauti militari» («fifres») assieme ai tamburi durante il giuramento delle reclute. A lui il riconoscimento dei Sacri Palazzi di aver sempre garantito «il servizio militare e di sorveglianza con la nobiltà che ha sempre contraddistinto le Guardie Svizzere».