Maria Corbi, La stampa 10/06/2009, 10 giugno 2009
CHINATOWN ERA ROSSA LA PAURA LA FA AZZURRA
Chinatown? No Prato, via Pistoiese, una fettuccia che corre dalle mura del centro fino a Pistoia. Da questa roccaforte cinese in terra toscana bisogna partire per capire il crollo della sinistra in uno dei suoi feudi. Costretta al ballottaggio per Comune e Provincia, con il centrodestra che avanza cavalcando il malessere di una città colonizzata.
«Si, colonizzata, lo scriva pure», dice Nadio, che un tempo aveva una piccola azienda di tessuti e adesso campa con l’affitto che gli pagano i cinesi. Ma non è contento e ha paura: «Non scriva il mio nome per carità». E quando è l’assessore alla società multietnica, Andrea Frattani, pd, a dire: «Ha ragione, ho paura anche io», si inizia a percepire il disagio che ha portato al testa a testa i candidati dei due schieramenti a Comune e Provincia. Ieri e oggi riunioni del comitato elettorale. Il presidente Virgilio Chiani spiega: «Stiamo cercando di analizzare il voto alla luce del fatto che le maggiori perdite si sono avute proprio nelle zone che hanno maggiormente a che fare con i cinesi». Lo sanno anche i graduati del Pd locale che è ora di cambiare strategia, di smetterla di dire che «i cinesi non sono il problema», di smetterla di liquidare il problema con due sole parole: legalità e integrazione. «Non basta», ribatte Nadio che mostra come la sua via sia diventata una strada di Pechino, con il pesce appeso sui terrazzi a seccare, le lanterne rosse, la puzza di fritto.
Folclore. Ma non è questo il motivo di tanta rabbia e intolleranza. Lo sa anche Nadio quando ci mostra la sua vecchia casa, quando era orgoglioso di essere un artigiano del tessile. Oggi in quella casa, in quel capannone, ci sono cinesi e lui prende l’affitto che sostituisce gli ammortizzatori sociali, come spiega lo stesso Frattani che è arrabbiato, molto arrabbiato dopo questo voto elettorale che ha sfogato disagio e paure. «Sì, è il momento di dire le cose come stanno, in campagna elettorale abbiamo parlato poco dei cinesi, per pudore, per paura di mettere i piedi nel piatto come si dice da queste parti». Mentre quando il ministro delle politiche comunitarie Andrea Ronchi è arrivato a dare il suo sostegno al candidato del centro destra, Roberto Cenni, ha avuto parole chiare: «Libereremo Prato dall’invasione cinese». «Sono gli operai che hanno dato il loro voto al centro destra per protesta», continua Frattani. «Non siamo stati in grado di fargli capire la situazione e come si può cambiare». Per capire la situazione partiamo dai numeri: a Prato ci sono 3500 imprese cinesi che occupano 20mila operai. Tutti cinesi. «Non siamo riusciti a spiegare quello che è successo. Prima la catastrofe della Bossi-Fini che con la sanatoria ha triplicato gli stranieri. Nel 2002 erano 13mila, oggi 33mila». Il 60 per cento cinesi. E se prima erano nascosti adesso i pratesi se li ritrovano nei condomini. E poi ci sono stati gli imprenditori, come il candidato-sindaco del centro destra, Roberto Cenni, proprietario della Sasch, che alla fine degli anni ’90 ha delocalizzato la produzione in Cina e Romania facendo poi confezionare il prodotto a Prato dai cinesi. Senza contare i tanti artigiani che hanno ritenuto più conveniente affittare casa e bottega ai cinesi e percepire un affitto come rendita».
Giustificazioni post-batosta? Non solo, perché Frattani ammette che né il governo Prodi né quello di Berlusconi hanno fatto niente per evitare una situazione insostenibile». E basta passeggiare per via Pistoiese o via Fabio Filzi per capirlo. Integrazione, comunicazione sono parole vuote da queste parti. Alberto ricorda che «Prato non è di destra ed è governata da 62 anni dal centro sinistra che ha consegnato la città ai cinesi». Per questo lui ha votato Berlusconi anche se suo nonno era un partigiano, poi comunista come suo padre.
Nella roccaforte del partito democratico aleggia il malumore, sembra impossibile perdere. Ma i numeri dicono altro. Soprattutto quel 2,7 per cento ottenuto dalla lista dell’ex poliziotto Aldo Milone cha ha combattuto una campagna elettorale al grido di «Prato libera».