Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  giugno 10 Mercoledì calendario

«Né la prigione né la morte potranno impedire la nostra vittoria finale». Sono queste le ultime parole che l’eroe nigeriano Ken Saro Wiwa, lo scrittore, attivista e ambientalista che divenne leggenda per il popolo Ogoni, pronunciò nel 1995 di fronte alla corte che lo condannava a morte

«Né la prigione né la morte potranno impedire la nostra vittoria finale». Sono queste le ultime parole che l’eroe nigeriano Ken Saro Wiwa, lo scrittore, attivista e ambientalista che divenne leggenda per il popolo Ogoni, pronunciò nel 1995 di fronte alla corte che lo condannava a morte. Insieme ad altre otto persone della sua etnia, radicata nel delta del Niger, venne assurdamente giudicato colpevole per l’uccisione di quattro leader locali: accusa risibile, che tutti considerarono infondata. Oggi il figlio Ken Saro Wiva junior ritiene che quelle parole siano state profetiche: suo padre, morto ormai da 14 anni, ha vinto la sua battaglia contro le multinazionali del petrolio e contro lo sfruttamento dell’Africa che ha devastato il continente nell’era dell’indipendenza. La Shell, il leggendario colosso anglo-olandese del petrolio, perseguita sin dal 1996 per complicità con il governo nigeriano nell’uccisione degli Ogoni che si opponevano ai suoi metodi di estrazione nelle loro terre ancestrali, ha accettato di pagare un risarcimento importante alle famiglie delle vittime. 15,5 milioni di dollari di patteggiamento per evitare il processo, che avrebbe avuto inizio tra pochi giorni degli Usa. Una legge americana che risale al 1789, infatti, prevede di accogliere istanze per violazioni di diritti umani compiuti fuori dal territorio americano da parte di gruppi o individui attivi anche negli Usa. Non è un’ammissione di colpevolezza: i portavoce della Shell respingono l’accusa di aver sostenuto militarmente il governo nigeriano contro gli Ogoni in quegli infuocati anni ’90, e preferiscono parlare di «gesto umanitario per favorire la riconciliazione». «Anche se eravamo pronti ad andare in tribunale per ripulire il nostro buon nome - ha dichiarato il portavoce Mallcolm Brinded - riteniamo che la scelta migliore sia quella di concentrarsi sul futuro del popolo Ogoni, per favorire la pace e la stabilità della regione».  una storia di vecchia data, quella di Shell nel delta del Niger, zona ricchissima di oro nero. Inizia negli anni ’50, quando il governo dà il suo benestare alle prime estrazioni di greggio da parte di Mobil, Chevron e Shell. Le conseguenze si rivelano presto devastanti per il territorio degli Ogoni, che vivono di pesca ed agricoltura, compromettendone in maniera irrevocabile l’ecosistema. Per attirare l’attenzione sulla grave situazione, Ken Saro Wiwa si fa portavoce delle rivendicazioni del suo popolo e inizia una campagna non violenta contro la classe dirigente al potere e contro la Shell. Nel 1990 fonda il Movement for the Survival of the Ogoni People (Mosop) che chiede maggiore autonomia per il suo popolo, una giusta suddivisione dei ricavi dell’estrazione del petrolio e rimedi ai danni ambientali. del 1992 il primo arresto senza processo da parte del governo militare. Nello stesso anno Ken Saro Wiwa pubblica Genocide in Nigeria: the Ogoni Tragedy e l’anno dopo 300mila Ogoni marciano per protesta in quattro centri della regione. Le pressioni sono troppe e la Shell è costretta ad abbandonare il delta. Ma il governo nigeriano non ci sta a lasciar andare, insieme alla multinazionale, gran parte delle entrate dello stato. L’esercito sceglie la linea dura e massacra migliaia di Ogoni. Ken Saro Wiwa viene nuovamente arrestato e condannato a morte al termine di un processo duramente contestato dalle organizzazioni per i diritti umani e da alcuni governi occidentali. Il 10 novembre 1995 lui e altri otto leader del Mosop vengono impiccati dal governo del Generale Sani Abachi, provocando l’immediata sospensione della Nigeria dal Commonwealth. Nel clima di generale sgomento, a pochi giorni dall’esecuzione, Agip e Shell firmano un nuovo accordo per la gestione del metano nigeriano. Alla corte che lo condannerà Ken Saro Wiwa dice: «Tutti noi siamo di fronte alla Storia. Provo sgomento per la vergognosa povertà del mio popolo che vive su una terra molto ricca. Ho dedicato tutte le mie risorse materiali ed intellettuali a una causa nella quale credo totalmente, sulla quale non posso essere zittito. Non ho dubbi sul fatto che, alla fine, la mia causa vincerà». Oggi la pensa così anche Judiht Chomski, tra gli avvocati dello statunitense Center for Constitutional Rights che 13 anni fa avviò la causa contro Shell. Da oggi, ha detto, le multinazionali sono avvisate: non possono più agire nell’impunità, sfruttando le ricchezze del pianeta a danno dei più poveri. Finalmente anche loro, come i privati cittadini, sono considerati perseguibili per le violazioni dei diritti umani.