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 2009  giugno 10 Mercoledì calendario

NEL 2008 LICENZIATI CINQUE MILA MANAGER

La flessibilità e la dinamicità che caratterizzano il composito mondo delle piccole e medie imprese manifatturiere italiane stanno salvando le carriere dei manager dall’ondata di licenziamenti innescata dalla negativa congiuntura economica. Promelec International, società italiana di executive search, ha cercato di fotografare la situazione delle aziende italiane a ormai sette mesi dall’inizio della crisi e il risultato è che, a fronte di un quadro "generalmente preoccupante" per quanto riguarda la stabilità del mercato del lavoro dirigenziale, è proprio lo zoccolo duro delle realtà produttive di piccole e medie dimensioni quello capace di garantire sicurezza e continuità d’impiego.
Un dato su tutti: secondo le stime contenute nello studio, sono stati 5mila i manager licenziati nel 2008 (erano 3mila nel 2007, cioè il 40% in meno), mentre non hanno raggiunto quota 2.800 le nuove assunzioni, il che porta a un saldo negativo di 2.200 posti. Di queste 2.800 assunzioni, il 35% riguarda appunto contratti firmati da piccole e medie aziende manifatturiere.
Un tessuto imprenditoriale, scorrendo i numeri contenuti della ricerca appena conclusa da Mediobanca e Unioncamere, composto da 4mila imprese industriali di medie dimensioni (che occupano cioè da 50 a 499 dipendenti e realizzano fatturati tra 13 ai 290 milioni di euro), cui si aggiungono 600 realtà medio- grandi con fatturati fino a 3 miliardi di euro.
«Si tratta di aziende che appartengono ai settori chiave del Made in Italy - spiegano da Promelec - , dalla moda e abbigliamento ai manufatti per l’edilizia, dall’arredamento e oggettistica per la casa fino all’automazione meccanica e plastica. Nella maggior parte dei casi, le aziende in questione hanno i connotati di piccole multinazionali con stabilimenti produttivi e filiali commerciali a livello internazionale, accomunate dal posizionamento nell’alto di gamma dei rispettivi mercati e da una solida vocazione all’export».
Ne sono un esempio firme come il Gruppo Fontana, Sacmi Group, Landi Renzo, Flos, Missoni, System, Caleffi, B&B, Vimar e Ceramiche Atlas Concorde.
«Le medie e medio-grandi imprese manifatturiere italiane non sono immuni agli effetti del calo della domanda a livello internazionale e della stretta creditizia, ma hanno il vantaggio di essere più flessibili, più dinamiche rispetto ai grandi gruppi multinazionali», spiega Maurizio Cuocci, partner di Promelec International. «Le dimensioni organizzative più contenute e i processi decisionali più rapidi - continua - consentono loro di definire e attuare nuove strategie d’azione per contrastare la crisi. Inoltre sono più veloci nel cogliere nuove opportunità di business o nell’aggredire nuovi mercati».
Nuovi mercati come, appunto, quello delle energie rinnovabili: «In Italia - afferma Silvia Macchini, responsabile del settore energia della società - la green energy è un comparto promettente e in espansione, ancorché in ritardo rispetto ad altri Paesi europei. Nella zona Ue a 27 si prevede infatti che il settore delle energie rinnovabili creerà nei prossimi anni 520mila nuovi posti di lavoro, di cui 100mila in Italia. Il nostro ritardo si rispecchia nella mancanza di manager e figure professionali qualificate, il che rischia di lasciare inevasa la crescente richiesta di executive (+40% nel 2008 rispetto al 2007)».
Nella fattispecie, i profili più ricercati dalle aziende riguardano project leader, project manager e business developer.
«Perché il piano sulla produzione energetica si realizzi conclude la Macchini - , dobbiamo cambiare totalmente rotta riguardo alle energie sostenibili. Ma qualcosa si sta muovendo e lo conferma il fatto che stiamo ricevendo parecchi incarichi per ricercare figure di questo tipo».