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 2009  giugno 09 Martedì calendario

LA SVOLTA DRAMMATICA DI DE SICA: CATTIVO SUL SET, «IMPARO A RECITARE»


«A teatro vorrei fare Otello: ma mi prenderebbero sul serio?»

Il personaggio
Il re dei cinepanettoni gira «Il figlio più piccolo» di Avati «A Pupi non piacciono gli attori impostati. Quando scivolo nello stereotipo mi urla: sei troppo falso»

ROMA – Da più di trent’anni Pupi Avati e Christian De Sica non si incontra­vano sul set di un film. Da quando, nel 1976, girarono Bordella. Ricorda l’attore: «All’epoca eravamo tutti più scapigliati, pensavamo di cambiare il mondo con quel genere di film cosiddetti di ’rottura’: ed erano dei film che rompevano soprat­tutto il pubblico, tanto che hanno fatto malissimo al cinema italiano. Bordella era uno di questi: un film antiamericano, dove si ipotizzava che gli Stati Uniti, per allargare il loro dominio, creassero una multinazionale per spacciare felicità con sesso, droga e gioco. Naturalmente, ci fu impedito di presentarlo oltreoceano». Al­tri tempi e un altro Avati: «Innanzitutto il nomignolo che aveva scelto, Pupi, era strano. Poi, portava barba e capelli lun­ghi, somigliava vagamente a Francesco Guccini. Ricordo la sua maglietta, con so­pra scritto in inglese Dottor Stranamore. Quando l’ho rivisto sul set del Figlio più

piccolo – continua De Sica – mi è appar­so un professore compunto. Ora somiglia un po’ a mio padre: come lui è molto di­sponibile, ma sa essere cattivissimo, è uno che non se la tira, ma è snobissimo e anche un pizzico permaloso». In che sen­so? «Quando mi ha telefonato per propor­mi il ruolo, il mio primo ruolo drammati­co, ho avuto un attimo di esitazione, non perché non volessi accettarlo, ma per veri­ficare se le date di lavorazione coincideva­no con i miei impegni. E lui, interpretan­do male la mia esitazione, ha tagliato cor­to: ’Se non vuoi accettare, chiamo un al­tro’. Mi sono affrettato a rispondere che accoglievo la proposta con gioia».

Differenze di vedute sul set? «Non gli piacciono gli attori che recitano imposta­ti. Io sono uno capace a imbrogliare i regi­sti, ma lui mi sgamava sempre e, quando scivolavo nello stereotipo, mi urlava ’Cri­sto! Ma sei troppo falso!’. E poi ci impo­neva di recitare tutti sottovoce e io, essen­do sordo da un orecchio, per capire ciò che dicevano i colleghi ero costretto a guardare il labiale. Un maestro di recita­zione, mi sono messo nelle sue mani do­cilmente ». Il personaggio che interpreta De Sica è quello di un imprenditore disonesto: «Un imbroglione senza scrupoli – racconta – che pur di salvarsi arriva a rovinare il figlio, ma finisce in galera. uno che im­broglia anche la moglie (Laura Morante ndr): una donna candida fino alla stupidi­tà, che io sposo nel giorno in cui decido di lasciarla». Un personaggio che ha qual­cosa in comune con i simpatici cialtroni già interpretati da Christian: «C’è qualche affinità, ma se nei cinepanettoni faccio di­ventare pregi i difetti del personaggio, puntando all’effetto comico, qui è il con­trario: ho esaltato la negatività. una sto­ria amarissima, ma anche molto diverten­te, alla Monicelli, dura, cinica».

Il modello è la grande commedia al­l’italiana? «Sì, ma non ceduto alla tenta­zione di rifare il verso ad Alberto Sordi. Mi sono rifatto a un modello più vero umanamente». Quella verità che De Sica ha saputo trasmettere al pubblico anche dal palcoscenico con «Parlami di me», l’one-man-show con cui, nelle passate stagioni, ha sbancato i botteghini: «In te­atro ho capito il bene che mi vuole la gen­te. Ogni sera dialogavo con gli spettatori: non si limitavano ad assistere, ma mi fa­cevano domande sulla mia vita. Però il te­atro è molto faticoso – sospira ”, chi lo fa è un martire: non vede mai il sole, dor­me quando gli altri sono in giro, lavora quando gli altri spesso dormono. E poi il guadagno non è quello del cinema, è piuttosto micragnoso». Sarà un lavoro da martiri, ma De Sica non ci rinuncia: «Non so se sarei all’altezza, ma sogno di fare Otello: è il simbolo del grande tea­tro, ma anche del cinema, ricordo la stra­ordinaria interpretazione di Orson Wel­les. E poi Otello sono io: la passione, la gelosia...». E c’è anche un altro protagoni­sta, stavolta brechtiano, che solletica la sua fantasia: «Mackie Messer sono io! Un cialtrone strafottente. Conosco a memo­ria tutte le canzoni di Kurt Weill. Mi piace­rebbe essere diretto da registi come Paolo Sor­rentino, oppure Mat­teo Garrone, Toni Ser­villo... gli lancio un ap­pello ». Ma è un proget­to sulla storia della commedia musicale italiana, quello cui sta pensando: «Enzo Gari­nei mi ha proposto di fare ’Sistineide’, spettacolo che ripercor­re tutto il repertorio della premiata ditta Garinei & Giovannini».

Intanto, De Sica si muove sul fronte fic­tion: « un vecchio progetto, che finora non sono riuscito a realizzare al cinema, ma che potrebbe diventare uno straordi­nario tv-movie: ’La porta del cielo’, un omaggio alla storia d’amore tra mio pa­dre e mia madre».