Francesco Manacorda, La stampa 9/6/2009, 9 giugno 2009
I SEGRE E IL RITORNO DELLA FINANZA TORINESE
Una coincidenza, solo una coincidenza, assicurano a Torino. Ma certo lo stupefacente concretizzarsi in una manciata di ore di due distinte Opa in partenza dallo stesso indirizzo - lo studio da commercialisti di Franca Bruna Segre e suo figlio Massimo in via Valeggio, zona Crocetta, cuore della Torino «bene» - dà il segno che in questa tarda primavera, dove il mondo della finanza pare procedere senza grandi obiettivi, qualcosa si muove. E lo fa dove meno ci si aspettava, fuori dalle stanze delle grandi banche, ridisegnando comunque un ampio sistema di relazioni e di potere.
Un sistema che parte dall’alleato storico Carlo De Benedetti, che proprio oggi annuncerà la sua intenzione di aderire all’Opa dei Segre su Management & Capitali dando così l’addio alla sua più giovane e assai rachitica creatura societaria, si sviluppa verso l’Ipi di Danilo Coppola - «che per me è come un figlio», signora Franca dixit - e passa per quel crocevia di interessi subalpini che è la Banca Intermobiliare, dove i Segre condividono gioie (ultimamente poche) e affanni con un altro gruppo di famiglie che ne guidano l’azionariato: i D’Aguì, i Giovannone, gli Scanferlin.
Un mondo complesso dove alcuni rapporti - quella dell’Ingegnere con la famiglia Segre - restano inossidabili anche adesso che De Benedetti pare intenzionato a tirare i remi in barca. Proprio Massimo, consigliere di M&C, ad esempio, lo scorso anno ha ricevuto dalla società la bella cifra di 553 mila euro di compensi, in prevalenza per prestazioni professionali.
Altri rapporti appaiono invece soggetti all’usura del tempo e delle circostanze. Pietro D’Aguì, amministratore delegato della Bim, fu ad esempio padrino della prima figlia di Coppola; di recente l’ex «furbetto» lo ha denunciato alla Procura di Milano per truffa aggravata. Vicende che bruciano - quelle legate al crollo di Coppola in particolare - in via Valeggio, dove le impiegate circolano ancora con il grembiule nero e la riservatezza è elevata a stile di vita. La signora Segre e suo figlio, ad esempio, sono stati quasi più stupiti dal fatto che sui giornali degli ultimi giorni ci fossero foto che li raffiguravano assieme che non dall’attenzione pubblica per le loro mosse.
Dunque, in un solo fine settimana i Segre vanno all’attacco attraverso la holding di famiglia Mi.mo.se. - sede in via Valeggio ovviamente - con l’Opa totalitaria su M&C e con l’offerta alla stessa Banca Intermobiliare (Bim), che ieri l’ha approvata dopo aver ottenuto un rialzo di prezzo a 1,90 euro per azione, di comprare il suo 50,8% in Ipi preparandosi così a lanciare anche su questa società un’Opa obbligatoria alla quale aderirà pure - è già scritto - il grande socio Coppola. Ma perché e per arrivare dove?
Il perché, spiegano a Torino va distinto nei due casi, dove solo i tempi sono coincidenti. Proprio oggi, infatti, si verificano, in contemporanea la chiusura dell’Opa lanciata dalla Bim sull’Ipi a 1,30 euro per azione e la convocazione dell’assemblea straordinaria di M&C che dovrà distribuire ai soci 0,62 euro per azione. Da qui la necessità di intervenire - si chiarisce - in contemporanea su due situazioni distinte e che tali resteranno.
Più difficile, visto anche il riserbo dei protagonisti, chiarire quale sarà il capitolo finale della doppia Opa. Su M&C l’intervento appare concordato con De Benedetti - ma ieri l’Ingegnere in alcuni colloqui avrebbe negato di essere a conoscenza dell’operazione - che ha visto fallire occasione dopo occasione la società che avrebbe dovuto essere una sorta di fondo «salva imprese» in difficoltà e poi si è trasformato in un più tradizionale, ma non per questo più attivo, private equity. L’Opa dei Segre, che costerà loro solo 38 milioni, assicura a tutti i soci parità di trattamento e permette a De Benedetti, che sempre oggi ne abbandonerà la presidenza, il disimpegno e l’incasso di qualche milione.
Per quel che riguarda l’Ipi, dove hanno come advisor la Borghesi & Colombo, i Segre sostengono - l’hanno scritto a questo giornale - che la loro offerta non favorisce Coppola. Intanto, però, l’immobiliarista potrà vendere il suo 30% a un prezzo di circa il 45% superiore a quello offerto dalla Bim. Per l’Ipi si prospetta la probabile strada di un delisting, mentre M&C dovrebbe rimanere quotata ma al momento sostanzialmente vuota. E dopo? La risposta dipenderà molto dai futuri rapporti dei Segre con le altre famiglie azioniste della Bim, cui si è aggiunta da qualche tempo Veneto Banca. Se proprio grazie all’operazione Ipi - che prevede anche un piano di rientro del debito di Coppola nei confronti della banca torinese e la rinuncia da parte dell’immobiliarista ad azioni legali - i rapporti con i D’Aguì e gli altri soci torneranno sereni il futuro di M&C resterà tutto da scrivere. Altrimenti, se le cose non dovessero mettersi al meglio, con una società quotata sotto mano in via Valeggio resterà comunque una pratica via d’uscita. Via libera della Compagnia di San Paolo all’acquisto del 2% di Intesa Sanpaolo. Ieri il Comitato di gestione della Compagnia di San Paolo, si legge in una nota, «esaurita la fase amministrativa che ha preso atto delle risposte date dalla Compagnia alla richiesta di informazioni avanzata dall’Organo di vigilanza» del Ministero dell’Economia, ha deliberato all’unanimità di autorizzare il Segretario Generale Piero Gastaldo a stipulare gli atti necessari e conseguenti per acquistare l’1,93% di Intesa Sanpaolo. L’operazione, deliberata il 27 aprile, sarà attuata entro il 30 giugno a fronte dell’esercizio dell’opzione di vendita detenuta dalla controparte Barclays. L’acquisto delle 228,7 milioni di azioni oggetto del contratto avverrà al prezzo di 3,18 euro ad azione, circa 727 milioni. L’ente, presieduto da Angelo Benessia, pagherà circa 178 milioni in più rispetto al valore di Borsa dei titoli (549 milioni), ma si rafforza come primo azionista di Intesa.