Angelo Marchi, Avvenire 9/6/2009, 9 giugno 2009
«Il Sudafrica è cresciuto Il pallone lo farà vedere» - La Nazionale di Marcello Lippi è sbarcata ieri in Sudafrica, terra di colori e di contrasti che si prepara alla Confederations Cup e poi al Mondiale di calcio, nel 2010
«Il Sudafrica è cresciuto Il pallone lo farà vedere» - La Nazionale di Marcello Lippi è sbarcata ieri in Sudafrica, terra di colori e di contrasti che si prepara alla Confederations Cup e poi al Mondiale di calcio, nel 2010. E il mondo aspetta di capire se la nazione costruita da Nelson Mandela su 11 lingue e 4 razze è diventata adulta. «Il mondo non deve avere paura del Sudafrica: criminalità, Aids, povertà, sacche di apartheid. I problemi sono tanti, anche se ingigantiti dalla lente di chi li racconta. Questa è un paese giovane, ma alla sua quarta elezione dopo l’apartheid: ha un futuro e voglia di costruirlo. Vedrete, il Mondiale dirà questo, e io non sono un uomo del calcio....». Lo spiega Marcello Fiasconaro, il più famoso dei 50.000 italiani del Sudafrica. Qui è nato, qui è tornato da 30 anni, dopo aver stabilito in Italia nel ”73 il primato del mondo degli 800 metri che solo un mito come Juantorena riuscì a strappargli. Sessanta anni a luglio, Fiasconaro ha abbandonato il look hippy e vive oggi a Johannesburg da imprenditore e nonno felice. E aspetta come ogni sudafricano il Mondiale. «Tifo azzurri, e spero che ci facciano divertire», racconta. «Il 2010 è una grande occasione. Vedrete che meraviglia gli stadi. I bianchi amano il rugby, i neri sono pazzi per il calcio. Sarà una festa... Vogliamo mostrare al mondo che non viviamo nella giungla, e non comunichiamo con i tamburi. incredibile, ancora oggi mi capita di andare negli Usa e sentirmi dire: vieni da Johannesburg, ma non sei nero?». Come se il dramma dell’apartheid non fosse conclamato. «La legge lo ha abrogato - spiega Fiasconaro - ma l’integrazione non è completa: una parte di bianchi non accetta l’idea di pari diritti, così come una fetta di popolazione nera non riconosce il diritto dei bianchi». La Nazione Arcobaleno contiene tutto e il suo contrario. I numeri sono impietosi. Qui si estrae il 40 per cento dell’oro di tutto il pianeta ma metà della ricchezza è in mano a un decimo della popolazione, 4 sudafricani su 10 vivono sotto la soglia di povertà, e un terzo sono disoccupati. Neri, ovviamente. L’Aids è un dramma: 5,7 milioni i casi conclamati e un milione e 400 mila gli orfani under 17. Il problema numero 1 è la criminalità. Secondo i dati Onu 2008, in Sudafrica viene uccisa una persona ogni mezzora. Tra i paesi pericolosi, prima c’è solo la Colombia. «Le disparità economiche sono enormi - riprende Fiasconaro, che vive in una villa blindata - . La violenza è figlia della povertà. In alcune zone, acqua ed elettricità faticano ad arrivare. Ma non è un paese in stato di guerra, nè si militarizzerà. Bisogna conoscere i quartieri da evitare, in certi luoghi non vado neanche io». Il voto di aprile ha consegnato a Jacob Zuma il mandato della speranza: «Ha una maggioranza enorme, spero riesca: al primo posto ha messo la lotta a crimine e povertà. Ho fiducia, ma per una transizione del genere servono 30 anni». Il timore è per la sorte di Mandela. «Qui per tutti è ancora un dio: 90 anni, elegantissimo col suo bastone, lucido di mente, ma affaticato. Mi fa paura pensare cosa potrà succedere alla sua morte».