Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  giugno 08 Lunedì calendario

RE GIORGIO ARMANI "NON VOGLIO SOCI NON AMO LA BORSA"


«L’eleganza non è farsi notare, ma farsi ricordare». Fedele a questa filosofia Giorgio Armani ha creato un impero dell’eleganza che vale svariati miliardi di euro. Che è cresciuto costantemente negli anni, e che ormai spazia dall’abbigliamento agli accessori, dal design per la casa fino all’hotellerie. E in un 2008 drammatico per il Made in Italy e assai difficile per moda e lusso, la "multinazionale" Armani ha chiuso con un fatturato consolidato di 1.620,3 milioni di euro, che corrisponde all’1,5% in più rispetto al bilancio 2007.

«A tassi di cambio correnti, e al + 2,4% a tassi di cambio costanti», si legge nel comunicato ufficiale distribuito dal gruppo nelle scorse settimane e accompagnato dal commento di Armani: «I risultati ottenuti dimostrano ancora una volta la forza del marchio e confermano la solidità del nostro modello di business». Che cosa significa in concreto lo racconta ad Affari&Finanza lo stesso Armani: «Quando parlo di modello di business, penso all’organizzazione articolata del mio lavoro e del gruppo. Intanto, la segmentazione delle linee mi permette di rivolgermi a fasce sociali dal diverso potere d’acquisto, secondo un concetto di democrazia e accessibilità per me molto importante. Dal fast fashion A/X Armani Exchange alla haute couture di Armani Privé, si sviluppa non soltanto un sistema economico, ma anche di valori estetici, molto diversificato e complesso, che mi aiuta a comprendere e rappresentare l’attualità del nostro tempo. Anche l’organizzazione produttiva è cambiata negli anni, con l’acquisizione di fabbriche che mi permettono il controllo diretto dei costi e della qualità: l’obiettivo costante del mio lavoro. Per formazione, non so pensarlo svincolato da un concretissimo senso del fare, che si esprime non soltanto nel momento creativo ma anche in quello produttivo».
Tra tutte le voci di bilancio in crescita, l’unica in flessione è quella dell’ebitda, il margine operativo lordo, sceso nel 2008 del 14%. Come mai?
«Come dimostra l’ampliamento dei settori nei quali interveniamo, il gruppo è vivace, sempre alla ricerca di nuove sfide, nell’ambito di un lifestyle ben definito e coerente. Il calo dell’ebitda è essenzialmente dovuto alla contrazione della domanda che si è manifestata nell’ultimo trimestre del 2008 a fronte di investimenti che il gruppo ha deciso di intraprendere in un’ottica di più lungo periodo, al di là della contingenza economica attuale».
Ci può tratteggiare la "mappa" degli investimenti?
«Nel 2008 abbiamo aperto altri 50 punti vendita che hanno portato a 539 i nostri negozi nel mondo, e abbiamo acquisito un ulteriore 25% della Presidio Holdings Ltd., la società che detiene A/X, portando la nostra quota al 50% del totale. Il nostro impegno, nei tempi e negli investimenti prefissati, prosegue anche quest’anno. Lo dimostra l’apertura, nel mese di febbraio, del ”concept store’ Armani/Fifth Avenue a New York, un progetto che rappresenta una nuova visione del mondo Armani perché raccoglie in uno stesso spazio tutte le linee. Un approccio libero che esprime quello che per me è lo spirito della Quinta Strada: una destinazione per lo shopping importante, con una clientela estremamente variegata e internazionale. E’ il terzo progetto di questo tipo che porto a termine».
Gli altri due?
«Sono l’Armani/Chater House a Hong Kong e l’Armani/Ginza Tower a Tokyo. Ma quello newyorkese si differenzia dagli altri perché per la prima volta ho immaginato la stessa ambientazione come decoro per tutte le mie linee, puntando sulla differenza data dal prodotto. In un momento difficile per i mercati, una tale iniziativa rappresenta una sfida lucida e ragionata perché alla crisi bisogna rispondere con il controllo dei costi, ma anche con l’ottimismo della volontà, senza ritirarsi impauriti».
Visto che la paura non le appartiene quali altri programmi ha in cantiere?
«Da qui alla fine del 2009 c’è l’apertura di nuovi flagshipstore Giorgio Armani a Tokyo, Singapore, Doha, Dubai, aree che monitoriamo con grandissima attenzione. Mentre per l’Emporio Armani sono previste nuove boutique a Berlino, Singapore, Perth, oltre a diverse altre in Medio Oriente e in Cina».
Poi ci sono gli investimenti nell’hotellerie...
«La realizzazione dell’Armani Hotel Dubai, che sta nascendo all’interno del Burj Dubai, procede secondo la tabella di marcia, e l’apertura è prevista per la fine del 2009. E’ un progetto che mi ha profondamente appassionato così come mi ha affascinato l’evoluzione di Dubai e il Burj Dubai in particolare che diverrà un edificio simbolo della città. Ho curato personalmente tutti gli aspetti del progetto dell’hotel e ogni componente è stato espressamente concepito per creare un’esperienza di lifestyle intimo e raffinato. Nel 2010 sarà inaugurato anche l’Armani Hotel Milano in via Manzoni 31 e a seguire saranno aperti 7 hotel di lusso e 3 resort nelle principali città del pianeta, come previsto dall’accordo con il nostro partner Emaar Properties. La prima location scelta per le esclusive ville Armani Residences è Marassi in Egitto, un complesso di lusso stile resort con vista sul Mediterraneo».
Anche questo progettato da lei?
«Partendo da zero. Mi sono occupato della struttura dell’immobile e non soltanto della decorazione. In pratica come accade negli studi di architettura ho strutturato una divisione di esperti che hanno lavorato in team alla realizzazione del progetto».
Novità sul fronte Armani/Casa?
«Continuano le partnership specializzate. Dopo quella con Dada per le cucine, presentate durante l’ultimo Salone del Mobile, abbiamo avviato quella con Rubelli, storica azienda leader dei tessuti d’arredamento, una tra le principali del mondo in grado di tessere a mano tessuti d’altri tempi. Abbiamo presentato una linea, battezzata Armani/Casa Exclusive Textiles by Rubelli, con la quale realizzeremo gli imbottiti di Armani/Casa e che da settembre sarà offerta anche nei negozi Armani/Casa e nei punti vendita Rubelli. Una collaborazione che mi soddisfa molto anche perché è legata al mio primo amore, il tessuto. Ci tengo a precisare che lo scopo finale della mia attività nell’ambito del decor e dell’arredo è sempre stato quello di essere citato come ricercatore di atmosfere che, legando tutti gli oggetti dell’arredo in modo armonico, tiene conto soprattutto del comfort dell’essere umano che vive una casa, piuttosto che come designer».
Il premier Berlusconi dice che «il diluvio universale c’è stato, ma ora è passato». Emma Marcegaglia pensa invece «che la strada per l’uscita dalla crisi sarà complicata e dolorosa». Giorgio Armani come vede lo scenario congiunturale?
«Io ho un carattere positivo, una lucida voglia di fare. Non temo il futuro. Ma la fine della crisi non mi sembra né raggiunta né così evidente. Quello che penso è che bisogna ricercare ulteriore efficienza produttiva e contenimento dei costi, ma bisogna avere ben presente che sono cambiati i comportamenti e i criteri di scelta. Quanto, e fino a quale punto, lo vedremo nei prossimi anni. Anche se deve far riflettere l’esempio dei grandi magazzini Saks, che riducono da un terzo a un quarto l’assortimento dedicato al lusso, privilegiando quelli che definisce ”better brand’. Si riequilibra un mondo che si era sbilanciato sull’onda di una bolla, che fosse edilizia, dei subprime, o di un’economia fuori da ogni controllo».
Il gruppo Armani è corteggiato dal mondo della finanza che lo vede come un ottimo titolo da quotare. Non ha mai pensato di seguire il canto delle sirene borsistiche?
«Non è mai stato il mio obiettivo nemmeno in tempi più facili, figuriamoci oggi. Con i tempi che corrono non posso che esserne felice. E di soci non ho fortunatamente alcun bisogno».
Con una liquidità netta di oltre 370 milioni di euro, è logico che giochi in singolo. A proposito di singolarità: nella sua lunga carriera l’hanno definita in tanti modi: un’icona, un’istituzione, un marchio multinazionale, re Giorgio, stilista inarrivabile. Lei "chi" si sente?
«Semplicemente Giorgio Armani: un nome che è diventato un brand, ma che resta il mio nome. Anche se certe definizioni, pur intimidendomi, mi inorgogliscono, l’importante è rimettersi sempre in gioco, sempre con la dovuta modestia».