Elisabetta Rosaspina, Corriere.it 9/6/2009, 9 giugno 2009
In un laboratorio della scuola di ingegneria dell’Università di Barcellona si stanno usando quaranta topolini per sperimentare «la vita a circuito chiuso» cui andranno incontro i futuri navigatori dello spazio, inviati in missione su Marte
In un laboratorio della scuola di ingegneria dell’Università di Barcellona si stanno usando quaranta topolini per sperimentare «la vita a circuito chiuso» cui andranno incontro i futuri navigatori dello spazio, inviati in missione su Marte. Nell’impossibilità di rifornirsi di cibo, acqua e ossigeno e di trasportarne scorte sufficienti per la durata della spedizione (almeno 36 mesi) i cosmonauti dovranno accontentarsi di riciclare tutto, inclusi i rifiuti organici. Il laboratorio, inaugurato pochi giorni fa a Barcellona, è formato da cinque compartimenti chiusi, comunicanti fra loro. Il primo è un reattore in cui vive una colonia di batteri anaerobici, che non hanno bisogno di ossigeno, capaci di convertire gli escrementi in acidi grassi volatili, minerali e ammonio. Da qui, i composti passano alla seconda fase di lavorazione, a opera di altri batteri. I nitrati finiscono in grossi tubi, popolati da cianobatteri, che ne ricavano ossigeno. L’ultimo compartimento è occupato da coltivazioni di lattuga che crescono in una soluzione salina, producono acqua e alimento. I topi che, tutti insieme, corrispondono al consumo di ossigeno di un uomo, contribuiscono all’ecosistema producendo anidride carbonica (utile alle alghe e alle piante) e orina (per i batteri nitrificanti): in un prossimo futuro si nutriranno anche delle foglie di lattuga, anziché dell’attuale mangime, generando preziosi escrementi. L’esperimento in laboratorio dovrà dimostrare l’autosufficienza del sistema, senza alcun tipo di rifornimento esterno, per due anni.