Edoardo Segantini, Corriere economia 8/6/2009, 8 giugno 2009
«IL VERO PERICOLO VIENE DAL PETROLIO»
L’ex ministro Clô: «Le quotazioni stanno salendo in modo non giustificato.». Il caso Goldman Sachs
Materie prime nuova bolla? Una conferma viene dal petrolio.
C’è il forte rischio che la ripresa economica, quando arriverà, sia soffocata da un rialzo dei prezzi. Originato non da un riaccendersi della domanda ma da un’ondata speculativa simile a quella che ha portato prima alla crisi finanziaria e poi a quella economica. Questo il senso dell’analisi di Alberto Clô – economista all’Università di Bologna, direttore della rivista Energia ed ex ministro dell’Industria nel governo Dini – in un’intervista al Corriere Economia . «Prima della crisi, a far crescere il prezzo delle materie prime, e del petrolio in particolare, sono stati sia l’aumento della domanda nei Paesi ad alta crescita sia il massiccio intervento della finanza. Fattori reali e fattori speculativi si sono intrecciati gonfiando oltremodo le quotazioni delle materie prime e facendo poi esplodere la bolla».
La petrolio-story fornisce alcune indicazioni inquietanti. Il prezzo si è impennato nella seconda metà del 2007. «Già nel 2005 – dice Clô – Goldman Sachs, protagonista nel gioco del trading, prevedeva che le quotazioni del greggio sarebbero salite fino a tracimare nella recessione.
In una fase in cui il barile costava poco più di 50 dollari, la banca previde che sarebbe potuto arrivare a 105. Fino a quando l’andamento dell’ economia fosse stato insensibile alla crescita dei costi energetici – era il ragionamento – il prezzo dell’oro nero avrebbe continuato a salire. E in questa luce si individuava nel prezzo della benzina in America la vera variabile cruciale».
La seconda metà del 2007 confermò la previsione dell’ istituto finanziario americano: alla fine di quell’anno il petrolio sale verso i 100 dollari al barile senza però un impatto fortemente negativo sui consumi Usa, che comunque mostrano segni di cedimento. Nel 2008 il prezzo decolla e supera di slancio quota 100. Un nuovo rapporto Goldman Sachs innalza a 200 dollari la nuova asticella del mercato. E a luglio, malgrado una domanda americana in flessione, la quotazione tocca il record dei 147 dollari al barile. La caduta che ne segue è vertiginosa: i prezzi precipitano fino alla fine del 2008 a livelli poco al di sopra dei 30 dollari. La stabilizzazione, e poi la ripresa delle quotazioni, partono all’inizio di quest’ anno.
«La ricostruzione del recente passato – dice Clô – aiuta a capire la fase attuale. Che è un autentico paradosso. A partire dal gennaio scorso assistiamo a una divaricazione tra l’economia reale, che segna una forte caduta della domanda di petrolio, prevista per il 2009 in calo di 2,5 milioni di barili al giorno, e l’andamento dei prezzi, che salgono raddoppiando dal dicembre scorso a oggi a valori poco al di sotto dei 70 dollari, con prezzi a termine ancora superiori. Nel solo mese di maggio sono cresciuti del 30%».
Come si spiega il paradosso? In un solo modo. «Il motore che spinge le quotazioni verso l’alto non è l’economia reale ma il mercato finanziario, che scommette su una prima risalita dal fondo della recessione». Qual è allora il pericolo? «Che così come ieri ha scatenato la crisi economica il prezzo dell’energia possa oggi soffocare la ripresa».
Questo accade perché «dallo scoppio della crisi a oggi sono crollati gli investimenti dell’industria energetica», in particolare di quella petrolifera, in una misura superiore al 20%. I soli Paesi Opec hanno cancellato 35 dei 150 progetti minerari che avevano in corso. La capacità produttiva è effettivamente in largo eccesso, come l’offerta corrente; ma il rischio è che quando l’economia ripartirà «il meccanismo si rimetta in moto esattamente come prima», con tutti i suoi squilibri inalterati.
Più volte, in passato, Alberto Clô ha sostenuto la necessità di prestare più attenzione ai fattori speculativi, in particolare ai derivati petroliferi, a proposito dei quali le autorità regolatorie americane parlano da tempo di scarsa trasparenza e di facili manipolazioni. Qualcosa è cambiato con Barack Obama? L’ex ministro non nasconde qualche scetticismo. «Finora il presidente ha lanciato soprattutto grandi annunci sulla green economy e sull’aumento dei finanziamenti per le energie rinnovabili. Utili, certo, però marginali e di lungo periodo.
Ben poco invece ha fatto per aumentare la trasparenza dei mercati e ridurre le manipolazioni ».
In qualche modo Obama e il suo staff stanno lasciando intatto il «sistema Wall Street », con i suoi pregi e i suoi molti difetti, confermando nei critici della Casa Bianca come il Nobel Paul Krugman la convinzione che il giovane presidente sia in realtà il volto nuovo del vecchio establishment finanziario americano, che all’idea di cambiare strada punta i piedi.