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 2009  giugno 08 Lunedì calendario

GIUSTIZIA, LA RIFORMICCHIA


Il nuovo rito civile si propone di ridurre i tempi dei processi Ma finirà soltanto per appesantire il lavoro degli avvocati
Nel 2008 il risarcimento dei danni causati dall’eccessiva durata dei processi è costato all’Italia 32 milioni di euro. La lunghezza del contenzioso civile è stata di 960 giorni in primo grado, 1.500 giorni in appello (per un totale di quasi sette anni). Con l’obiettivo esplicito di tagliare questi tempi, il parlamento ha approvato pochi giorni fa una legge (è attesa a brevissimo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale) di semplificazione del rito civile. L’impresa era disperata. Gli interventi messi in campo prevedono una serie di adempimenti a carico degli avvocati, volti a scoraggiare i comportamenti dilatori, a tagliare alcuni tempi per la produzione degli atti processuali, a velocizzare la raccolta delle testimonianze. Si prevede anche una semplificazione nell’attività di redazione delle sentenze, che dovranno essere più concise e potranno limitarsi a richiamare precedenti conformi. Si introduce un filtro in Cassazione (ammissibilità dei soli ricorsi che hanno ad oggetto questioni di diritto nuove o sulle quali sussistono incertezza interpretative). Infine, si è previsto, per le cause più semplici, un processo sommario di cognizione (facoltativo) e si dà delega al governo per ridurre l’attuale pletora di riti civili (una trentina) a un massimo di tre, abolendo da subito il rito societario e quello per il risarcimento dei danni da incidente stradale. Non si tratta certo di una rivoluzione. Ma di una serie di lifting, più o meno utili, che ora dovranno però essere metabolizzati da un apparato piuttosto anchilosato. A un malato grave si è voluto dare una cura palliativa, per evitare la sala operatoria: ben più incisivi sarebbero stati interventi come quello contenuto in un emendamento proposto dall’opposizione (e approvato in un primo momento, ma poi accantonato) che prevedeva l’inammissibilità del ricorso in Cassazione in caso di doppia conforme per difetto di motivazione della sentenza di merito (si sarebbero spazzati via oltre la metà dei ricorsi). Oppure la previsione di un rito unico che cancellasse via la babele dei riti, serializzando la macchina della giustizia. Così come non si è voluto toccare il processo di esecuzione, un vero e proprio cadavere ambulante, affidato a ufficiali giudiziari che non hanno alcun interesse a farlo funzionare. Insomma, una riforma più di facciata che di sostanza, come spesso succede per quelle approvate prima delle elezioni. La giustizia civile ha perso un’occasione. Ora il suo futuro è appeso ad un’esile speranza: il processo telematico.