Fiamma Arditi, La Stampa 08/06/2009, 8 giugno 2009
”Lennon il tricheco mi ha cambiato la vita” - Jerry Levitan aveva 14 anni e stava facendo la doccia, la sera del 25 maggio 1969, quando alla radio sentì che John Lennon e Yoko Ono erano stati visti all’aeroporto di Toronto, la sua città
”Lennon il tricheco mi ha cambiato la vita” - Jerry Levitan aveva 14 anni e stava facendo la doccia, la sera del 25 maggio 1969, quando alla radio sentì che John Lennon e Yoko Ono erano stati visti all’aeroporto di Toronto, la sua città. Si asciugò al volo e si precipitò a telefonare ai migliori alberghi. «Posso parlare con John Lennon?», chiedeva. Quando il centralinista del King Edward gli sbatté giù il microfono, capì che il suo idolo doveva stare lì. All’alba del giorno dopo, armato di sacca a tracolla con registratore, microfono, macchina superotto di suo fratello Steve, blocco e penna, si avventurò all’ultimo piano dell’albergo. In fondo al corridoio davanti alla camera 869 c’era una bambina stesa a pancia sotto a disegnare. Era Kyoko, cinque anni, figlia di Yoko Ono e del regista americano Tony Cox. Fece un respiro profondo e bussò. «Canadian News», mentì a chi gli aprì. Dopo un solo secondo si trovò seduto a un metro da John Lennon e sua moglie. Pantaloni e camicia bianca lui, maglia nera e pantaloni bianchi lei, rispondevano alle domande di pochi reporter locali e annunciavano la settimana di «bed-in» per la pace che avrebbero fatto poco dopo a Montreal. Per darsi un atteggiamento Jerry tirò fuori la macchina fotografica. «Non sapevo nemmeno se c’era dentro il rullino», racconta. Ma cominciò a scattare. John si toccava la barba, poi i piedi, lei gli sedeva amorosa accanto. Quando si alzarono per andarsene, Jerry tirò fuori dalla sacca Two Virgins, l’ultimo disco con John e Yoko nudi in copertina. Per la prima volta il suo eroe gli rivolse la parola: «Come hai fatto ad averlo? Credevo fossero stati sequestrati tutti», e glielo dedicò «To Jerry Love & Peace Man». Mentre gli altri uscirono dalla suite, Jerry perse tempo a mettere a posto le sue cose. E quando rimase da solo con Lennon prese il coraggio a quattro mani e gli chiese: «Posso tornare a intervistarla sull’amore, la pace, la guerra e fare sentire poi l’intervista ai miei compagni di scuola?». A John e Yoko l’idea sembrò straordinaria. Il ragazzo uscì dal King Edward volando. Il resto è nel libro (con cd dell’intervista del ”69) che Jerry Levitan ha scritto 40 anni dopo, e che uscirà a giorni negli Stati Uniti e in Canada per Harper Collins. I met the Walrus («Ho incontrato il tricheco», dal titolo di una canzone del ”67 dei Beatles, composta da Lennon) è il racconto di come la vita di un quattordicenne può cambiare da un giorno all’altro con un incontro. «Lennon fu generoso a dare tempo e attenzione a un ragazzo come me», dice Jerry Levitan, che oggi fa l’avvocato. «Era un segno di rispetto per gli esseri umani». In che senso quell’episodio le ha cambiato la vita? «Se sono riuscito a fare quello che molti sognavano, vale a dire incontrare il mio eroe, intervistarlo, vuol dire che posso fare tutto quello che decido, pensavo. Così cominciai anche a studiare di più, ad andare meglio a scuola, insomma ad avere più fiducia in me stesso». Cosa la colpì durante l’intervista? «Era l’epoca delle proteste sul Vietnam, ma io non ero un attivista. Lui me ne parlò come avrebbe fatto uno zio. Non usava teorie pacifiste, ma semplici fatti». Per esempio? «Se diventi un ribelle vieni schiacciato, se distruggi devi poi ricostruire. Devi usare l’immaginazione nella tua vita di tutti i giorni, mi diceva, perché c’è un modo più intelligente di usare il sistema per fini positivi e non per aggredire». Parole ancora attuali. «Forse oggi è più difficile metterle in pratica. La tecnologia rende tutto più veloce. I ragazzi alla fine si sentono frustrati, senza speranza. Il messaggio di Lennon, però, apre ancora uno spiraglio: se ognuno è cosciente di se stesso possiamo andare avanti insieme». Il suo libro viene dopo il cartone animato con lo stesso titolo, prodotto da lei e candidato agli Oscar nel 2008. «L’idea di raccontare in qualche modo quell’incontro per me decisivo stava sempre lì nella mia testa. Tante volte mi avevano proposto di farne un film. Per me sarebbe stato come amputarmi un braccio. Mi rifiutavo di sfruttare in maniera commerciale quell’evento magico. Poi quattro anni fa ho pensato di farlo a modo mio. Non avevo aspirazioni, ma mi sembrava giusto per raccontarlo ai miei quattro figli». E così... «Il mio amico Josh Reskin, regista di cartoni animati, mi fece incontrare James Braithwaite, un bravissimo illustratore di Toronto. I suoi disegni mi colpirono. Erano perfetti per John Lennon. Con 50 mila dollari producemmo un cartone animato di cinque minuti e cominciammo a essere invitati ai festival. Gli organizzatori di quello di Abu Dhabi ci chiesero perché non lo proponevamo per gli Oscar. Mi venne da ridere, ma lo facemmo. E un bel giorno, a gennaio dell’anno scorso, mentre accompagnavo mia figlia Jamie a scuola, mi arrivò una telefonata. Il nostro era uno dei dieci cortometraggi selezionati. Avremmo sfilato sul tappeto rosso con Penelope Cruz, George Clooney, Cate Blanchett». E il libro? «Il giorno dopo gli Oscar, la mia fidanzata Anisa Pejpar e io eravamo a Hollywood, seduti a un caffè di Beverly Hills - al tavolo accanto, ricordo, c’era Sean Penn. Squilla il mio cellulare e rispondo. Da Harpers Collins mi proponevano di fare il libro. Consegna nella primavera 2009, a quarant’anni dal ”bed in” di John Lennon e Yoko Ono e dal mio incontro con loro. Accettai». Non finisce qui, immagino. «Ieri ho avuto un incontro con una casa produttrice. Ho firmato il contratto per il film». Quindi metterà la sua storia nelle mani di una megaproduzione hollywoodiana. «Certo che no. Sarò uno dei produttori e uno degli sceneggiatori». Grazie a Lennon, la sua vita continua a cambiare. «Da due anni a questa parte è sbocciata. Su YouTube oltre un milione di persone hanno cliccato per vedere I met the Walrus. Dopo centomila è già considerato un grande successo. Poi ricevo mail e telefonate da tutto il mondo, faccio sempre meno il mio lavoro di avvocato e sempre più l’attore. Registro cd per bambini, scrivo». Altri progetti? «Un romanzo, Dancer, ispirato al mondo della mia fidanzata, uno show televisivo con Bill Murray a New York, la Emmy Nomination…». Se dovesse dare una definizione di se stesso? «Qualcuno che, grazie a un incontro, ha preso coscienza delle sue possibilità. Ecco perché la mia storia appassiona tanto».