Giuseppe Zollino, il Riformista 5/6/2009, 5 giugno 2009
ENERGIA EOLICA, ECCO I NUMERI NON GETTIAMO PAROLE AL VENTO
Caro direttore, l’intervista al sottoscritto, pubblicata sul suo giornale il giorno 19 maggio, ha prodotto la veemente reazione del segretario generale Anev. Come a volte capita, il titolo "L’eolico non conviene e distrugge il paesaggio" non corrisponde pienamente al testo, che riporta invece correttamente quanto ho detto. Non penso che gli impianti eolici distruggano il paesaggio tout court: ho piuttosto tentato di riportare su un piano di razionalità le proteste che il giornalista citava, circa il loro impatto sul paesaggio, invitando a valutarlo in termini economici, come per le altre esternalità delle tecnologie energetiche. Tutto qui.
Il riferimento poi agli impianti nucleari mi serviva a evidenziare la necessità di procedere al confronto tra varie tecnologie non solo in termini di potenza installata, ma anche di energia elettrica effettivamente generata. Fa riflettere tuttavia lo stupore che si dice desti la notizia che due reattori nucleari EPR da 1.6 GWe generino più di 22 TWh (miliardi di kWh) all’anno (sono per la verità circa 25): non si tratta di una mia opinione, ma di un dato che dovrebbe essere noto a chi scriva di energia. Sono anch’io assolutamente convinto che più fonti e tecnologie possano - direi debbano necessariamente - coesistere e integrarsi: con l’avvertenza però che il contributo di ciascuna venga possibilmente ottimizzato rispetto all’obbiettivo generale di assicurare l’approvvigionamento energetico e la tutela dell’ambiente (nei termini che le normative di volta in volta prescrivono), al minimo costo.
Quanto all’energia eolica, ho ben presente che i ricercatori e l’industria italiani possono contribuire validamente allo sviluppo tecnologico collegato; al tempo stesso conosco le direttrici indicate nei piani delle iniziative europee e le condizioni ritenute necessarie affinchè l’elettricità di origine eolica possa diventare competitiva e quindi fornire contributi significativi al fabbisogno elettrico dell’Ue, entro una ventina di anni: macchine di taglia crescente (fino a 10 MW - diametro 160 m), installate su campi eolici con producibilità intorno a 2.700-3.000 ore, in molti casi off-shore in acque poco profonde (dell’ordine dei 10-20 m, per facilitare la costruzione delle fondazioni). Anche al largo delle nostre coste esistono siti con ottima ventosità: ma l’elevata profondità richiede l’installazione degli aerogeneratori su piattaforme galleggianti. interesse del Paese che nei programmi europei sia data priorità anche a questa tecnologia e su questo siamo impegnati.
Quanto alle altre due «evidenti note e facilmente verificabili inesattezze» che mi vengono imputate dal segretario generale Anev, lascio giudicare lettori sulla base di quanto segue.
La ventosità in Italia. Sul sito Anev (www.anev.org) è disponibile uno studio serio ed accurato: "Il potenziale eolico italiano". L’obbiettivo giudicato realistico al 2020 è di 16.2 GW installati e 27.2 TWh/anno di energia elettrica generata. Dividendo energia per potenza si ottiene la producibilità media: il risultato è 1.680 ore. Io mi ero tenuto un po’ più largo, indicando un valore medio di 1.700 ore. E tanto per chiarire il potenziale eolico in altri Paesi europei, la BWE (www.wind-energie.de, equivalente tedesco dell’Anev) stima per la Germania l’obbiettivo di 55 GW installati e 150 TWh/anno di produzione al 2020, che fanno una producibilità media di oltre 2.700 ore: il che, per inciso, significa che al 2020 l’elettricità da eolico potrebbe costare in Italia il 60% in più che in Germania!
Gli incentivi. Se non piace chiamare "incentivi" i meccanismi premianti l’elettricità da fonte eolica, niente in contrario ad accordarci su un altro nome. Rimane il fatto che, per esempio, a pag. 84 del rapporto "The Economics of Wind Energy", pubblicato a marzo di quest’anno dalla European Wind Energy Association (e scaricabile sul sito www.ewea.org), sono riassunte le misure implementate nei 27 Paesi membri. Cito due esempi nella media, con riferimento agli impianti a terra (on-shore): in Germania tariffa onnicomprensiva (feed-in) di 8.3 c/kWh per i primi 5 anni e di 5.3 per i successivi 15 anni; in Francia stesso tipo di tariffa, pari a 8.2 c/kWh per i primi 10 anni quindi tariffa compresa tra 3 e 8 c/kWh (a seconda della ventosità del sito) per i successivi 5. E in Italia? Gli impianti entrati in esercizio dopo il 2007 godono del beneficio dei "nuovi" Certificati Verdi, della durata di 15 anni, cui si somma quello del così detto ritiro dedicato dell’energia elettrica prodotta. Considerando ad esempio il prezzo di riferimento 2008 dei CV e la media del prezzo zonale orario per lo stesso anno, il chilowattora eolico è stato remunerato a circa 18 c. Più del doppio che in Francia o in Germania. Come avevo detto nell’intervista.
Infine, se l’Italia, come scrive il segretario generale Anev, ha una ventosità «ben superiore a quella della Germania» (in realtà in media la producibilità on-shore è oggi un po’ superiore in Germania), sarebbe opportuno uniformare progressivamente al livello tedesco i meccanismi premianti (ciò vale ancor più, a dire il vero, per l’elettricità di origine fotovoltaica: credo infatti nessuno abbia dubbi che l’Italia sia più soleggiata), e destinare le risorse risparmiate al finanziamento diretto di attività di ricerca e sviluppo tecnologico in campo energetico: ce n’è davvero bisogno, se si vuole veramente rovesciare il rapporto tra fonti fossili e fonti carbon-free, nel medio-lungo periodo, nell’interesse di tutti.
*professore Tecnica ed Economia dell’Energia, Univ. Padova