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 2009  giugno 05 Venerdì calendario

BERLUSCONI TEME IL PIANO COORDINATO DI MURDOCH + CDB


Ieri Silvio Berlusconi è stato intervistato da Sky Tg24. stata la prima visita agli studi milanesi della tv di Rupert Murdoch. Solo una normale tappa del tour pre-elettorale, spiegano da palazzo Chigi. Ma c’è la tentazione di leggere in questa mossa una nuova puntata del confronto, a volte duro a volte diplomatico, che da mesi vede impegnati Berlusconi e Murdoch. «Spero non sia così, l’apparenza è come dice lei», ha risposto Berlusconi alla giornalista che gli chiedeva se quello che è successo negli ultimi mesi indichi l’ostilità di Murdoch: a dicembre il governo aumenta l’Iva sulle pay tv (cosa che incide soprattutto sul business di Sky, perché Mediaset premium ha un modello di business meno soggetto al peso dell’Iva) e Sky lancia una campagna per contrastare il provvedimento. Poi, quando il presidente del Consiglio è più fragile, alla vigilia delle elezioni e nel pieno della questione Noemi, uno dei giornali più prestigiosi del gruppo Murdoch, il londinese Times, lo infilza un giorno sì e uno no con i suoi editoriali. E diventa la sponda internazionale di Repubblica e delle sue dieci domande senza risposta sul rapporto tra Berlusconi e la ragazza di Casoria. Questa, almeno, è la ricostruzione del capo del governo.
Ma la storia è più complessa, riguarda la Rai, i satelliti, la Telecom, persino Fiorello che lascia la Rai per Sky e Berlusconi che cerca, invano, di dissuaderlo. Lo scontro si alimenta di rumors diffusi dai giornali, Repubblica in testa. Rupert Murdoch è noto per essere interventista in politica. L’episodio più famoso è la fumata rossa in prima pagina del conservatore Sun che segnò l’endorsement, secondo alcuni decisivo, del tabloid britannico a favore di Tony Blair alla sua prima candidatura. Negli anni Sessanta in Australia sostenne John McEwen del Country party, con il giornale The Australian, poi nei Settanta passò al Labor Party di Gough Whitlam. In America la sua Fox News è il punto di riferimento dei conservatori e dei neocon nell’era George Bush, ma questo non impedisce a Murdoch di organizzare raccolte fondi a favore di Hillary Clinton e, in seguito, di schierarsi apertamente a favore di Barack Obama (« fantastico»).
C’è chi vede nella campagna del Times contro Berlusconi un’operazione analoga, affidata però - e sarebbe la prima volta - non a un giornale del Paese in cui Murdoch vuole agire ma esterno. E soprattutto affidata a un giornale che fino all’altro ieri era non ostile a Berlusconi, anche perché è una testata vicina ai conservatori.
Le fonti aziendali di Sky Italia smentiscono qualunque forma di complotto: se fosse un’operazione voluta dall’alto, si sarebbero scatenate tutte le testate di News corp, a partire dal Wall Street Journal fino a Sky Tg24. E per ora questo non è successo.
Ma c’è la tempistica, che indica come la durezza degli attacchi si intensifichi mentre - in parallelo - crescono le tensioni imprenditoriali tra il gruppo di Murdoch e le aziende di Berlusconi. Il momento che alcuni osservatori hanno individuato come quello della svolta è mercoledì scorso, il 27 maggio. Quel giorno si tiene un vertice importante per i nuovi assetti del sistema televisivo italiano: il numero uno di Sky Italia, Tom Mockridge, incontra Mauro Masi, direttore generale della Rai che fino alla sua nomina, il due aprile, faceva il segretario generale della presidenza del Consiglio, cioè di Berlusconi. I due devono discutere della permanenza dei canali Rai sulla piattaforma di Sky, non scontata visto che la televisione pubblica sta approntando la propria piattaforma insieme a Mediaset, di Berlusconi. L’incontro va male, la Rai vorrebbe oltre il doppio di quello che propone Sky. E intanto il tempo passa, il 31 luglio scadrà l’obbligo per la Rai di concedere i canali a Murdoch, con il risultato che dal primo agosto i clienti della pay tv potrebbero non vedere più i canali della tivù di Stato sulla loro piattaforma. Pochi giorni dopo, il primo giugno, arriva l’editoriale non firmato del Times che fin dal titolo vuole indicare che, dopo le critiche già mosse nelle settimane precedenti, si entra in una fase diversa: «Cade la maschera del clown». Berlusconi è definito «un buffone sciovinista», c’è un esplicito invito agli elettori italiani a ricordarsi della vicenda Noemi alle urne, sabato e domenica. Il giorno dopo il Times pubblica un intervento della professor Terence Kealey che spiega perché «ci sono ragioni scientifiche per cui le ragazzine preferiscono un uomo più anziano come compagno e si aspettano che sia pelato». Kealey, che i capelli li ha solo sulle tempie, si dilunga sul trapianto pilifero di Berlusconi e sulla sua interpretazione.
All’orizzonte del conflitto Berlusconi-Murdoch c’è il futuro delle trasmissioni televisive, e la piattaforma che vincerà la gara del futuro. I due avversari si marcano stretto sulla pay-tv con l’esordio di Mediaset premium, si guardano in cagnesco per quanto succederà sul digitale terrestre (dove Murdoch ha al momento dei vincoli) e vigilano sul terzo fronte, il più costoso dal punto di vista degli investimenti, l’Iptv, la tv via Internet. E qui c’è un delicatissimo terreno di scontro, la questione Telecom. Telefonica, il partner spagnolo della società amministrata da Franco Bernabé, valuta l’ipotesi di una fusione che metterebbe a rischio l’italianità della Telecom e della sua rete. Se Telefonica si prende Telecom e la sua rete, Murdoch potrebbe cercare un accordo preferenziale con gli spagnoli per veicolare sul telefono i contenuti che produce con Fox e Sky. Nascerebbe una media company che potrebbe essere molto più pericolosa per Mediaset di quanto non sia l’attuale piattaforma satellitare (secondo alcune stime il mercato italiano della pay-tv è quasi saturo). Del resto è la stessa Mediaset che da anni coltiva progetti analoghi su Telecom. Negli ultimi mesi questo intreccio è stato seguito con dovizia di dettagli da Claudio Tito, giornalista di Repubblica molto informato di quello che succede a Palazzo Chigi: proprio lui aveva riacceso il dibattito sulla rete Telecom a gennaio con un articolo in cui si ipotizzavano scenari di conquista dell’ex colosso telefonico italiano. Seguirono settimane di polemiche, interviste di Piersilvio Berlusconi e Angelo Rovati (ex consigliere prodiano che da anni si interessa alla rete telefonica). E qualcuno ipotizzò che l’improvviso feeling tra Repubblica e lo Squalo Murdoch potesse nascondere progetti di quest’ultimo anche sul giornale di Carlo De Benedetti, che in quei giorni stava lasciando le cariche operative nelle sue holding (ma conservando i poteri sull’editoria).
In questo momento, per la verità, la situazione finanziaria della News Corp non è tale da permettere grandi progetti di espansione. Colpito dalla crisi, il gruppo ha attraversato un pessimo 2008. «I giornali perdono soldi e anche Murdoch dovrà decidere quanto a lungo potrà sopportarne i bilanci in rosso, la pay tv regge ai tempi di crisi, perché chi già rinuncia a cinema e teatro non vuole privarsene, e la tv via cavo in America non va benissimo», spiega Marco Gambaro, docente di Economia delle comunicazione alla Statale di Milano. Ma nel primo trimestre del 2009, con incassi di 7,72 miliardi (comunque in calo del 16 per cento rispetto a un anno prima), Murdoch ha detto che «il peggio è passato». Anche perché il film premio Oscar "Slumdog Millionaire" si è rivelato una miniera tale da sostenere quasi da solo la divisione film del gruppo, cresciuti dell’otto per cento. E se davvero il peggio della crisi è passato per News Corp, forse ora Berlusconi ha qualche ragione in più per preoccuparsi. Difficile dire se davvero c’è un piano coordinato tra Murdoch e De Benedetti, di sicuro c’è un gioco di sponda. Non è un complotto, perché Murdoch gioca le sue carte a viso aperto, ma la battaglia - cruenta - continuerà.