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 2009  giugno 05 Venerdì calendario

Obama all’islam: peace and love di Lucio Caracciolo Il presidente degli Stati Uniti al Cairo: pace e bene per tutti

Obama all’islam: peace and love di Lucio Caracciolo Il presidente degli Stati Uniti al Cairo: pace e bene per tutti. Ma gli strumenti per arrivarci sono ancora vaghi. La difesa del diritto a esistere di Israele, ma anche della Palestina. Gli Usa di Obama in collisione con il governo di Netanyahu. Che farà ora Israele? Yes We Can...Inshaallah! "Il popolo del mondo può vivere insieme in pace. Sappiamo che questa è la visione di Dio. Ora questo deve essere il nostro lavoro sulla Terra". Scolpendo queste tre frasi alla fine del suo discorso del Cairo, Barack Obama ha esposto al mondo la sua filosofia della storia. Il presidente degli Stati Uniti ha parlato da predicatore di una fede universale. Lo scopo della sua missione in Egitto era di testimoniare il cambiamento dell’America. Non più l’aggressivo impero del Bene immaginato da Bush e Cheney, piuttosto un paese che promuove l’interesse fondamentale di tutti alla pace e al benessere. Senza però pretendere di affermare il suo modello ma dialogando con chiunque. Dopo l’11 settembre Bush aveva promosso una guerra al terrorismo che nel mondo islamico era stata percepita come una crociata antimusulmana. Da quando si è insediato alla Casa Bianca, il nuovo presidente sta facendo di tutto per rovesciare questa percezione. Nel discorso del Cairo, anzi, ha esaltato il carattere islamico del suo stesso paese, ricordando fra l’altro che la prima nazione a riconoscere gli Stati Uniti fu il Marocco. Per Obama non c’è dubbio: "l’islam è una parte dell’America". Il compito che il nuovo presidente si è assegnato è quindi anzitutto combattere gli stereotipi negativi dell’islam in America e nel mondo. Scendendo su terra Obama ha specificato che gli americani non vogliono stabilirsi né in Afghanistan né in Iraq. Ma c’è una differenza: l’Afghanistan è stata una guerra "necessaria"; l’Iraq è stato un conflitto "scelto". In entrambi i casi comunque l’America è pronta ad andarsene non appena le condizioni lo permetteranno. Obama ha prodotto al Cairo una intensa difesa del diritto di Israele a esistere. Non esattamente quello che le orecchie arabe e musulmane ascoltano più volentieri. Allo stesso tempo Obama è stato molto chiaro sulla necessità che il governo di Gerusalemme cessi la colonizzazione della Cisgiordania. Mentre ha di fatto posto sullo stesso piano del diritto di Israele ad esistere, quello della Palestina a costituirsi in Stato. Ciò ha sicuramente irritato il governo israeliano come traspare dal freddo comunicato di Netanyahu. Allo stesso tempo il riferimento possibilista di Obama a Hamas è stato subito accolto con favore da alcuni esponenti dell’ala dialogante di quel movimento. Dopo l’apertura all’Iran e il difficile incontro con Netanyahu a Washington, Obama ha segnato il perimetro complessivo dei suoi obiettivi geopolitici in Medio Oriente. Per ora, il concetto è pace e bene per tutti. Su come arrivare dall’oggi a questo domani le idee sembrano piuttosto vaghe. L’aspetto più importante del riposizionamento che Obama sta imponendo al suo paese è comunque la collisione con Israele. Dopo otto anni in cui gli americani hanno creduto che i loro interessi fossero identici a quelli israeliani, la musica cambia. L’America di Obama non può permettersi il lusso di un allineamento con l’Israele di Netanyahu. E’ molto probabile che Obama stia lavorando per far cadere questo governo israeliano, sperando di sostituirlo con una coalizione aperta alla logica dei due Stati. Come reagirà Israele a questa campagna? Per ora alterna una retorica di amicizia a una prassi di contrasto nei confronti di Obama. Se entro i prossimi mesi Gerusalemme non verrà incontro a Washington fermando la colonizzazione in Cisgiordania e smantellando alcuni insediamenti strategici, è probabile che la crisi raggiunga livelli pericolosi. E’ lunga la strada di peace and love. (4/06/2009)