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 2009  giugno 05 Venerdì calendario

ENEL E DANONE PER VOCE ARANCIO


Enel ha bisogno di soldi. L’operazione Endesa, conclusa a febbraio con l’acquisto dell’ultimo 25% della compagnia spagnola da Acciona, in tre anni è costata 41,1 miliardi di euro (30 miliardi per il 75% nel 2007, 11,1 miliardi per il 25% nel 2009). Per arrivarci in fondo sono stati necessari i soldi delle banche. Il debito netto del gruppo oggi è di 50 miliardi di euro, di cui 13,8 miliardi vanno restituiti entro la fine del 2010.
Questo debito, che equivale a 3,7 volte il margine operativo lordo, deve essere ridotto. Le agenzie di rating Standard & Poor’s e Fitch danno al debito di Enel un giudizio A- con tendenza ”negativa”. Moody’s lo giudica A2 con prospettive di ribasso. Se il rating fosse tagliato Enel avrebbe ovviamente più difficoltà a ottenere credito. Quindi il consiglio di amministrazione dell’azienda ha elaborato una strategia per tagliare l’indebitamento: punta a ridurlo a 45 miliardi entro l’anno prossimo per scendere fino a 41 miliardi nel 2013. Il piano prevede riduzioni dei costi e degli investimenti (12 miliardi in meno in cinque anni) ma anche incassi veloci: dismissioni di divisioni non strategiche per 10 miliardi di euro e un aumento di capitale da 8 miliardi.
Le dismissioni sono già iniziate. Enel ha da poco formalizzato la vendita del 100% della rete di trasmissione elettrica a Terna per 1,15 miliardi di euro. L’80% della rete gas andrà al fondo F2i (quello gestito da Vito Gamberale) e ad Axa Private equity per 480 milioni di euro, e quest’operazione consentirà una riduzione del debito di altri 1,2 miliardi. sul mercato il 30% di Enel Green Power, la divisione di energia verde: sarebbero arrivate una dozzina di offerte, il prezzo è sui 2,9 miliardi di euro. Altri 5 miliardi si possono ricavare vendendo parte di Endesa Europa, la rete di trasmissione islandese, asset in Bulgaria e Sudamerica. E potrebbe essere ceduta anche parte della rete elettrica italiana: il 30% vale 7 miliardi.
L’aumento di capitale è partito il 1° giugno. Proposto a marzo dal consiglio di amministrazione, approvato dall’assemblea straordinaria il 29 aprile scorso, e avviato dal cda il 29 maggio l’aumento di capitale durerà fino al 19 giugno. Saranno emesse più di 3 miliardi di nuove azioni (esattamente 3.216.938.192 titoli) per un valore totale di quasi 8 miliardi di euro (precisamente 7.978.006.716 euro). Il prezzo dei nuovi titoli è di 2,48 euro, cioè uno sconto di poco più del 30% rispetto al prezzo del 1° giugno, se si esclude il pagamento del dividendo (0,29 centesimi di cedola addizionale per il 2008, che non saranno pagati per le nuove azioni). Gli azionisti che decideranno di aderire avranno diritto ad acquistare 13 nuove azioni ogni 25 già possedute.
Nell’ultimo trimestre 2008 si è verificata in Italia la prima riduzione del consumo di energia elettrica dal 1981. Un secondo calo si è visto nel primo trimestre 2009.
Enel continua a crescere. Nel 2008 l’utile netto è salito del 35,2% (a 5,3 miliardi) e i ricavi a 61,2 miliardi (+40%). L’Ebitda è aumentato del 14,1%, da 3,37 miliardi a 3,8 miliardi. Il gruppo ha una capitalizzazione di 22 miliardi e 781 milioni di euro e pesa quasi il 10% (9,4%) dell’indice Ftse Mib.
L’utile di 1,9 miliardi (+101%) messo a segno da Enel nel primo trimestre 2009 è il più alto della Borsa italiana. L’azienda ha scalzato al primo posto Eni, che si è fermata a 1,76 miliardi (-42,2%).
Il ministero dell’Economia controlla direttamente il 21,1% del capitale di Enel e indirettamente un altro 10,1% attraverso la Cassa depositi e prestiti. La quota del 30,2% garantisce al Tesoro il blocco di un’offerta ostile. Il resto del capitale, il 68,8%, è sul mercato. Sommata ai titoli già in circolazione, l’emissione di nuove azioni porta a 9,4 miliardi il numero di titoli della società.
Chiunque può partecipare all’operazione, acquistando in Borsa, fino al 12 giugno, i diritti di acquisto messi sul mercato dagli azionisti che non intendono aderire all’aumento. Quotati separatamente dalle azioni ufficiali, questi diritti si sono rapidamente svalutati. Il 2 giugno erano scambiati a 0,51 euro, il 3 hanno chiuso a 0,442 euro, il 14,17% in meno. Il valore teorico del diritto (che si avvicina allo zero man mano che il titolo Enel in Borsa si avvicina al prezzo di emissione delle nuove azioni) si aggira intorno ai 60 centesimi.
La politica dei dividendi di Enel (distribuirà ogni anno il 60% degli utili fino al 2013) ne fa un titolo molto appetibile. Ma c’è anche un interesse politico: il ministero dell’Economia non ha nessuna intenzione di diluire la propria partecipazione. Difatti ha annunciato che parteciperà all’operazione: la Cassa depositi e prestiti aderirà all’aumento di capitale sia per la quota propria sia per quella del ministero, con un investimento di 2,5 miliardi di euro. Dal luglio 2010, come richiesto dall’Antitrust, la Cdp dovrà uscire dalla società: entro quella data cederà il suo 10,1% al Tesoro.
Le banche ci guadagneranno. Il numero di istituti coinvolti nell’aumento è molto elevato: sono 36. Per le banche d’affari sono previste commissioni complessive per 180 milioni di euro.
Tra quelli che parteciperanno all’operazione c’è anche l’amministratore delegato e direttore generale del gruppo, Fulvio Conti. Conti è anche andato su Youtube, assieme ai manager Luigi Ferraris e Luca Torchia, per promuovere l’aumento. «Agli azionisti – dice l’a.d. in un video on line – chiediamo di poter continuare ad avere il loro supporto per un progetto di crescita e di consolidamento del nostro risultato, con la possibilità di ottenere quelle risorse finanziarie che potranno essere applicate nei nostri processi di investimento».
Conti il 3 giugno ha comprato 248.365 nuove azioni (compresi 205mila diritti) spendendo 715.575 euro. Adesso ha in mano 521.025 azioni. Nel 2008 il manager ha incassato un compenso di 3,236 milioni di euro, 134mila euro in più rispetto al 2007. Il presidente Piero Gnudi ha ricevuto invece 920mila euro e non ha comunicato l’acquisto di nuove azioni, limitandosi ad annunciare, il 4 giugno, che «l’aumento di capitale sta andando bene».
Acquisterà azioni di Enel anche il Lybian Investment Authority (Lia), il fondo sovrano di Tripoli. Lia punta a procurarsi un 2% del capitale della compagnia che diventerebbe, con Unicredit, il principale investimento itailano del governo di Gheddafi. Come nel caso dell’ingresso nella banca, l’ambasciatore di Libia in Italia, Hafed Gaddur, ha assicurato che queste sono operazioni con una logica «esclusivamente finanziaria». Non sono in vista «intese di tipo industriale o addirittura un coinvolgimento nella gestione».
I diritti che non saranno esercitati verranno offerti in Borsa a luglio. Se non troveranno acquirenti saranno comprati da un consorzio di garanzia composto da circa 30 banche, che si sono impegnate a partecipare all’aumento fino a 5,5 miliardi di euro (cioè tutte le nuove azioni escluse quelle del Tesoro). A dirigere il consorzio Banca Imi, Jp Morgan e Mediobanca.
Secondo gli analisti alla fine dell’operazione il prezzo delle azioni si attesterà a 3,6 euro. Lunedì 1° giugno, primo giorno dell’aumento di capitale, il titolo è sceso subito da 4,18 a 3,75 euro, per poi stabilizzarsi attorno al 3,6 nei giorni successivi. Dall’inizio dell’anno Enel ha perso in Borsa l’8,06%, contro il +3,5% segnato dagli indici di Piazza Affari.
Chi avesse acquistato azioni Enel nel giorno della collocazione in Borsa (il 2 novembre 1999) oggi avrebbe un ritorno sull’investimento negativo per lo 0,18%, compresi dividendi e bonus.
Anche Danone ha bisogno di soldi. Sempre per tagliare i debiti, a quota 11 miliardi di euro, cioè tre volte il margine operativo lordo del gruppo, quando la media del settore è di un rapporto 1 a 1,5. Sono debiti contratti per finanziare l’acquisizione di Numico, casa alimentare olandese pagata 12,3 miliardi nel 2007. Per questo è stato lanciata un’operazione di aumento di capitale da 3 miliardi di euro. I soldi, ha spiegato l’azienda, potrebbero servire anche per qualche acquisizione: cioè Parmalat o Granarolo. L’aumento di capitale è iniziato il 1° giugno e si concluderà il 12.
In effetti i 3 miliardi che Danone si prepara a raccogliere – precisamente 3.047.634.984,96 euro attraverso l’emissione di 123.236.352 nuove azioni – equivalgono al valore in Borsa di Parmalat. Emmanuel Faber, vice presidente del gruppo, però ha smentito un qualsiasi interesse verso l’azienda di Collecchio. Non interessa, almeno ufficialmente, nemmeno Granarolo.
Il presidente e amministratore delegato di Danone è Franck Riboud, figlio di Antoine, che aveva ereditato una fabbrica di vetro e si era messo a comprare i produttori di bevande ai quali vendeva le bottiglie. «Ho capito che sarebbe stato meglio riempire le bottiglie piuttosto che fabbricarle» raccontava Antoine, che acquisì la Danone nel 1981. Nel 1996 lasciò il comando a Franck, grande fan di Zidane. Dopo la testata del capitano della Francia a Materazzi nella finale del mondiale 2006, Riboud, che già aveva Zidane come Testimonial, commentava: «Certo, ho visto quel che è successo a Berlino ma non me ne importa nulla. Io ammiro Zidane, lo conosco talmente bene che credo di capirlo».
L’80% delle azioni Danone oggi sono in mano a investitori istituzionali, il 13% a singoli azionisti, il 7% sono titoli propri. Gli azionisti principali sono il fondo di private equity Eurazeo (5,2%), la Cassa depositi e prestiti francese (Caisse des Dépôts et Consignations) che ha il 4%, la holding Sofina ed Henex (3,2%), il fondo dei dipendenti (3,1%), il fondo Predica di Crédit Agricole (1,4%). Le azioni attualmente in circolazione sono 513.802.000, valgono sui 32 euro, per una capitalizzazione totale di 17 miliardi di euro.
Le nuove azioni sono vendute a 24,73 euro, con un forte sconto (il 31,4%) rispetto al prezzo del giorno dell’annuncio (il 28 maggio, quando valevano 35,8 euro). Gli attuali azionisti possono acquistare 4 nuove azioni per ogni titolo già posseduto.
A dare fiducia al consiglio di amministrazione anche l’atteggiamento degli azionisti. Il 62% di loro ha scelto di incassare il dividendo 2008 (1,20 euro ad azione) non in contanti, ma in nuove azioni. Per questo già a fine maggio sono stati emessi 11.216.756 nuovi titoli, comprensivi di diritto a partecipare all’aumento di capitale.
L’agenzia Moody’s, valutata l’operazione, ha modificato le sue prospettive sul debito del titolo: il giudizio resta A3, ma l’outlook è passato da ”stabile” a ”negativo”.
Rivolto alla grande distribuzione, il gruppo Danone è più sensibile di altri alla crisi dei consumi. In aprile le sue vendite sono scese del 3,5% in Europa: -10,5% le bibite, -3,9% lo yogurt, +4,9% il cibo per bambini. Il 2008 è stato particolarmente duro. Gli utili sono passati da 4,18 miliardi a 1,31. Il margine netto è crollato dal 32 all’8%. Però è cresciuto il fatturato: da 12,7 a 15,2 miliardi. Le entrate arrivano soprattutto da yogurt e altri prodotti del latte (il 68,8% del fatturato del gruppo, leader globale di questo settore), dalle bevande (il 27,7%, soprattutto acqua minerale, di cui Danone è il 2° produttore mondiale), dai prodotti per bambini (il 3,5% delle entrate).
Dal 1° gennaio 2008 il titolo Danone ha perso il 23,88% del suo valore. Nel primo giorno dopo l’inizio dell’aumento di capitale ha perso l’8%, scendendo anche sotto i 32 euro, poi è risalito a 32,7. Ma sembra destinato a risalire. Il consenso degli analisti consiglia di comprare: lo suggeriscono il 54% degli operatori, contro un 29% che ritiene sia meglio conservarlo e un 18% che suggerisce la vendita.
Il mercato si chiede cosa farà la famiglia Carasso. Sono i discendenti del fondatore, il greco Isaac Carasso, ebreo sefardita greco emigrato in Catalogna all’inizio del secolo scorso. Suo figlio Daniel – il cui diminutivo in basco, Danon, dà il nome all’azienda – è stato l’uomo che ha trasformato lo yogurt da cibo etnico dei greci a prodotto di massa. morto il 17 maggio scorso, a 103 anni.
Morto Daniel sono rimasti gli eredi: la sua unica figlia, Marina Nahmias, i quattro figli di lei e sei bisnipoti. Assieme detengono il 44% delle quote di Danone Spagna, che valgono 2,7 miliardi di euro. Si mormora che vogliano vendere la loro quota. Anche se il vice-direttore esecutivo Faber smentisce: ”Con loro abbiamo una lunga relazione, non vi è alcuna urgenza di prendere in considerazione un cambiamento”.