Lorenzo Cherubini, Internazionale 798 (5 - 11 giugno), 4 giugno 2009
I ragazzi di Teheran (Lorenzo Cherubini per Internazionale). Da isfahan a teheran in bus ci vogliono sette ore di un’autostrada pazza di trafico, enormi camion e vecchie Paykan che fumano nero come i camini di Mary Poppins
I ragazzi di Teheran (Lorenzo Cherubini per Internazionale). Da isfahan a teheran in bus ci vogliono sette ore di un’autostrada pazza di trafico, enormi camion e vecchie Paykan che fumano nero come i camini di Mary Poppins. Ci sono anche tante auto nuove, marche iraniane mai sentite e alcune coreane. Qualcuna è europea. Il bus è uno Scania, ma costruito in Iran, un grande adesivo ci tiene a precisarlo. Ho provato a scambiare la mia bici con un tappeto nel bazar di Isfahan, ma non era un buon affare, così l’ho caricata nel bagagliaio. Per entrare in città, dalla periferia al terminal dei bus, ci vogliono due ore. Teheran ha la stessa puzza di Città del Messico, São Paulo, Shanghai. l’odore delle città con più di 15 milioni di abitanti. Dicono che Teheran ha il record mondiale di trafico. Per veriicare me la faccio subito in bici dal nord borghese ino al centro popolare, dove vado a cercare un albergo. Confermo, è la più traficata del mondo. una grande metropoli di svincoli e palazzoni, un immenso autoscontro dove però miracolosamente le auto non si toccano mai. Quasi mai. Al volante sono dei pazzi fuoriclasse e molti si affacciano dal inestrino per salutarmi come se il pazzo fossi io. Qui non ci sono bici. La città è in salita. Sale dai mille ai duemila metri, poi comincia la montagna più alta del Medio Oriente: cinquemila metri, ci sono anche gli impianti da sci. Tra poco ci sono le elezioni presidenziali ma in giro ho visto solo un manifesto, una mattina mentre passavo in bici da Khomein, la città dov’è nato il padre della rivoluzione. Era in una rotatoria e ci si doveva sbattere contro per vederlo. Agli abitanti delle province il presidente Ahmadinejad piace. Molti giovani lo considerano moderno. Il suo nazionalismo, che celebra l’identità iraniana senza mettere il clero sciita in dificoltà, ha successo. Però tra i giovani di Teheran, e sono tanti, tira un’altra aria. La rivoluzione ha trent’anni. Mi guardo intorno per la strada e quelli che hanno meno di trent’anni sono la maggioranza, quindi i conti si fanno in fretta: i valori della rivoluzione sono in crisi e la città lo comunica da tutti i suoi pori. Nella gara tra i cartelloni pubblicitari e i poster di Khomeini e Khamenei, i due leader iraniani vincono 5 a 1, ma i manifesti della Nokia sono più sgargianti. Il futuro passa da lì, è chiaro. Nel parco e Shahr, proprio vicino alla grande piazza svincolo Imam Khomeini, c’è un busto in bronzo di Dante Alighieri. Il nome è scritto in persiano ma la faccia è inconfondibile. Per essere sicuro chiedo a un ragazzo di leggere l’iscrizione e lui dice ”dandhè” senza il cognome. Il nostro sommo poeta. Vendono magliette con la scritta ’Italia” in molte botteghe e quando dico che sono italiano mi fanno molte feste e mi recitano qualche formazione delle squadre di serie A. Qualcuno pensa che San Siro sia il nostro luogo di culto più importante. E per me scoprire che San Siro è più famoso di Sanremo è un po’ frustrante. In un ristorante un signore distinto dall’abito liso mi ha detto: ”Pasolini, Rossellini, Fellini, Antonioni, Bertolucci, De Sica!”. ”Kiarostami, Makhmalbaf!”, gli ho risposto io, e poi non ci siamo detti più niente perché nessuno parlava la lingua dell’altro, ma molte immagini scorrevano davanti ai nostri occhi. A proposito di Dante e del suo naso, in giro per Teheran si vedono tantissimi giovani con il cerotto postoperatorio da rinoplastica. L’avevo letto da qualche parte, è proprio vero, questa è la capitale mondiale del naso rifatto. Uno s’immagina questi sciiti tutti un po’ austeri con il dito puntato verso l’occidente scellerato e frivolo e invece appena possono tutti, maschi e femmine, si rifanno il naso alla francese. Il presidente uscente e probabilmente rientrante ha detto che in Iran l’omosessualità non esiste. In cinque chilometri tra questi palazzoni borghesi hanno cercato di rimorchiarmi cinque volte, una media di un gay a chilometro, come una città del mondo moderno. Ogni volta che mi fermo in un locale a bere un tè o una Coca-Cola c’è qualcuno che vuole parlare inglese. I manuali per imparare la lingua si vedono ovunque tra le mani dei giovani, in metropolitana e sui tram sono la lettura più diffusa. Mi chiedono cose su Roma e sull’Italia. vero che da voi c’è molta musica dal vivo in posti pubblici? Qui è illegale, ci vogliono un sacco di permessi e allora si fa di nascosto. E il presidente? Chiedo io. Lo rieleggeranno? Lo dicono tutti. Forse sì, purtroppo. Ma a chi piace? A nessuno. E allora perché lo rieleggete? Perché fa comodo a un sacco di gente, a quelli che approittano dell’isolamento del paese, all’oligarchia religiosa, a quella industriale. Loro guidano la propaganda, promettono cose. La coda della balena I ragazzi non ne possono più della politica, come da noi. Aspettano qualcuno che incarni un sogno, ma all’orizzonte non c’è, e i candidati non sono facce fresche, è gente uscita dai soliti gruppi dirigenti. Molti ragazzi che ho incontrato a Teheran non sopportano l’immagine che il loro paese dà all’estero. Però è il paese in cui sono nati e lo amano. La loro avventura in questo mondo passa di qua, lo sanno bene e ne sono orgogliosi. Non vedo cinismo o scoraggiamento in giro, vedo molta voglia di vivere. Qualcuno riesce anche ad andarsene, ma oggi il mondo non è facile da nessuna parte e non hanno voglia di fare gli emigranti per morire di fame. Comunque questa città è un cuore pulsante, un luogo dove i cambiamenti sono possibili. La rivoluzione ha dato al paese un sistema universitario accessibile da cui nasceranno le riforme. Non è solo una speranza, è una sensazione forte. Sotto al vestito d’ordinanza imposto dalla legge, più che dalla tradizione, le ragazze di città trovano spazi di personalizzazione. Scarpe da ginnastica, un po’ di trucco, un colpo di sole alla ciocca che si può tenere fuori dall’hidjab. Questa roba non la fermi con la legge ed è bello vedere che la vita è più forte di tutto. Queste regine di Saba, queste Sherazade, questi principi persiani, questi sacerdoti di Zoroastro, cavalieri dello Shah Abbas, studenti, giovani rivoluzionari trent’anni dopo la rivoluzione dei loro genitori sono materia bollente sotto il culo delle istituzioni, che Allah li benedica. C’è una tv musicale locale sul satellite, si chiama Music Iran. Quello che passa è quasi tutto tamarrissimo ma conferma la tendenza verso costumi più liberi. C’è internet e ci sono posti dove puoi collegarti pagando pochissimo. I siti occidentali sono quasi tutti accessibili. A giorni alterni. Oggi non si può andare su MySpace e Facebook e nemmeno sul sito di Mtv, ma YouTube c’è e pure il New York Times. All’università ho fatto una passeggiata, è un campus enorme. Ha l’aria di tutte le grandi università del mondo. Tantissimi giovani, librerie che scoppiano di volumi di ogni tipo, da Che Guevara ai classici russi. Libri sul cinema americano, sull’arte occidentale, sulla pubblicità e la graica. Molta poesia, testi religiosi e tecnici. Tanta informatica. Pure un po’ di new age: Osho, Paulo Coelho. La cura del cane d’appartamento. Al bazar ho incrociato per un secondo una ragazza con la sindrome di down chiusa nel suo chador nero ino ai piedi. Le ho sorriso e lei mi ha risorriso stupita. Mi è tornata in mente spesso. Sono stato in vari negozi di dvd. Molti vendono solo roba pirata. Film locali, storie d’amore. Le arti marziali vanno forte. C’è tutto Bud Spencer e Terence Hill. C’è Die Hard, Van Damme, Bruce Lee, Jackie Chan, 007. In metropolitana mi reggo su una maniglia che è a forma di lattina della più diffusa birra analcolica e dalla mia manica spunta la coda della balena che ho tatuata sul braccio. Mi chiedono di fotografarla col telefonino. Sono illegali i tatuaggi? No, ma qui non se ne vedono. Il tassista che mi porta all’aeroporto si chiama Ramin. Ha 32 anni. Non voterà perché se ne frega della politica. Parla un inglese ricco di vocaboli. Visto che sono italiano mi fa molte domande su Malta. Se ci sono stato, com’è, se è cara, se ci sono belle spiagge. Gli dico che è un posto con molta storia e ci si rifugiò Caravaggio, un grande pittore. E poi è al centro del Mediterraneo, vorrà dire qualcosa no? Ma perché proprio Malta, Ramin? Perché è il posto più vicino all’Iran dove si parla inglese e io l’ho studiato, potrei vivere in un posto dove lo parlano ma che sia piccolo, così faccio presto a imparare le strade per guidare un taxi. Allora ciao Ramin, grazie. Ci vediamo a Malta. Ok, a Malta. Ma non sarebbe più pratico cominciare votando un presidente che ti piace? Prima o poi arriverà. Poi un giorno a Malta ci vai in vacanza. Ci penserò.