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 2009  giugno 04 Giovedì calendario

IL PARADOSSO DI ZAPATERO AIUTATO DAI VESCOVI


Infausti i sondaggi, appannato Zapatero, feroce la crisi economica. Per il governo socialista queste elezioni si mettevano davvero male quando è arrivata in soccorso quella parte della gerarchia cattolica che detiene due primati.

La più ideologica d´Europa, la più versata nello spararsi sui piedi. Dal manifesto del vescovo di Burgos contro «l´asse mondiale laicista» fino alla denuncia del relativismo come malattia mortale della democrazia ripetuta dal vescovo di Granada, una buona metà della curia bisbiglia, sia pure volando alto: votate Partido Popular. Quanto di meglio potesse sperare il Psoe di Zapatero per mobilitare un base fino a quel momento apatica: pochi temi come le ingerenze ecclesiastiche riescono a rianimare l´elettorato socialista.
Il contributo maggiore l´ha offerto ancora una volta il cardinale Antonio Canizares, un benemerito del socialismo spagnolo. Mentre l´opinione pubblica cominciava a dimenticare lo scandalo delle violenze sessuali compiute in Irlanda da preti, Canizares ha voluto dire la sua: «Quel che può essere accaduto in alcuni collegi non è paragonabile» alle «milioni di vite distrutte dall´aborto», un´allusione al progetto di legge sull´interruzione della gravidanza presentato dal governo. Immediatamente la stampa socialista si è messa alla caccia di Mayor Oreja, il conservatore cattolico che guida la campagna elettorale del Partido Popular, e alla prima occasione gli ha domandato: condivide? Oreja ha svicolato. Da allora il paragone spericolato tra aborti e stupri è un pezzo forte della propaganda socialista, lo si cita per screditare la destra come clericale e bigotta.
Probabilmente ai socialisti non basterà per rimontare i Popolari, in vantaggio di 2-4 punti percentuali. Ma anche in quel caso la curia belligerante non avrebbe motivo per festeggiare la sconfitta del nemico. Il successo dei Popolari, infatti, premierebbe un gruppo dirigente che si è smarcato dalla gerarchia cattolica. E probabilmente segnerebbe il tramonto di quell´esperimento politico-curiale, fino a ieri gradito al Vaticano, che aveva saldato neocons e teocons, "atei devoti" e tradizionalismo cattolico, Aznar e Canizares.
Riunita sotto gli stendardi dei Valori Cristiani, quella santa alleanza avrebbe dovuto ergersi contro la «dittatura del relativismo», di cui la Spagna di Zapatero appariva «la punta più avanzata» (così Canizares). Ad Aznar finora è andata male, nel suo PP sembra ormai periferico; alla curia è andata anche peggio. Come spiega Rafael Diaz-Salazar, sociologo della religione presso l´università Complutense di Madrid, «il fatto che la gerarchia adottasse posizioni così ideologiche, con un´intensità mai vista dalla morte di Franco, ha creato grande malessere nella Chiesa. E per reazione, ha rafforzato una certa anarchia cattolica». Accade questo: un vasto settore di fedeli ormai va per conto suo, si disegna un proprio cattolicesimo e se ne infischia del vertice ecclesiastico (o lo contesta apertamente, come nel caso di Redes cristianas, una rete di 147 gruppi religiosi presente nel web). In altre parole, la battaglia contro il "relativismo laicista" ha diffuso il relativismo cattolico, promosso una fede a la carte in cui ciascuno può scegliersi quel che gli aggrada. Clamoroso autogol, direbbe un cronista sportivo. E non l´unico. Parte della curia sperava di trasformare il PP in un partito di semi-obbedienza ecclesiastica attraverso Aznar e la stampa neocons. Ma il risultato è stato opposto: il Partido popular ormai rappresenta una destra ampiamente relativizzata in cui si possono trovare, perfino nel vertice, i più diversi valori e stili di vita.
Poiché la lotta contro il "relativismo" è l´asse del pontificato, il Vaticano non può ignorare un esito così paradossale. E infatti è in corso una correzione, almeno tattica. Il nunzio apostolico manda al governo socialista segnali concilianti; la radio della Conferenza episcopale, la Cope, ha smorzato l´aggressività verso il Psoe; e perfino parte del clero belligerante ora vorrebbe tenere a distanza il suo alleato, un giornalismo neocons trincerato nelle sue fedi incrollabili (Aznar, Bush, la cospirazione basco-islamica) e nei suoi odi tenaci (i socialisti, ma anche il segretario dei Popolari, Mariano Rajoy, e in genere i liberali di quel partito). Queste rettifiche segnalano anche un problema di comunicazione. I toni apocalittici e sovreccitati cui è ricorsa la curia non possono essere reiterati all´infinito, poiché non trovano alcuna corrispondenza nell´esperienza quotidiana dei cattolici spagnoli. Qualche dozzina di matrimoni tra omosessuali e l´innocuo insegnamento a scuola dell´educazione civica non hanno cambiato in nulla i costumi collettivi né minacciato la Chiesa, che anzi sulle questioni concrete (in primo luogo i finanziamenti) ha ottenuto dal governo alcune migliorie. Come è ormai è evidente a tutti, il Psoe non vuole cancellare il cattolicesimo, non fosse altro perché i suoi elettori che si dichiarano cattolici sono quasi il doppio di quelli che si dichiarano atei o agnostici. E questo scontro drammatico tra socialisti e prelati, è, depurato dei suoi echi storici, soprattutto spettacolo. Conviene ad entrambi i protagonisti. La Chiesa trova nel "relativismo laicista" quel contrario che secondo la dottrina Ruini le sarebbe indispensabile per scoprire la propria identità. E il Psoe guadagna occasioni sia per mobilitare la base anticlericale, sia per mettere in difficoltà il PP, che non può privarsi del voto tradizionalista.
Ma anche se questo conflitto spagnolo è per gran parte un gioco mediatico, non è artificiale il dilemma della Chiesa ratzingeriana, di cui la Spagna è il principale test. Se il cattolicesimo diventa un contenitore di tutto e del contrario di tutto, così come sono altre fedi, perde identità e rilevanza. Ma se sceglie un´identità troppo forte, ideologica, rischia di spingere una parte della base verso identità autonome. Distanze siderali ormai separano Redes cristianas, arcipelago di cattolici "di sinistra", dai gruppi della destra cattolica, innanzitutto le comunità evangeliche, i Kikos, che aumentano in proseliti e sembrano l´unico successo costruito dalla curia. Tra i due estremi, quel 35% di spagnoli che va a messa (almeno ogni tanto) trova una gamma di comportamenti e di valori adattabili alle più varie convenienze.
Sono i Kikos, una destra sociale motivata e obbediente, la soluzione del dilemma ratzingeriano? La domanda può essere riformulata così: perché oggi soltanto il 10% dei giovani spagnoli si dichiara cattolico? un effetto del "relativismo", della «secolarizzazione di tanti cuori battezzati», come sostiene l´arcivescovo di Madrid? Dell´atteggiamento della Chiesa «su temi quali aborto e sessualità», come afferma il sociologo Juan Gonzalez-Anleo? Di Zapatero e dell´"offensiva laicista"? In Vaticano potrebbero cominciare a chiedersi se un contribuito rilevante non l´abbia offerto, negli ultimi anni, la gerarchia ecclesiastica. Pretendendosi unico depositario dei valori (universali e nazionali), quel clero ha finito per ricordare a due generazioni che la Chiesa esercitò già quel ruolo: a sostegno della dittatura.
Quando ascoltano il portavoce della Conferenza episcopale sostenere che «il crocefisso è un segno di garanzia di libertà contro il totalitarismo», gli ex bambini degli anni Sessanta rivedono i tempi in cui non potevi frequentare la scuola se non eri battezzato e alcuni parroci ti domandavano se a casa si parlava male di Franco, il proto-canonico emerito della basilica romana di S. Maria Maggiore salutato da papa Pacelli nel 1939 come un salvatore della civiltà. Quando apprendono dall´arcivescovo di Madrid che comunismo sovietico e nazionalsocialismo sono figli del «laicismo radicale», molti tornano con la memoria ai racconti dei genitori, da cui risulta quel che da alcuni anni sostengono ormai diversi storici: la Chiesa fu complice attiva nelle violenze più spaventose compiute dal franchismo. La macchina della repressione franchista, sostiene per esempio Julian Casanova, cattedratico di storia moderna a Saragoza, «convertì i preti in investigatori del passato ideologico e politico dei cittadini, in collaboratori dell´apparato giudiziario. Con le loro informazioni, approvarono lo sterminio legale organizzato dai vincitori nel dopoguerra» (almeno 50mila uccisi).
Ogni qualvolta è chiamato a dare un giudizio su quel periodo, il clero belligerante si sottrae con la formula «Non riapriamo vecchie ferite». Ma potrà mai aspirare ad un´identità forte e avvincente una Chiesa che fa del suo passato nebbia, che fugge dalla storia?