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 2009  giugno 04 Giovedì calendario

IL LODO ALFANO IN QUESTO CASO NON SCATTEREBBE


ROMA – L’inchiesta è appena agli inizi, ma già i dubbi si rincorro­no sull’eventuale processo a carico di Silvio Berlusconi: il «lodo Alfano» lo salverebbe dall’imputazione di abuso d’ufficio per i voli di Stato sui quali viaggiavano i suoi ospiti? A pri­ma vista sembrerebbe di no, giacché la legge «salva-premier» – approva­ta l’estate scorsa in tutta fretta per fermare il processo Mills, senza il tempo di procedere a modifiche co­stituzionali – avverte alla prima ri­ga che le nuove disposizioni si appli­cano «salvi i casi previsti dall’artico­lo 96 della Costituzione». Articolo nel quale è scritto che «il presidente del Consiglio e i ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Ca­mera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale».

Nessun riferimento a sospensioni, né qui né nella legge costituzionale a cui si rimanda. L’incipit del «lodo Al­fano » precisa che dalle nuove norme resta escluso quanto stabilito dalla Costituzione per i reati «commessi nell’esercizio delle funzioni»; e che l’abuso d’ufficio per l’utilizzo impro­prio dei voli di Stato sia collegato al­l’esercizio delle funzioni appare evi­dente. Tuttavia è prevedibile che, qualora il tribunale dei ministri do­vesse esprimersi (tra chissà quanto tempo) per un rinvio a giudizio del capo del governo, qualcuno potreb­be chiedere di sospendere comun­que l’eventuale processo, proprio in virtù della legge salva-premier. Ma si tratta di una questione di là da ve­nire, se mai verrà. Più attuale è l’ap­plicazione del «lodo» all’inchiesta che di fatto s’è aperta con la decisio­ne di inviare gli atti sull’indagato Ber­lusconi all’apposito collegio compe­tente per i reati ministeriali.

Anche in questo caso, una prima lettura della legge dimostrerebbe che l’indagine si può fare, senza biso­gno di interrompere alcunché, alme­no fino all’ipotetica richiesta di rin­vio a giudizio. La norma che porta il nome del ministro della Giustizia, in­fatti, prevede la sospensione dei «processi penali» contro le prime quattro cariche dello Stato fino alla cessazione delle loro funzioni. «Pro­cesso », nell’interpretazione della maggior parte dei giuristi, è quello che si svolge in aula, davanti al giudi­ce; la fase delle indagini preliminari è chiamata, dai tecnici e in altri arti­coli del codice, «procedimento»; pa­rola che non compare nel «lodo Alfa­no ». Ma la questione è ugualmente dibattuta, tanto che tra i quesiti già sottoposti alla Corte costituzionale c’è pure quello sulla possibilità di svolgere l’inchiesta; la risposta do­vrebbe arrivare subito dopo l’estate.

Per adesso, insomma, c’è solo la decisione della Procura di procedere con l’indagine a carico di Berlusconi e inviare il fascicolo al tribunale dei ministri. Arrivata dopo il sequestro (richiesto dall’avvocato dello stesso Berlusconi) delle fotografie scattate dal reporter appostato all’aeroporto di Olbia e intorno a Villa Certosa; pro­prio da quelle immagini è saltato fuo­ri l’ipotetico abuso d’ufficio per i pas­saggi forse indebiti concessi da Ber­lusconi ai suoi ospiti in Sardegna. Vi­sionati i primi scatti, comparsi an­che su alcuni giornali, la Procura ha avviato l’indagine di sua iniziativa; fosse già in vigore la norma propo­sta dal ministro Alfano che impone ai pubblici ministeri di aspettare le comunicazioni della polizia giudizia­ria o le denunce sottoscritte con no­mi e cognomi, non avrebbe potuto fare nemmeno questo.