Raffaella Polato, Corriere della sera 2/6/2009, 2 giugno 2009
VENDITE ANCORA GIU’, FIAT TIENE
A MELFI BLOCCATA LA FABBRICA-
Il gruppo: mancano le forniture, 1.500 vetture al giorno in meno
MILANO – Un mercato che limita i danni grazie agli incentivi, e che però va ancora giù: -8,59% il calo di maggio. Una fabbrica, Melfi, che potrebbe andare controcorrente e lavorare a pieno ritmo: perché lì si produce la Grande Punto e, in un quadro di acquisti che premia solo le gamme ecologiche (beneficiate dagli «aiuti» governativi), proprio la Punto continua a guidare la hit delle vendite. E proprio la Punto, subito seguita da Panda e 500 (prodotte in Polonia), è dunque una delle auto che consentono a Fiat di fare meglio dei concorrenti. Anche il Lingotto vede scendere le immatricolazioni. Ma la flessione è contenuta al 3,52%, e la quota di mercato risale al 34,4%. Un anno fa era al 32,6%.
Melfi, impianto modello non solo per il Sud, è però da una settimana sostanzialmente paralizzato. Bloccato da una querelle sindacale partita da due aziende dell’indotto e deflagrata ieri, all’ennesimo stop per assenza di componenti, con una pesante denuncia del Lingotto. Che fa appello anche al sindacato: quello che sta accadendo, dice, non costa soltanto al gruppo, costa ai 5 mila dipendenti dello stabilimento lucano, ai 3 mila dell’indotto, ai lavoratori richiamati da altre fabbriche in cassa integrazione per sostenere una delle poche produzioni che non abbiano problemi di mercato. Sono auto che si vendono, quelle di Melfi. E ogni giorno di stop significa 1.500 vetture in meno.
Settemila da quando sono iniziate le agitazioni.
La questione contrappone, di fatto, precari e cassintegrati (e non è forse un caso che si siano mosse alcune rappresentanze aziendali ma non ancora i sindacati confederali). Parte tutto da due aziende di componentistica che fanno capo alla Magneti Marelli (dunque alla stessa Fiat). Ci sono 57 contratti interinali che il gruppo decide di non rinnovare. In contemporanea, però, per sostenere la piena produzione a Melfi l’azienda decide di «chiamare » nel comprensorio lavoratori in cassa integrazione. Di qui le tensioni e gli scioperi: prima regolarizzate i nostri dipendenti, dicono dalle due aziende, perché da un lato c’è comunque la Cig e dall’altro solo disoccupazione. Fiat replica così: «La scelta di non ricorrere a nuovi contratti permette di ridurre il ricorso alla Cig. Riteniamo sia una decisione coerente con una gestione responsabile della crisi di mercato». Non solo: «Il blocco delle attività a Melfi è un gravissimo danno, le mancate consegne stanno dando un vantaggio competitivo molto forte alla concorrenza». Il Lingotto, quindi, «denuncia a opinione pubblica, istituzioni e sindacati la gravità della situazione ». La risposta, per ora, viene solo dalle istituzioni. E solo, sin qui, dal ministro del Welfare Maurizio Sacconi. Con una frecciata: «Fino a oggi non abbiamo disturbato il manovratore. Ma la settimana prossima apriremo un negoziato ».