Mario Platero, ཿIl Sole-24 Ore 2/6/2009;, 2 giugno 2009
OBAMA: IL NOSTRO PIANO FAR RINASCERE DETROIT
Da ieri l’America è immersa in un dibattito che riguarda la tenuta della più profonda delle sue vocazioni, quella per il mercato in alternativa alle possibili tendenze "socialiste" di Barack Obama. Il dibattito è partito con la notizia della doppia svolta storica che ci ha dato ieri mattina lo stesso Presidente americano: 60 giorni per una rivoluzione; due mesi fa il Presidente aveva promesso un salvataggio "creativo" di Chrysler e General Motors e ieri ha confermato che l’obiettivo è stato raggiunto.
La Fiat potrà finalmente entrare nel capitale della nuova Chrysler e la General Motors sarà riorganizzata in una Newco molto più snella e competitiva passando attraverso inevitabili procedure fallimentari. Il risultato di questa doppia operazione era annunciato: il Tesoro americano controllerà sia il consiglio della nuova Chrysler che quello della nuova Gm. Quanto basta per far decollare la polemica: i giornali hanno parlato di «governo azionista», di «Casa Bianca responsabile della politica industriale americana », o, come ha suggerito il Wall Street Journal nel suo editoriale, della tenuta a battesimo della «Obama Motor Corp of America». Preoccupazioni inutili: lo stesso Barack Obama si è autodefinito «un’azionista riluttante», costretto all’intervento per salvaguardare un settore e in ultima analisi la stessa economia del Paese, con una promessa e un impegno.
L’impegno, ha detto Obama, è quello di «non esercitare il nostro diritto di azionista, il management avrà piena autonomia e pieno controllo operativo». La promessa, non appena sarà possibile il Tesoro americano restituirà al mercato i suoi titoli: «Abbiamo ereditato una situazione disastrosa, questi passi non sono stati fatti per dare al governo importanti controlli dell’industria dell’auto, capite ha detto Obama parlando ieri mattina ai giornalisti dalla Casa Bianca - questi investimenti ci sono non per spendere i soldi del contribuente americano, ma per recuperarli. E pensare ad altre iniezioni di debito per la Gm era impossibile». Discutendo della Chrysler Obama ha detto che «il tribunale, dopo alcuni passi dolorosi, ha dato il via libera perché una nuova Chrysler, più forte, completi la sua alleanza con la Fiat. Nei prossimi giorni l’azienda sarà fuori dalla procedura fallimentare, in appena 31 giorni. Il suo futuro è nelle mani degli executive e dei suoi lavoratori. Nel frattempo abbiamo salvato decine di migliaia di posti di lavoro, questo a fronte di critici che dicevano che la nostra missione sarebbe stata impossibile».
Le risposte di Obama sono sulla difensiva. Non è nel suo carattere. Il presidente si rende conto che la partita resta aperta e che la posta in gioco è elevatissima. Per la General Motors, l’impegno del governo ha superato i 50 miliardi di dollari. Dopo aver già dato in due altre occasioni rispettivamente 3,5 miliardi di dollari e 20 miliardi di dollari, il governo americano destinerà altri 30,1 miliardi di dollari per gestire la transizione Gm e per far fronte a debiti e investimenti per il futuro. La cifra complessiva impegnata dallo stato americano è pari a 53 miliardi di dollari. Non solo quello che fu il simbolo della potenza del capitalismo americano, un punto di riferimento per l’eccellenza manifatturiera e di gestione a livello mondiale diventerà a tutti gli effetti un’azienda statale: il 60% del pacchetto Gm sarà del Tesoro americano, circa l’11% del governo canadese e dello stato Ontario, il 17% del sindacato. Gli obbligazionisti di sono dovuti accontentare di un misero 10% a fronte delle loro obbligazioni insolventi e non garantite. Complessivamente, per Gm stiamo parlando di circa l’89% del pacchetto azionario nelle mani di governi o sindacati.
Il problema per Obama guardando in avanti non è tanto quello della "socializzazione" degli Stati Uniti d’America, anche se volesse non ci riuscirebbe e gli elettori lo rimanderebbero a casa alla prima occasione. Il problema piuttosto è quello del pericolo di conflitti di interesse: come si comporterà la Casa Bianca quando dovrà decidere su politiche energetiche che costeranno care alle case autombolistiche americane? Privilegerà il suo ruolo pubblico o quello di azionista? E che cosa ha voluto dirci Larry Summers quando domenica in un incontro privato con alcuni giornalisti ha detto: «Il modello Gm è un punto di riferimento che ci potrà servire per altre operazioni simili se si dovessero presentare sfide simili in futuro »?. Ci sono forse già altri settori in difficoltà? Si sta pensando alla nazionalizzazione di qualche banca? Per ora non sembra, ma il fatto stesso che alla Casa Bianca se ne parli significa che forse il giro delle nazionalizzazioni non è del tutto concluso. Per Obama c’è un anno e mezzo di tempo per dare i primi risultati. Il prossimo novembre gli elttori andranno alle urne per le elezioni politiche e due anni dopo per rinnovare il suo mandato. Da qui ad allora Obama dovrà dimostrare, questa volta in termini molto concreti che, come ha detto ieri, una vecchia massima avrà anche in futuro lo stesso valore: «Quel che fa alla General Motors fa bene agli Stati Uniti d’America». Sempre in nome del mercato, naturalmente.