Marco Del Corona, Corriere della sera 28/5/2009, 28 maggio 2009
LA COREA DEL NORD: COLPIREMO IL SUD
«Non siamo più vincolati dall’armistizio del ”53». Hillary: «Interverremo»
PECHINO – Come se oltre mezzo secolo di storia non fosse mai trascorso, la Corea del Nord ha avvertito la Corea del Sud – e il mondo – di non considerarsi più vincolata dall’armistizio del 1953. Una formula per dire che Pyongyang è pronta a ricominciare la guerra che scoppiò nel 1950 e si concluse tre anni più tardi, conflitto mai sigillato da un trattato di pace. Le minacce del regime di Kim Jong-il segnano il terzo giorno di un’escalation scatenata lunedì scorso con un test nucleare sotterraneo, il secondo dal 2006, e accompagnata dal lancio di missili a corta gittata. Nella notte di martedì ne è stato sparato un altro, il sesto in tre giorni (il quinto, secondo fonti sudcoreane).
La propaganda di Pyongyang si è scatenata in particolare nel denunciare l’adesione della Corea del Sud all’«Iniziativa contro la proliferazione atomica» (Psi), nel cui ambito Seul ha avuto finora lo status di osservatore. Si tratta di un’intesa promossa dagli Usa nel 2003 che consente ai Paesi membri di contrastare i traffici di tecnologia utile a programmi nucleari. L’ingresso della Corea del Sud nella Psi, ha ammonito il Nord, significa una «dichiarazione di guerra», dunque «ogni atto ostile, specialmente il blocco delle navi o la loro perquisizione, verrà contrastato da una risposta militare decisa e immediata». A completare l’apparato di minacce, Pyongyang ha sollevato nuovamente la questione dello «status legale» di cinque isole controllate dal Sud lungo il confine marittimo occidentale, la cui legittimità non è mai stata riconosciuta dal governo comunista. Infine, il quotidiano di Seul Chosun Ilbo scriveva ieri della ripresa di attività nel reattore nucleare di Yongbyon osservata da satelliti spia Usa.
I nuovi sviluppi sono stati accolti a Washington con profonda preoccupazione: «Gli Stati Uniti difenderanno la Corea del Sud dalle minacce di Pyongyang », ha detto ieri il segretario di Stato Hillary Clinton, avvertendo il regime comunista che ci «saranno conseguenze per i suoi atti belligeranti». All’Onu si profila intanto una risoluzione per appesantire le sanzioni contro il regime di Kim Jong-il. ««C’è una determinazione chiara in seno al gruppo P5+2», hanno detto fonti diplomatiche, dopo i contatti a porte chiuse tra i delegati di Cina, Russia, Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti più Giappone e Corea del Sud. Un passo avanti rispetto alla semplice «dichiarazione» di condanna verso cui la Russia era orientata dopo il test missilistico del 5 aprile. La Cina resta però inquieta. Da un lato riconduce gli avvenimenti alla contrapposizione con gli Usa e l’Occidente, basta leggere cosa ha dichiarato Su Hao, dell’Istituto universitario di studi diplomatici: «La tensione nella penisola coreana non fa gli interessi della Cina, ma non è realistico pensare che siamo noi a risolvere il problema di fronte all’incapacità dell’Occidente». Chiosa il commentatore Guo Yiming: «Cina e Nord Corea sono ormai distanti. Noi con l’apertura economica abbiamo lasciato stare l’ideologia. Là è tutto politicizzato. Sono agli anni Cinquanta o Sessanta».