Gianni Riotta, ཿIl Sole-24 Ore 2/6/2009;, 2 giugno 2009
USA E UE IL WEEK END PI LUNGO
Che week end! Un fine settimana di maggio ha scosso per sempre i sogni della generazione dei baby boomers su una riva e l’altra dell’Atlantico. Gli americani scoprono che General Motors avrà lo stato come principale partner, come usava una volta nel vecchio continente per le aziende decotte. E gli europei prendono atto della fine del sogno di diventare il nuovo gigante economico, pronto a strappare la leadership del Secolo Americano e contendere il XXI secolo alla Cina. Il macinino Opel è salvato, d’intesa fra il lobbista ed ex cancelliere Schröder e il vero leader russo,l’eterno Putin:mercato?innovazione? concorrenza? agende più variopinte di una Lonely Planet per l’Unione futuribile? Aufwiedersehen.
Cominciamo dagli effetti americani del week end più lungo. difficile spiegare quanto General Motors e America profonda siano connessi. Charlie «Motore» Wilson, che da presidente Gm diventa ministro della difesa di Eisenhower nel 1953, può ben pronunciare davanti al Senato il motto che così spesso sarà stravolto «Per anni ho pensato che quel che va bene per il nostro paese va bene per la General Motors e viceversa ». Wilson rispondeva a una domanda sul conflitto di interessi (già, anche allora!) e lo faceva in squisita buona fede. E adesso? Il presidente Obama chiede ai cittadini di salvare con 53 miliardi di dollari (37 miliardi di euro) una compagnia che ha creato il ceto medio nel paese, producendo mezzo secolo fa, da sola, il 3% del prodotto interno. «Casa Bianca socialista!» sbraitano i commentatori ultras alla radio, guidati da Rush Limbaugh. Obama insiste che il management sarà indipendente dal governo. Quando però il nuovo consiglio d’amministrazione Gm dovrà decidere quali linee chiudere in quattro stati chiave, Indiana, Wisconsin, Ohio e Michigan, sarà davvero libero? Sarà possibile produrre negli stati senza sindacato del Sud, danneggiando le speranze di rielezione di Obama, che proprio nel nord della vecchia industria ha battuto i repubblicani? L’ex ministro del lavoro diClinton,Bob Reich, è persuaso di no, perché «alla fine la General Motors scomparirà». Con buona pace dei suoi critici di destra e sinistra, Obama sta lanciando un gigantesco programma di palliativi, far crollare d’un colpo Gm sarebbe stato devastante e allora meglio un declino sorretto da Washington, nella speranza che nell’area Nord della vecchia automobile nascano nuove iniziative, in grado di creare lavoro, magari intorno a quei veicoli ibridi che hanno incoraggiato il debutto Fiat in Chrysler. Comunque vada un week end storico, conclude il professor Michael Useem della Wharton School con il New York Times: «La storia del capitalismo Usa cambia...la libera impresa è sospesa nel vuoto». Chi vuole una colonna sonora adeguata ascolti la nostalgica «American Pie», la ballata di Don McLean...«Tanto tempo fa, mi ricordo ancora... quando guidavo la mia Che-vrolet fino all’argine, ma l’argine era secco e i ragazzi bevevano whisky di segale...». Obama scommette che la grande Gm, così grande che durante la guerra produceva carri armati per gli Alleati mentre le sue fabbriche tedesche, mai nazionalizzate, producevano mezzi per il nemico, declinerà sapendo creare nuova occupazione.
Sarà così? Di certo è opposta la scommessa tedesca. Lì le elezioni non sono nel 2012, come per Obama, ma già a settembre. Addio sogni di gloria dunque, meglio una mano dal Cremlino e una fabbrica che mai più competerà e mai più sarà capace di creare lavoro, che una sconfitta alle urne. C’era una volta un’Europa capace di intimidire gli Stati Uniti, il professor Charles Kupchan contava i giorni al possibile sorpasso economico.
La crisi ha diviso il vecchio continente e il risveglio non è piacevole. Se una generazione di americani scopre con sorpresa la fine del secolo Usa e la necessità di guadagnarsi con fatica ogni successo, una generazione di europei scopre un’Unione che non cresce più e si ferma. Tutti i figli del dopoguerra in Europa erano abituati a vedere l’Unione rafforzarsi di anno in anno, Ceca, Euratom, sempre più paesi aderenti,elezioni comuni,l’euro, un processo così costante da sembrare biologico per la psicologia di tutti. Il no alla Costituzione ha fermato per sempre l’evoluzione automatica. Da allora ogni sviluppo dovrebbe essere concordato e imposto contro un crescente stagno di indifferenza, risentimento e ostilità dell’opinione pubblica, che domenica potrebbe diventare astensionismo alle urne. Invece la crisi ha rilanciato una difesa di paese in paese, il massimo del protezionismo che si può spacciare e soprattutto l’idea che, alla fine della fiera, torneremo ai giorni di gloria.
A prima vista la soluzione Obama per Gm e quella di Merkel per Opel sembrano somigliarsi. In realtà sono opposte. Obama porta la politica e il capitalismo Usa a una svolta storica e per loro innaturale, perché sa che dopo la crisi nulla sarà come prima e non ci saranno più «Chevy» sull’argine della nostalgia:«Non faccio finta che il peggio sia finito ». La Merkel scommette sulla solita Germania, mercato interconnesso, tanta esportazione, consumi domestici frugali, pochi cervelli dall’Asia, persuasa che prima o poi ritorni il tran tran e il peggio non arrivi mai. Obama potrà perdere ma punta sulla corrente nuova della storia e,alla fine,l’America se ne gioverà. La Merkel può anche usare la chip Opel per sfangarla alle elezioni, ma punta su una storia rugginosa e la Germania pagherà il prezzo. Se lo pagherà anche l’Europa, e quanto esoso sarà, è dubbio che presto ci caveremo.