Gianni Trovati, ཿIl Sole-24 Ore 1/6/2009;, 1 giugno 2009
IN LISTA MOLTI PROFESSIONISTI E POCHE DONNE
Professionista, cinquantenne, maschio. E (troppo) spesso già deputato, senatore, consigliere regionale e comunque potenzialmente incompatibile con la carica di parlamentare europeo. l’immagine del candidato-tipo alle elezioni europee di sabato e domenica prossima, che Il Sole 24 Ore traccia dopo aver esaminato le caratteristiche delle 828 persone presenti nelle 16 liste ammesse alla competizione. I cinquantenni (l’età media dei candidati è 49 anni e 10 mesi) sono il gruppo più folto in queste liste che puntano decisamente sull’"esperienza". Poco meno del 5% dei candidati ha meno di 30 anni, ma quasi tutti si affollano molto lontano dalle chance reali del debutto europeo. Un candidato su dieci, invece, ha superato i 70, fino al record della Svp, che mette in lista lo scrittore Boris Pahor, l’autore di Necropoli, nato a Trieste nel 1913.
Gli incompatibili
Le porte di Strasburgo si apriranno per uno ogni dodici candidati, anche se saranno in molti a rinunciare in partenza al seggio appena conquistato, riaprendo subito il valzer dei subentri. Oppure a dover rinunciare a una carica italiana che impedisce di trasferirsi in Europa. La polemica sui «candidati-bandiera», potenzialmente incompatibili con il seggio Ue, ha diviso gli schieramenti, ma l’esame delle liste rivela che il ricorso a questi nomi è diffuso in tutti i partiti maggiori. Anche perché una legge del 2004, che debutta però a questo turno elettorale, estende le incompatibilità a consiglieri e assessori regionali, presidenti di provincia e sindaci nei comuni sopra i 15mila abitanti. In corsa ce ne sono 72, e affollano le prime file delle proprie liste.
Nel Popolo della libertà è in queste condizioni quasi un candidato su tre: oltre al premier Berlusconi, capolista in tutte e cinque le circoscrizioni, e al ministro della Difesa La Russa, si incontrano deputati (11), senatori (3) e consiglieri regionali (4). Ma anche il Pd schiera 14 persone (il 19,4% del totale) che per entrare all’Europarlamento devono prima dire addio al seggio in Senato (come l’ex ministro Paolo De Castro) o, soprattutto, al posto in giunta regionale (due nel Lazio, due in Calabria e uno in Campania). Ricca la casistica dei potenzialmente incompatibili (sono 10, dopo il sacrificio di due assessori nella crisi della Giunta siciliana) anche in casa Udc, dove corrono tra gli altri anche otto deputati. Più semplice la situazione nel partito di Di Pietro, che oltre a se stesso (deputato) e al collega Leoluca Orlando vede in potenziale conflitto solo un terzo candidato, oggi consigliere regionale. Diffusissime, sempre in tema di liste-bandiera, le candidature multiple, con la stessa persona in corsa in più circoscrizioni: oltre a Berlusconi, fanno l’en plein di circoscrizioni Di Pietro, Umberto Bossi, e in casa radicale Marco Pannella, Emma Bonino e Aldo Loris Rossi, mentre Mina Welby si ferma a quattro evitando le isole. Tra i maggiori solo Pd e Udc evitano il "trucco", mettendo in lista 72 persone per i 72 posti disponibili in Europa.
Professionisti all’attacco
A fare incetta di posti in lista sono i professionisti, guidati in particolare da avvocati e consu-lenti, con un gruppo di complemento formato da giornalisti. un professionista un candidato su quattro e il loro primato è bipartisan: la presenza maggiore si incontra nella lista BoninoPannella (36%), in quella dell’Autonomia (33%) e nella Lega Nord (32%), ma anche Sinistra e Libertà (22%) ne mette in lista di più rispetto a Pd (18%) e Pdl (15%). Gli imprenditori guardano molto a destra e sono rappresentati soprattutto nelle liste della Fiamma Tricolore (24%) e della Lega Nord (18%). Pochissimi gli operai, assenti da Pd, Pdl, Lega e Idv e in netta minoranza anche nelle liste di Sinistra e Libertà. Le loro quotazioni aumentano, com’è naturale, solo nel campo comunista, dove però i pensionati hanno spesso la meglio fino a coprire più di un terzo delle candidature messe in campo dal Pcl di Marco Ferrando, la lista più a sinistra di tutte.
Il secondo gradino nella classifica delle professioni dei candidati tocca al mestiere della politica: e qui la bilancia pende decisamente a sinistra, visto che il 40% dei candidati del Partito democratico non ha altra professione da indicare sulla propria carta d’identità. Nel Popolo della libertà la categoria dei «professionisti della politica» quasi si dimezza,perché un’impresa o uno studio professionale completano l’occupazione di molti dei parlamentari e dirigenti politici in lista.