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 2009  giugno 01 Lunedì calendario

DA GENNAIO NUOVI ASSEGNI PIÙ LEGGERI

Il libro delle riforme previdenziali- sia quelle da più parti auspicate sia quelle necessarie per recepire le sollecitazioni europee- è quanto mai ricco di capitoli. Ci sono l’aumento dell’età pensionabile per le donne del settore pubblico e le proposte per ulteriori passi avanti verso l’armonizzazione delle aliquote contributive. Ancora, ci sono il nodo dei lavori usuranti e le richieste per un intervento più ampio finalizzato a posticipare per tutti i lavoratori il momento di uscita dal mondo del lavoro. Il tema del riordino della previdenza, insomma, è prepotentemente ritornato d’attualità, rilanciato in questi giorni dallo stesso governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi.
Sarebbe tuttavia un errore pensare alla previdenza come a un sistema completamente immobile, fermo in attesa di cambiamenti più o meno radicali. Al contrario, le pensioni sono in continuo movimentoe si misurano con il debutto di novità particolarmente incisive.
Tra un mese esatto, per esempio, debutterà il meccanismo delle quote per l’accesso al pensionamento di anzianità, introdotto dalla legge Damiano, ma non ancora concretamente utilizzato (si veda l’articolo sotto). Passeranno pochi mesi e, dal 1° gennaio, sarà la volta dei nuovi coefficienti di trasformazione delle pensioni, vale a dire i moltiplicatori che servono per calcolare l’importo annuale dell’assegno determinato con il metodo contributivo o anche "misto" (sia contributivo che retributivo).
Risultato: chi andrà in pensione a partire dal prossimo anno dovrà accontentarsi di un assegno un po’ più basso rispetto a chi ci è andato ( o a chi ancora deve andare) nel 2009. In particolare, saranno interessati a questa novità tutti i lavoratori che alla data del 31 dicembre 1995 avevano versato meno di 18 anni di contributi. Dal 1° gennaio 2010 entrano in fun-zione i nuovi coefficienti di trasformazione, gli stessi utilizzati per il calcolo della pensione con il sistema contributivo, ai quali sono soggetti anche coloro i quali - e non sono pochi - rientrano nel sistema misto.
Rispetto ai vecchi valori, in vigore fino al 31 dicembre di quest’anno, i coefficienti fanno registrare una riduzione che a seconda dell’età di accesso alla pensione varia da un minimo del 6,38 a un massimo dell’8,41 per cento. Va subito detto che questa riduzione non si trasferisce interamente sull’importo dei trattamenti, che quindi subiscono riduzioni di molto inferiori a questa forchetta.
 anche utile ricordare che i coefficienti sono stati ridotti (e per il futuro la revisione scatterà ogni tre anni) per tenere conto dell’andamento delle aspettative di vita. Le durata media della vita tende ad aumentare e quindi diventa più lungo il periodo durante il quale si potrà beneficiare dalla pensione.
L’effetto immediatamente percettibile, tuttavia, sarà la riduzione dell’assegno. E basta osservare le simulazioni riportate qui sopra per avere un’idea di quanto l’utilizzo dei nuovi coefficienti inciderà sull’importo dell’assegno. A confronto ci sono le pensioni liquidate con decorrenza dicembre 2009 e quelle di gennaio 2010, tenute ferme naturalmente - tutte le altre condizioni.
Si tratta di lavoratori che sono nelle condizioni per ottenere la pensione di vecchiaia, in quanto hanno compiuto l’età minima di 65 anni (uomini) o 60 (donne), con un’anzianità contributiva pari a 30, 25 o 20 anni.
In tutti gli esempi, la pensione viene quindi calcolata con il sistema "misto" (in pratica, i coefficienti impattano su una delle due componenti della pensione). In questa prima fase di attuazione, i nuovi coefficienti saranno applicati ai soli trattamenti di vecchiaia, considerato che quelli di anzianità, accessibili con almeno 35 anni di contributi, resteranno agganciati ancora per qualche anno al solo regime retributivo.
Come si vede, rispetto alla situazione attuale, la perdita in termini di pensione annua è abbastanza modesta dall’1%in meno fino a un massimo del 3,7% - anche se la penalizzazione sale per chi può contare su un minor numero di contributi, poiché in questi casi la quota contributiva diventa preponderante rispetto a quella retributiva.