Cristiano Gatti, Il Giornale 02/06/2009, 2 giugno 2009
Scommette sulla sua morte. E vince - Rivendica con orgoglio la sua impresa: «Penso di essere la prima persona al mondo che scommette sulla propria vita»
Scommette sulla sua morte. E vince - Rivendica con orgoglio la sua impresa: «Penso di essere la prima persona al mondo che scommette sulla propria vita». Non è esatto: tutti i giorni, ovunque, almeno i giovani scommettono sulla propria vita, in un certo modo. Ma comunque ci si capisce: Jon Matthews, a 59 anni, può legittimamente considerarsi un caso unico. Più che scommettere sulla propria vita, scommette con coraggio e allegria contro la propria morte. Il che, per questo solo motivo, rende la sua storia ancora più bella. Forse molti di noi faticano a comprendere come possa un uomo malato di cancro andare dai bookmakers, per puntare qualche soldo sul proprio destino. Lo capisce bene chi conosce gli inglesi. La scommessa è una pulsione ancestrale, per chi nasca al di là della Manica. «Questa, però, in trent’anni di carriera non mi era mai successa», rivela Graham Sharpe, portavoce della grande agenzia di scommesse William Hill, commentando la vicenda al Telegraph. Come dimenticare quel giorno dell’aprile 2006. Un uomo di Milton Keynes, nel Buckinghamshire, si rivolge agli sportelli dell’agenzia con una richiesta strampalata e sconvolgente: «Voglio puntare cento sterline: scommetto che l’1 giugno 2008 io sarò ancora vivo. Quanto me la quotate?». Quell’uomo è Jon Matthews, un vedovo che però non ha perso il suo ottimismo e una cocciuta voglia di vivere. Proprio ai primi giorni di aprile, i medici gli hanno diagnosticato un cancro del tipo mesotelioma, diretta conseguenza dell’attività svolta a diretto contatto con l’amianto. Ricorda adesso Jon: «Non usarono molti giri di parole: mi dissero che era una condanna a morte. Le statistiche non lasciavano spazio alla speranza: nella migliore delle ipotesi, 25 mesi di vita. Pochi casi, però, così benevoli. Più probabile che io non vedessi nemmeno il 2007...». Ci sono notizie che tolgono qualsiasi stimolo ad intraprendere qualsiasi avventura. Quel giorno, invece, Jon fa subito due calcoli: siamo nell’aprile 2006, se la migliore ipotesi mi dà 25 mesi, significa che la mia massima scadenza è maggio 2008. Va bene, me la voglio giocare. Io voglio essere ancora qui l’1 giugno 2008. Jon va all’agenzia e propone la sua stramba scommessa sulla vita, una sfida aperta e sfrontata alla sua morte. «Di fronte a quella richiesta - rammenta ancora il bookmaker Sharpe - non abbiamo molto tergiversato. Accettare la scommessa significava dare al signor Jon un ulteriore stimolo per combattere la sua battaglia». L’agenzia accetta: la quotazione è 50 a 1, che significa pagare cinquanta volte la puntata. Il condannato a morte punta 100 sterline (115 euro): se l’1 giugno 2008 sarà ancora vivo tornerà ad incassarne 5.000. Se adesso siamo qui a raccontarla, è chiaro che la scommessa riesce. Jon sfonda trionfalmente il tetto massimo dei 25 mesi, sposta il record delle macabre statistiche sul mesotelioma e il 1° giugno 2008 torna pimpante a riscuotere la vincita. Inutile aggiungere che all’agenzia sono ben lieti di pagare il dovuto. In quegli stessi istanti, apprendono che Jon ci sta pure prendendo gusto: l’uomo preleva subito 100 sterline dalla somma e li ripunta alle stesse condizioni. Vuole altre 5.000 sterline, ma soprattutto sogna un altro anno di vita. Appuntamento all’1 giugno 2009. Ieri. Inutile dire che l’incontro avviene. Contro qualsiasi pronostico medico, Jon si presenta puntuale alla seconda riscossione. E fanno 10mila. «Mai stati così contenti di pagare 10mila sterline», rivela sinceramente compiaciuto il dirigente della William Hill. Quanto a Jon, si rivela profondo filosofo e simpatico filantropo: «So che presto morirò, non ho bisogno di soldi. Meglio lasciarli a cause più importanti e più serie della mia...». La donazione è già destinata ad un’associazione per la ricerca contro il cancro. La storia però non finisce qui. Per quanto consapevole della precarietà umana, soprattutto della sua, mister Jon sta ormai affinando un meraviglioso gusto per la sfida estrema. Dopo l’incasso, è già partita la nuova puntata: altre cento sterline sulla propria, indomabile, stravagante resistenza umana. Scommette che l’1 giugno 2010, cascasse il mondo, si ripresenterà allo sportello per monetizzare il suo miracolo annuale. Siccome la questione si complica maledettamente, chiede soltanto che venga raddoppiata la quotazione della scommessa: 100 a 1. Fra dodici mesi, preleverà 10mila sterline tutte assieme. Nessuno, in agenzia, ha il minimo dubbio che gli andrà di nuovo saldata la vincita. «Lo aspettiamo - dice il portavoce -, si presenterà puntualmente». Ovviamente non ci si può nascondere che prima o poi, sperabilmente più poi che prima, l’eccentrico Jon perderà la scommessa. Prima o poi la perdiamo tutti. Ma non è il caso di lasciarsi prendere dallo sconforto generale: conoscendo gli inglesi, quel giorno qualcuno riuscirà comunque a sorridere sulla sua sconfitta. E con passo svelto, l’1 giugno 2010, andrà in agenzia per incassare una vincita.