Marco Zatterin, La stampa 1/6/2009, 1 giugno 2009
LA NUOVA EUROPA VOLA TIRANDO UOVA
Pensano all’Europa e hanno paura di essere considerati i figli di un dio minore, così nell’ex Oltrecortina la volata verso il voto che rinnova il Parlamento a dodici stelle è fatta più di astensionismo e nazionalismo che di fiducia e certezze. A pochi anni dall’entrata nel club di Bruxelles, nel Baltico come in Slovenia, gli elettori dell’Est fanno i conti con la crisi e con un’Ue dalla quale tutti si aspettavano miracoli, fa niente se impossibili. Se va bene, alle urne si presenterà meno della metà degli aventi diritto.
Non è servito che l’Unione abbia pompato miliardi nelle infrastrutture e nell’agricoltura dei nuovi entrati, e nemmeno che abbia salvato l’Ungheria dalla bancarotta. Il problema è politico, di qui e di là dal vecchio muro comunista. Lo si vede a Londra dove il premier Brown dice «dobbiamo fare di più per l’Est» e lo sfidante Cameron «siamo stufi di vedere una marea di immigrati arrivare da noi». Detto che i labour sono in caduta libera, non c’è da sperare che l’integrazione comunitaria possa divenire più facile.
Tuorli sui socialdemocratici
REPUBBLICA CECA. La presidenza Ue di turno che non c’è cerca di tenere alta la bandiera, mentre il presidente Claus vomita ingiurie sull’europeismo. Su Facebook è partito il gruppo «Tiriamo sempre uova a Paroubek», ostile al leader del centrosinistra che ha architettato la caduta del premier di centrodestra Topolanek d’intesa col Castello: ha 40 mila iscritti; martedì lo hanno colpito 6 volte; mercoledì 10. Sopratutto i giovani non gli perdonano la figuraccia del semestre alla guida dei 27. Difficile dire dove andrà il voto. I sondaggi dicono socialdemocratici, nonostante le chiare e i tuorli che volano.
Euroscettici ed energia
SLOVACCHIA. Nel 2004 ha avuto il più basso tasso di partecipazione all’eurovoto (17%). Ora il governo fa sapere che superare il 30% sarebbe una festa e chiede aiuto all’Europa per l’energia, proprio mentre programma di riaprire vecchie centrali nucleari chiuse per motivi di sicurezza. I socialdemocratici che guidano il paese dovrebbero avere un buon risultato (5 eletti su 13, +2) grazie ad un benessere relativo (il pil è in rosso di 2 punti) che li fa preferire a popolari (Hzds) e democristiani (Kdh), i cui voti dovrebbero slittare verso i nazionalisti, accreditati di due seggi nuovi di zecca.
La bacchetta magica
BULGARIA. Gli ultimi arrivati sembrano i più delusi. Se ne fanno un vanto i partiti xenofobi, l’antiturco e antisemita Attack. Il balzo più grande dovrebbero compierlo gli oppositori del Gerb (Cittadini per lo sviluppo europeo), più gettonati nei sondaggi dei socialisti al governo. Molti gli indecisi. Risultato aperto. Preoccupa che alcuni uomini di affari chiacchierati abbiano ottenuto l’immunità dopo essersi candidati. Dice la scrittrice Teodora Dimova: «L’ingresso nell’Ue era sostenuto dalla grande maggioranza dei bulgari. Ci attendevamo che una bacchetta magica risolvesse i problemi. Non è successo. Abbiamo capito che la soluzione dobbiamo trovarla noi».
La stagista di lusso
ROMANIA. Qui la parte del «cattivo» tocca alla ultranazionalista Grande Romania. Fortuna per i diritti dell’uomo che la coalizione liberal democratici - socialdemocratici che governa da dicembre è in luna di miele con l’elettorato. Il nome sulla bocca di tutti è quello di Elena Basescu, 28 anni, figlia del presidente Traian Basescu, già stagista a Bruxelles e candidata indipendente. E’ nota come la Paris Hilton romena. Difficile che possa farcela nonostante le conoscenze maturate in un passato di «party girl».
Rivalità di confine
SLOVENIA. Impegnati a tenere i croati lontano da Bruxelles per una disputa territoriale che non sembra potersi comporre, i nostri vicini di casa sembrano orientati a confermare il successo dei socialdemocratici del 2008. Solletica interesse il centrodestra. Si muovono i nazionalisti, pro Serbia e contro gli immigrati, ma sino a un certo punto. «Qui - spiega lo scrittore Drago Jancar - l’ideologia politica è più importante dell’ideologia di mercato. I temi del nostro passato comunista e lo scontro per il controllo dell’economia e dei media oscurano tutti gli altri. E l’influenza europea non è ancora abbastanza forte perché la politica ne tenga conto».
Volano i nazionalisti
UNGHERIA. Il clima è dato dalle previsioni secondo cui il partito nazionalista e radicale Jobbik («un’Ungheria migliore») dovrebbe vincere almeno un seggio dei 22 in palio, grazie ad una campagna in difesa dell’identità nazionale che propone la creazione di un’unità di polizia per «Criminali zingari». «Gli ungheresi sono consapevoli dell’assurdità della burocrazia di Bruxelles perché ne leggono sui giornali - assicura Tibor Dessewffy, fondatore del centro studi Demos Hungary -, e non hanno alcuna consapevolezza dei benefici. Sono generalmente indifferenti». Il risultato è che la crisi economica ha fatto crollare i consensi dei socialisti in carica (da 9 a 7 deputati) mentre i popolari sono in rimonta (da 12 a 14).
Internet e recessione
STATI BALTICI. C’è un estone nella storia della democrazia europea, è quello che giovedì ha espresso il primo voto via Internet. Il computer al posto dell’urna potrebbe tenere alta l’affluenza laddove nel 2004 si presentò al seggio solo il 24%. Il disastro economico non aiuta. In Lettonia si prevede una prevalenza della sinistra, che non perde consensi nonostante la congiuntura disastrosa: l’andamento del pil è il peggiore dell’Ue (-12% nel 2009). In Lituania tiene la maggioranza di centrodestra e precipita la socialdemocrazia: il governo è stato il primo ad accreditare i blogger come osservatori ufficiali e assicura che la ripresa nella terra dell’ottovolante - crescita +8,9 nel 2007, pil negativo di 11 punti nel 2009 - «non è lontana». In Estonia la situazione è analoga, la sinistra al governo è prevista in calo e i centristi di nuovo in risalita.
La presidenza mancata
POLONIA. A vent’anni dalla vittoria di Solidarnsc tutto continua a cambiare lentamente eppure la democrazia si muove senza eccessive sbandate. Lo dimostrano i proclami euroscettici del presidente Lech Kaczynski che non infiammano l’elettorato. La Piattaforma Civica del premier Tusk sfiora nei sondaggi il 50%, il conservatore Legge e Giustizia del gemello rimasto solitario è staccato. Le stime dicono 25 a 16, contro il 15 a 7 del 2004, e spiegano l’ottimismo di Adam Jasser, analista di DemosEuropa. «Un’ampia maggioranza dei polacchi vuole che il paese sia fortemente integrato nel club a dodici stelle - assicura -. E’ stata una combinazione di circostanze del tutto casuale se abbiamo avuto un governo antiBruxelles». Per questo, insiste, i polacchi esprimeranno un voto «europeo». Nonostante le difficoltà economiche, i cantieri di Danzica venduti ad una finanziaria che risiede nei Caraibi, e la presidenza dell’Europarlamento che pareva sicura e invece sembra destinata a essere italiana.