Felice Cavallaro, Corriere della sera 1/6/2009, 1 giugno 2009
ARAGOSTE E VIAGGI A DUBAI L’ALLEGRO BILANCIO DELLA «MUNNIZZA»
PALERMO – Non riescono a rimuovere montagne di spazzatura che sovrastano i cassonetti ad ogni angolo di una Palermo maleodorante, ma dicevano di voler fare la raccolta differenziata negli Emirati arabi, sventolando agli allocchi un bando di gara mai concretizzatosi in niente. Anche se per questa ennesima impostura l’ex presidente dell’Amia Vincenzo Galioto, oggi senatore Pdl, avrebbe speso tre milioni di euro per 22 missioni effettuate dal Bahrain, il regno nell’arcipelago del Golfo Persico, a Dubai e Abu Dhabi dove le suite di Hilton e Sheraton, di Millennium e Grand Hyatt erano quasi diventate sedi di rappresentanza per questa spensierata task force siciliana che è solo riuscita ad affondare i conti della stessa azienda, oggi a profondità abissali, meno 150 milioni di euro.
Il disastro forse non può essere giustificato solo con aragoste e gamberoni, con pranzi da 800 euro a botta, con 113 euro per schede telefoniche, con i giri sul City Tour e con le altre spese pazze documentate dai tabulati delle carte di credito aziendali utilizzate per capricci da vacanzieri incalliti. Ma questo parlamentare che ha trovato una via di fuga con le elezioni e un salvacondotto da Diego Cammarata, il sindaco deciso a non presentare querela nonostante l’evidenza delle accuse, adesso deve rispondere in Procura di falso in bilancio, insieme con il direttore generale dell’azienda Orazio Colimberti e con i quattro componenti dell’ex consiglio di amministrazione perché il sospetto resta quello delle mani nella marmellata.
Ma non è tanto l’allegra gestione di una compagine poi sostituita ad allarmare il mondo produttivo di una città ferita dai roghi che evocano la peggiore Napoli dell’anno scorso. Perché il groviglio dell’Amia, a parte quelle stanze d’albergo da 700 euro a notte, sta in assunzioni clientelari effettuate per stabilizzare 921 lavoratori cosiddetti socialmente utili con una spesa di 23 milioni di euro, seguite da altri 500 inutili reclutamenti denunciati dal capogruppo Pd in consiglio comunale e deputato regionale Davide Faraone: «Quattrocento col medievale sistema della successione padre-figlio e cento con la peggiore forma di clientela, tutto sotto elezioni».
Si videro già l’anno scorso i primi effetti di questa malamministrazione, sfociata ieri sera nell’immagine dei cumuli di «munnizza» accatastati fra i palchi e le bancarelle tirate su da negozianti, bar e pizzerie di viale Strasburgo per una rovinata «notte bianca». Ma a fine anno, grazie alla mediazione del presidente del Senato Renato Schifani, una boccata d’ossigeno arrivò per decreto. Ottanta milioni di euro. Dovevano servire a ripartire, ma come dice Maurizio Pellegrino, consigliere comunale e un passato nella Cgil, «ne hanno già ingoiato 30 per spese correnti».
Si spiega anche così l’amarezza di Confindustria Palermo con il presidente Nino Salerno che lancia un allarme sui conti di tutte le municipalizzate: «Roba da libri in tribunale. Si continua ad amministrare senza tenere conto dei bilanci. Un’azienda privata sarebbe già fallita». Parole pesanti pronunciate da uno degli imprenditori di prima linea sul fronte della legalità, in sintonia con Ivan Lo Bello, nei giorni scorsi a confronto con altre organizzazioni di categorie produttive. «E tutti ripetiamo ormai che non c’è alternativa ad un inserimento di gruppi privati in questi carrozzoni che rischiano di portare il Comune alla bancarotta», insiste Salerno introducendo un tema lanciato come ipotesi a centrosinistra e rappresentanti sindacali.
A cogliere il peso della proposta dall’altra parte è proprio Pellegrino: «Da vecchio sindacalista dico che ai lavoratori interessa fare rispettare i contratti, non sapere chi è il padrone. A Milano o Genova il pubblico funziona, con destra o sinistra. Ma sappiamo che il lassismo qui determina la paura dei privati. Importante sarebbe la certezza sulle garanzie offerte...». E si apre il confronto. Per fare vera pulizia.