Danilo Taino, Corriere economia 1/6/2009, 1 giugno 2009
SCHROEDER AL VOLANTE CON PUTIN
L’ex cancelliere tedesco a capo di una lobby che va dalle banche al leader russo
George W. Bush ricorda bene il senso dell’ opportunismo (non necessariamente negativo) di Gerhard Schröder. Quando era cancelliere, usò in modo spregiudicato l’opposizione alla guerra in Iraq per cercare consensi in un’ opinione pubblica nella quale stavano montando sentimenti anti-americani.
Politico intuitivo e velocissimo ieri, mediatore d’affari brillantissimo oggi.
Nella vicenda Opel - secondo le ricostruzioni che ne sono state fatte in Germania - pare abbia giocato un ruolo fondamentale. Semplicemente, ha visto un’opportunità per la sua rete di relazioni che ha un perno centrale nel primo ministro russo Vladimir Putin. Quando si è aperta la necessità di cercare di salvare la casa automobilistica dalla catastrofe General Motors, ha intuito che c’era uno spazio per provare a realizzare un obiettivo caro all’uomo forte di Mosca: entrare in un gruppo occidentale ad alta tecnologia e aprire nuove prospettive a un settore, l’auto, che in Russia non brilla per qualità ed efficienza. Operazione non facile: non è che si può andare dal governo di Angela Merkel, che sin dall’inizio si è rifiutato di nazionalizzare la Opel, e dire che l’avrebbe nazionalizzata un’entità con sede a Mosca o un oligarca qualsiasi amico di Putin.
Serviva qualcosa di più sofisticato. Prima di tutto un alleato che avesse un minimo di credibilità e una faccia accettabile all’opinione pubblica tedesca, cioè ai politici nazionali e locali, ai sindacati, alle banche. Qui è scattato l’incontro con Magna: non si sa se il primo passo lo abbia mosso Schröder verso il gruppo di componenti automobilistiche austro-canadese o se sia stato Frank Stronach, l’altrettanto brillante e veloce fondatore di Magna, a lanciare l’iniziativa. Fatto sta che Schröder ha relazioni anche lì: come minimo con l’ex cancelliere austriaco Franz Vranitzky che siede nel consiglio di sorveglianza di Magna e che è un socialdemocratico come l’ex cancelliere tedesco. Il risultato è stato che, all’improvviso, il mondo ha saputo di una proposta Magna per Opel.
Piano piano, poi, ha saputo qualcosa in più, fino ad avere chiaro, se non il piano industriale, almeno la composizione della cordata che si era formata. Magna, il volto pubblico nell’operazione, avrebbe preso il 20% di Opel. Poi, a Sberbank, prima banca russa, pubblica, sarebbe andato il 35% della casa automobilistica. Un altro 35% sarebbe rimasto alla Gm. E un dieci per cento sarebbe stato preso dai dipendenti Opel, i cui sindacati nel frattempo avevano abbracciato questa soluzione con entusiasmo, «aiutati» in questa scelta da tutti i politici socialdemocratici tedeschi, in testa Frank-Walter Steinmeier, oggi ministro degli Esteri e in passato capo gabinetto di Schröder alla cancelleria. In più, la cordata avrebbe potuto contare su un partner industriale, il produttore di auto russo Gaz, gruppo in difficoltà finanziarie ma controllato da Oleg Deripaska, oligarca vicino a Putin: la promessa era di aprire i mercati russo e cinese alla Opel e farle vendere, nel medio termine, un milione di veicoli in più.
Questa cordata avrebbe avuto accesso ai 5-6 miliardi di euro di finanziamento che Berlino si era detta disposta a dare a chi avesse preso la Opel. Corollario: Magna avrebbe preso un rischio finanziario quasi nullo, gran parte del denaro per gli investimenti sarebbe arrivato dalla Sberbank. Solo che la Sberbank al momento ha problemi ancora maggiori delle banche occidentali: quindi, avrebbe avuto bisogno di un prestito. Trovato: pronti quattro miliardi da Commerzbank, banca tedesca nella quale il governo di Berlino ha appena preso una quota di «salvataggio » del 25%. Difficile sapere se in questo passaggio finanziario sia intervenuto Schröder: nel caso, sarebbe stato un altro colpo da maestro (si suppone poco gradito ai contribuenti tedeschi).
Dopo avere lasciato la politica - ma in Germania è ancora piuttosto interventista - Schröder è insomma diventato, più che un lobbista, un ideatore e mediatore d’affari a cavallo tra Mosca e l’Occidente, soprattutto la Germania ma non solo. E’ presidente del comitato degli azionisti di Nord Stream, il consorzio controllato dalla russa Gazprom che costruirà il controverso gasdotto tra la Russia e la Germania. In gennaio, è diventato membro indipendente e ago della bilancia del consiglio di amministrazione della Bp-Tnk, la poderosa e litigiosissima joint-venture petrolifera tra il gruppo britannico e una serie di investitori russi: era l’unico accettato sia a Londra sia a Mosca. Geniale.