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 2009  giugno 01 Lunedì calendario

TRENI, SULLE GRANDI RETI EUROPEE IL NORDEST ASPETTA IL CORRIDOIO


Doveva essere una T che attraversava l’Italia. La gamba lunga costituita dall’asse NordSud, MilanoBolognaNapoliSalerno e, in parte, dal terzo valico, Milano Genova. Quella corta dall’asse EstOvest: TorinoVenezia fino ad arrivare a Lubiana, il cosiddetto Corridoio 5 che doveva attraversare l’Europa in orizzontale. E’ diventata, fino ad adesso, una sorta di L rovesciata verso Ovest, con una gamba mozza, quella tra Brescia Verona e tra Verona e Padova, e con un’ala finale spezzata, quella tra Mestre e Trieste. Più che un corridoio dove fare scorrere la nuova Europa è diventato un tunnel buio che non si sa quando si realizzerà. La questione dell’Alta Velocità ferroviaria e del suo finanziamento è così diventata polemica rovente dalle molte facce: quella politica, dato che le Regioni del Nordest, si sentono dimenticate e messe in second’ordine rispetto a quelle di Nordovest dove invece piovono i finanziamenti per il Terzo Valico; quella industriale che si vede privare di un Corridoio che doveva essere l’asse infrastrutturale importante per le aziende; quella degli equilibri economico trasportistici italoeuropei, visto che i porti dell’Adriatico, che su quell’asse avevano puntato le loro carte, potrebbero perdere un puntello logistico determinante. E che rischino di perderla è un’eventualità tutt’altro che remota: perché nel 2010, data entro la quale devono iniziare i lavori per quella tratta, l’Europa si pronuncerà sullo stato di attuazione di questi corridoi e sul loro destino. Stante la sostanziale inadempienza italiana si rischia di mettere a repentaglio una politica e dei finanziamenti europei conquistati a fatica: "Abbiamo ottenuto una grande priorità europea, e rischiamo di perderla", dice Paolo Costa, presidente della commissione Trasporti del Parlamento europeo, nonché presidente del Porto di Venezia.
A dare fuoco alle polveri di una vicenda intricata, che ribolle da mesi, il presidente degli industriali veneti, Andrea Tomat, che ha sparato alzo zero sul governo e le decisioni prese con l’ultima delibera del Cipe che ha finanziato il valico Milano Genova, il Ponte sullo Stretto, e promette di dare soldi anche alla tratta ferroviaria NapoliBari, ma ha ignorato il passaggio OvestEst, lasciando senza soldi le tratte BresciaPadova e MestreTrieste. "Non viene colto un problema di interesse strategico per il Veneto e corriamo il rischio di perdere 3 milioni di euro di finanziamenti europei già deliberati per la progettazione. L’Expo è alle porte, si finanzia il Nordovest e il Nordest che farà? Si muoverà con i vecchi Intercity?". Rincara la dose Costa, che di pratiche e procedure europee se ne intende: " Nei bandi europei scaduti a maggio, né Ferrovie, né Regione Veneto, hanno presentato qualsivoglia proposta per la parte BresciaPadova e MestrePortogruaro. Invece ci sono richieste per la Bologna FirenzeRoma, e per l’ammodernamento di una ferrovia secondaria, VicenzaCastelfrancoTrevisoPortogruaro. Se a questo si aggiungono le decisioni del Cipe sembra che il governo abbia cambiato strategia e non ritenga più urgente completare il braccio fino a Trieste dell’Alta Velocità. E che le Ferrovie si stiano predisponendo per sfruttare, per le merci, tratte alternative come la TrevisoPortogruaro."
Insomma un cambiamento di linea che andrebbe per lo meno discusso, se non altro nelle sue conseguenze, perché non solo perché il Nordest direbbe addio al suo posto in Europa, ma anche il collegamento con l’asse del corridoio VeronaBrennero, che invece si sta costruendo, risulterebbe mozzato. E le penalizzazioni si estenderebbero ai porti dell’alto Adriatico che, dice Costa, finirebbero per passare in secondo piano: "Ravenna, Venezia, Trieste e Capodistria insieme intermediano lo stesso numero di tonnellate di Savona Genova, la Spezia e Livorno. Perché dovrebbero essere penalizzati?".
In realtà la questione è assai più complessa di qualche finanziamento che i ministri veneti hanno subito assicurato sul futuro, parando, in campagna elettorale, il colpo di critiche così pesanti. Sotto, infatti, c’è un groviglio di interessi e di scelte che, fino ad adesso, hanno reso di fatto "figlio di nessuno" quel Corridoio che doveva essere di interesse nazionale ed europeo. Prima di tutto ci sono le liti interne alle Regioni. Mentre il Friuli di Riccardo Illy aveva fatto un qualche passo in avanti nella progettazione delle tratte di sua competenza, il Veneto si è prima accartocciato intorno al nodo dell’attraversamento di Vicenza, sul quale si sono susseguiti progetti, anche allucinanti e costosissimi, come decine di chilometri in tunnel. Poi ci si è alambiccati intorno al nodo della MestrePortogruaro, cioè della tratta veneta che dovrebbe portare fino al Friuli. Il percorso più logico sarebbe stato quello di affiancare la Ferrovia alla costruenda terza corsia autostradale dell’A4, nel tratto gestito da Autovie Venete, dichiarata emergenza nazionale (tanto che il presidente della Regione Friuli, Renzo Tondo, ne è il commissario) visto che il traffico, sbottigliato dal Passante, si infila nell’autostrada attuale come una salsiccia. Ma per mettere i binari accanto all’autostrada si sarebbe dovuto provvedere al finanziamento dei numerosi sovrappassi con un costo aggiuntivo stimato in 200 milioni? Chi avrebbe pagato? Autovie che non li ha? L’urgenza di fare la terza corsia ha fatto premio su tutto. Da lì si è cominciato a discutere di alternative e si è finiti nel nulla dei battibecchi, delle discussioni su progetti annunciati e inesistenti, di ricerca di nuovi tracciati che passino altrove, ad esempio accanto alla costa adriatica, con una soluzione giudicata folle un po’ da tutti. Si è finiti in quei classici cul de sac da dove non si sa più come uscire. La Regione Veneto, impegnata e soprattutto interessata a portare avanti progetti autostradali che governa in via diretta, per la ferrovia non si è certo svenata in energie come è stato per il Passante. "I soldi non ci sono, che progettiamo a fare?" è il leit motiv corrente che giustifica l’inerzia. Le Ferrovie del resto non sono da meno, il tema è lo stesso: "Dateci i soldi e lo facciamo". Ma anche in questo caso non ci sono tante ragioni per spingere ad una soluzione rapida. La tratta costa cara, sulla MestreTrieste, le Ferrovie non hanno la concorrenza di alcun Montezemolo che metta loro fretta a decidere, a che pro svenarsi? Così la parte orientale della "T" è rimasta figlio di nessuno, e rischia di lasciare fuori dai grandi traffici i porti dell’Adriatico e l’area industriale più vitale d’Italia.