Lavinia Farnese, Novella 2000, n. 23, 04/06/2009, pp. 26-27, 4 giugno 2009
I neofascisti di Casa Pound. E DOPO IL SALUTO ROMANO GIOCANO A CINGHIAMATTANZA. Era l’ottobre 2008 quando molti italiani sentirono parlare per la prima volta dei neofascisti di Casa Pound, che si erano resi protagonisti degli scontri di Piazza Navona a Roma contro la riforma della scuola del ministro Gelmini
I neofascisti di Casa Pound. E DOPO IL SALUTO ROMANO GIOCANO A CINGHIAMATTANZA. Era l’ottobre 2008 quando molti italiani sentirono parlare per la prima volta dei neofascisti di Casa Pound, che si erano resi protagonisti degli scontri di Piazza Navona a Roma contro la riforma della scuola del ministro Gelmini. Oggi per la prima volta un libro li racconta, descrivendo e fotografando anche la loro vita quotidiana. Roma, quartiere Esquilino, civico otto di via Napoleone III: Casa Pound è l’epicentro silenzioso dei nuovi fascisti italiani. Sei piani d’epoca che s’affacciano sul centro. Erano un distaccamento del ministero dell’Istruzione. Cinque anni fa l’occupazione. Qui scorre la vita di diciotto famiglie ”fascisti con mogli e pargoli – tutte italiane, fra turni di guardia e direttivi. Militanza e volantinaggio, sballi a braccio teso e torso nudo (e tatuato) nel fumo di raduni sotterranei, in bunker gelidi e bui, sui binari di tunnel e stazioni ferroviarie dimesse, e adunate serali di brace e stelle, pellegrinaggi e rose sulla tomba di Mussolini. Ragazzine che cuciono stoffe per striscioni. Berretti su teste rasate e sorrisi storti da cicatrici. Sono amici di un tempo del ministro della Gioventù Giorgia Meloni, quando anche lei i pomeriggi di Garbatella li passava in sezione al Fronte della Gioventù. Nostalgici del ventennio che portano il passamontagna, solo se serve. S’ispirano a Marinetti, Battisti, Platone e Nietzsche. A Corto Maltese e a Pirandello, nomi scritti a caratteri futuristi sui muri dell’androne. Fanno albe di birra al Cutty Sark, «il pub più odiato d’Italia». Vivono d’adrenalina, saltando sotto il palco degli Zero Zero Alfa, la loro band fascista: l’anima è Gianluca Iannone, il capo clan. Marco Mathieu, assieme al fotografo Alessandro Cosmelli, ha accolto l’invito di Pier Paolo Pasolini, e prima di demonizzare, con loro è andato a parlare, con loro ha trascorso un intero inverno. Prove di dialogo, per un ritratto dall’interno, antropologico, più che politico, che è diventato un reportage fotogiornalistico, Oltre Nero, in libreria per Contrasto. In cosa stanno, oltre il nero, i fascisti del terzo millennio? «Entri a Casa Pound e ti ritrovi in una militanza fuori dal tempo, da cinegiornale Luce: li impegna 24 ore su 24 in ritmi paramilitari. Claustrofobica, a tratti. Hanno una disciplina interna e una gerarchia rigide. Sono organizzati in turni: di guardia, di pulizia. E in settori: chi è responsabile delle trasmissioni radio e pubblicazioni, chi dei manifesti e volantinaggio, chi dei trasporti. Pagano 70 euro a inquilino, per gestione spese. Si mantengono col commercio legionario: camerata compra da camerata. A 30 anni appartengono già alla vecchia guardia». Da chi e che cosa derivano? «Msi, Fronte della Gioventù, la Fiamma, la Curva Sud. Ma non hanno simbologia di deriva nazifascista. Non scimmiottano in bomber con spille celtiche o svastiche. Il loro coagulante è l’intensità di gruppo, la comunità. Fiducia e responsabilità ai giovani nelle scuole, col Blocco Studentesco. S’ispirano al fascismo puro, sociale: fanno attivismo spinto per il diritto alla casa, all’acqua, e non solo politica contro l’immigrazione, di tradizione per la destra. Donne non invisibili, anzi in prima fila, tutte Evita Peron». Cos’è la cinghiamattanza? «E’ un loro rito, un gioco, una simbologia. La cintura è diventata da ormai 10 anni arma da stadio. Gli Ultras si picchiano con la fibbia. Loro, invece, fanno roteare le cinte nell’aria, frustano i loro corpi tenendo la fibbia nel palmo. E’, anche questo, come la lotta dei duellanti – simulazione d’aggressione e difesa – e il saluto del legionario (la stretta reciproca dell’avambraccio destro) una preparazione al confronto fisico, al corpo a corpo e alla violenza: rifuggiti, non cercati, ma invocati a difesa. Ci hanno fatto anche una canzone». Chi sono, qui, gli antifascisti? «Leader e gregari non identificano nei comunisti il loro nemico. Almeno non il più pericoloso. Ma nella deriva del Grande Fratello, tronisti e affini. In quelli che ”aspettano il successo dentro le loro mutande griffate”. Beautiful, per loro, is difficult, come racconta Ezra Pound, il poeta americano modernista cui hanno intitolato l’idea. E’ un’altra faccia di Roma, questa. Fatta di scritte sui muri e pulsioni, di una sottocultura da 2.000 tesserati. L’attacco per la luce e l’acqua glielo diede Walter Veltroni». E di Alemanno che si dice? «Molti sono delusi. Raccontano di ricordare i suoi discorsi, i suoi occhi, nelle riunioni di sezione ai tempi del Fronte. Adesso invece se ne va in visita ad Auschwitz. Oggi che è sindaco di Roma, c’è una trattativa per cui la provincia vuole prendere in carico lo stabile, e gli occupanti chiedono che l’affitto sia simbolico. Si vedrà. Per molti di loro, Casa Pound è tutto: idea rivoluzionaria, nido, amore. Chiesa di tutte le eresie. Mura in cui far rivivere il loro fascismo. Con lo sguardo avanti e il cuore che batte indietro».