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 2009  giugno 04 Giovedì calendario

PAOLO BIONDANI PER L’ESPRESSO 4 GIUGNO 2009

Casa di cura e affari Un’ispezione di Tremonti contesta i lavori del nuovo ospedale Niguarda. E mette sotto accusa l’intesa tra i vertici lombardi vicini a Cl e le coop rosse: un business da oltre un miliardo di euro

Giulio Tremonti ha in mano la miccia di uno scandalo da oltre un miliardo di euro che rischia di esplodere sotto la poltrona del governatore lombardo Roberto Formigoni. Dopo dieci mesi di controlli, i servizi ispettivi del ministero dell’Economia hanno notificato un dossier di 416 pagine che fa a pezzi la macchina di potere creata attorno al leader politico di Comunione e liberazione. L’atto d’accusa, datato 19 novembre 2008, ma trasmesso a Milano solo due settimane fa, è pesantissimo e culmina nella richiesta-choc di annullare d’autorità tutti i contratti del maxi-progetto per il nuovo Niguarda, uno dei più importanti ospedali del Nord. Si tratta del più imponente piano di edilizia sanitaria già in cantiere oggi in Italia: 266 milioni di euro preventivati solo per la costruzione, a cui se ne sommano almeno 820 di altre spese pubbliche per i «servizi di supporto».
L’ispezione ministeriale contesta ai manager lombardi, tutti ciellini di ferro, di avere sistematicamente favorito una cordata di cooperative rosse. Il dossier elenca ben 47 vizi di illegittimità, dalla progettazione all’esecuzione, dal collaudo agli appalti esterni. Una strana storia di presunti favoritismi trasversali tra cattolici lombardi e costruttori emiliani, che ha tutti gli ingredienti per accendere nuove polemiche, dopo le liti sull’Expo, tra l’ala ciellina di Forza Italia e gli alleati sempre più forti della Lega, che nel 2010 puntano a detronizzare Formigoni dopo 15 anni di dominio ininterrotto.
La ’verifica’, firmata dal dirigente ministeriale Giuseppe Lombardo, accusa i vertici del Pirellone di aver garantito ai costruttori privati «un potere contrattuale enorme, monopolistico e ricattatorio» causando «danni gravissimi» alle casse pubbliche. Cuore del problema è una versione «anomala e disastrosa» del ’project financing’, quel sistema di finanziamento che, nei paesi civili, scarica i costi di un’opera pubblica su un’impresa privata che si ripaga gestendone i ricavi per un numero adeguato di anni. Per il Niguarda, l’accordo- base del 2001 prevedeva una spesa totale di 182 milioni, per due terzi a carico dei privati. Nel progetto del 2004 i costi preventivati sono saliti a 266 milioni. Ora il dossier ispettivo, dopo aver esaminato un’incredibile catena di atti «illegittimi» e in qualche caso «mai ritrovati» o «difformi dagli originali», conclude che gran parte dei soldi sono usciti dalle casse pubbliche: 50 milioni dalla Regione, ben 96 dallo Stato. I costruttori hanno dovuto anticiparne «meno di 120», ma anche questo si è rivelato «un investimento senza rischi», perché l’ospedale li ha già «restituiti ai privati con gli interessi», per giunta a tassi «superiori al rendimento nel 2004 dei titoli di Stato trentennali, maggiorato dell’inflazione».
Sempre secondo l’ispezione, i manager formigoniani hanno pubblicato «un bando di gara omissivo», perché «privo di informazioni» sui prezzi effettivi. All’impresa vincitrice sembrava infatti imposta anche la fornitura dei «servizi di manutenzione di edifici e impianti, riscaldamento, pulizia e igiene, informatica, rifiuti, lavanderia e ristorazione». Ma il bando «non precisa che per tutti questi servizi di supporto, l’ospedale è vincolato a corrispondere comunque un canone trentennale di complessivi 820 milioni». In questo modo, conclude il dossier, alla cordata vincente si è garantito «un utile d’impresa di circa 230 milioni» e, in aggiunta, «una rendita costante garantita e aggiornata fino al 2034». L’ispettore propone quindi di annullare tutto, «con atti di autotutela della pubblica amministrazione», per fare «una nuova gara rispettando le norme europee sulla concorrenza e trasparenza».
Ogni fase del piano, sempre secondo il ministero, è costellata di «illegittimità» e da varie «ipotesi di reato». La progettazione è stata affidata a una società mista, la Nec spa, controllata al 60 per cento dal Niguarda e per il restante 40 da progettisti privati «illegalmente assistiti dai tecnici interni dell’ospedale». L’ente pubblico è rimasto così «in balia dei soci privati di minoranza», scelti con una procedura «scorretta». In particolare «la commissione ha assegnato il punteggio massimo alla cordata Proger di Roma», alleata nella società Par con lo studio Ferrari, che guarda caso è noto come ’ciellino doc’. E questo anche se «l’economista consulente, per altro irregolarmente selezionato solo a Pavia, aveva assegnato un punteggio nettamente superiore ad altri progettisti».
Scelto così il progetto-guida, l’ospedale pubblico è stato «espopriato di tutti i suoi poteri», «illegittimamente concentrati nelle società regionali Finlombarda e Infrastrutture Lombarde», le braccia economiche del potere formigoniano. A manovrarle, da sempre, è Nicola Maria Sanese, eminenza grigia della Regione insieme al ras della sanità Giancarlo Abelli. Il dossier ispettivo ipotizza che il Niguarda abbia dovuto nominare tecnici «incompetenti» (medici al posto di ingegneri, commissari che si confessano «non esperti») proprio per lasciare le due società regionali «fuori controllo». A quel punto «cambiano le regole»: chi offre il prezzo migliore ottiene «solo 50 punti su mille», mentre la vittoria dipende «da valutazioni soggettive di aspetti ’qualitativi’ che sconfinano nell’arbitrarietà».
La gara si chiude con «l’esclusione della ditta Inso», chiesta dal colosso Techint, «che denuncia l’invalidità dell’offerta del concorrente quando questa era ancora segreta». Sottolineando «la gravità dell’accaduto», l’ispettore si chiede perché proprio questa multinazionale italo-argentina, «dopo aver presentato il progetto di gran lunga migliore», «ha fatto un’offerta suicida rinunciando anche ai minimi ribassi, come se non avesse voluto ottenere l’aggiudicazione». Alla fine l’intero contratto (costruzione più altri 27 anni di appalti) se lo aggiudica la cordata di cooperative rosse capitanate dalla Cmb. Che, inaugurato il cantiere, ottengono «tredici revisioni dei prezzi senza neppure indicare i costi aggiuntivi». E quando il povero ingegner Carlo Badi del Niguarda ne contesta i lavori, i privati riescono a «chiudere tutte le vertenze» senza denunce né processi, grazie a «un accordo bonario deciso direttamente da Infrastrutture Lombarde».
Ora tocca ai tecnici di Tremonti decidere se obbligare il Niguarda a rifare le gare o denunciare tutto alla Procura e alla Corte dei conti. La Techint intanto si consola con un altro maxi-affare: il nuovo ospedale di Legnano. E lo stesso colosso guida anche la cordata che sta costruendo il nuovo grattacielo della Regione, con l’Impregilo. E, questa volta, insieme alla coperativa rossa (o biancorossa?) Cmb.